Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 32126 del 10/12/2019

Cassazione civile sez. III, 10/12/2019, (ud. 18/09/2019, dep. 10/12/2019), n.32126

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. FIECCONI Francesca – rel. Consigliere –

Dott. GIANNITI Pasquale – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25268/2017 proposto da:

COMUNE CANOSA DI PUGLIA, in persona del Dirigente del III settore

Dott.ssa G.A.M.F., elettivamente domiciliata in

ROMA, PIAZZA DELLA LIBERTA’ 20, presso lo studio dell’avvocato MAURO

VAGLIO, rappresentata e difesa dall’avvocato SABINO PALMIERI;

– ricorrente –

contro

M.G., domiciliato ex lege in ROMA, presso la

CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato VINCENZO PRINCIGALLI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1171/2017 della CORTE D’APPELLO di BARI,

depositata il 29/08/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

18/09/2019 dal Consigliere Dott. FRANCESCA FIECCONI.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che:

1. Con ricorso notificato il 5 novembre 2017 per via telematica il Comune di Canosa di Puglia chiede la cassazione della sentenza n. 1171/2017 emessa dalla Corte d’appello di Bari il 7 luglio 2017, pubblicata il 29 agosto 2017, con cui è stato rigettato l’appello avverso la sentenza del giudice del Tribunale di Trani che aveva ritenuto inadempiente il Comune nei confronti di M.G., concessionario di due strutture sportive che, non essendo state adeguate nel rispetto della normativa intervenuta, sono state restituite dal concessionario al Comune in via anticipata, Il ricorso è affidato a 10 motivi. La parte intimata resiste con controricorso notificato nei termini. Le parti hanno prodotto memorie.

2. Per quanto qui di interesse, la Corte d’appello ha ritenuto il Comune tenuto a corrispondere il compenso pattuito con il concessionario per la gestione degli impianti sportivi, sino alla data di consensuale cessazione del rapporto e, di converso, non ha riconosciuto alcun risarcimento al Comune per il mancato realizzo di opere di manutenzione ordinaria da parte del concessionario o per l’anticipata risoluzione, stante il prevalente inadempimento del Comune alle proprie obbligazioni di adeguare le due strutture alle normative di sicurezza, non rinunciate dalla parte contraente nonostante la pregressa formale rinuncia a far valere un proprio diritto al risarcimento dei danni per tale ragione.

3. In particolare, il Comune di Canosa di Puglia, qui ricorrente, aveva convenuto innanzi al Tribunale di Trani M.G. per sentire dichiarare la risoluzione della concessione amministrativa, trasfusa in due contratti del 28 febbraio 1996 e del 12 dicembre 1996, per grave e ingiustificato inadempimento del concessionario nella gestione dello stadio “(OMISSIS)” e per la illegittima dismissione dello stadio “(OMISSIS)”, oltre che per ottenere il risarcimento dei danni riportati dalle strutture e relativi all’anticipata risoluzione del rapporto contrattuale. Il Comune, a fronte dell’obbligo del concessionario di gestire e provvedere alla manutenzione ordinaria delle due strutture, si era impegnato a versare un’indennità par a Euro 78.400.000 annuali; dopo il primo contratto era però sopravvenuta una normativa che non rendeva più agibili le due strutture e, pertanto, il concessionario era stato successivamente autorizzato ad effettuare alcune delle opere di manutenzione indicate all’art. 3 del contratto, a fronte della sua preventiva rinuncia ai danni derivanti dal parziale utilizzo dei campi sportivi a causa della loro non agibilità. Dopo un sopralluogo effettuato in data 19 novembre 2011 in cui si era constatato lo stato degli impianti, in data 25 febbraio 2012 il concessionario aveva dismesso uno dei due impianti sportivi dati in concessione e, a fronte di tale comportamento inadempiente degli accordi, il Comune aveva provveduto a sospendere il pagamento del corrispettivo convenuto, ritenendo sussistere una giusta causa. Si costituiva il convenuto concessionario per resistere, assumendo che il Comune si era reso, di converso, inadempiente rispetto a tutti i necessari interventi di manutenzione straordinaria e che in ragione di ciò sarebbe stato impossibile mantenere il rapporto contrattuale.

4. Al presente giudizio veniva riunito il giudizio, pendente tra le stesse parti, avente ad oggetto l’opposizione a decreto ingiuntivo, avviato dal Comune concedente qui resistente, per opporsi al decreto ingiuntivo con cui il tribunale di Trani, sezione distaccata di Canosa di Puglia, in data 23 dicembre 2002 aveva ingiunto al Comune il pagamento in favore del concessionario di Euro 20.245,11, oltre accessori, a titolo di contributi per le spese di gestione dei campi sportivi comunali riguardanti il primo trimestre del 2002. Nel giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo, il Comune aveva eccepito di avere sospeso il pagamento in favore del concessionario in quanto, con la riconsegna dello stadio “(OMISSIS)”, quest’ ultimo aveva di fatto unilateralmente modificato gli accordi contrattuali, rendendo impossibile quantificare gli importi dovuti per la gestione dell’altro stadio “(OMISSIS)”. Con la memoria ex art. 184 c.p.c., il Comune dava atto che anche lo stadio “(OMISSIS)” era stato riconsegnato dal concessionario in corso di causa, e deduceva che la struttura pressostatica realizzata dal concessionario non aveva le caratteristiche indicate nel progetto allegato al contratto e che non erano stati realizzati i due campi da bocce, previsti nel secondo contratto.

5. Con ordinanza del 14 maggio 2008 il giudice disponeva la sospensione del processo in attesa della definizione del giudizio di appello, pendente tra le stesse parti, avente ad oggetto la domanda di risarcimento dei danni per inadempimento del Comune proposta dal concessionario, ritenendola pregiudiziale alla presente controversia. Il provvedimento veniva impugnato dall’amministrazione comunale con regolamento di competenza innanzi alla Corte di cassazione, la quale statuiva che non vi era luogo per sospendere il processo relativo a una controversia avente valore pregiudiziale rispetto ad altra pendente tra le medesime parti. Riassunta la presente controversia, con sentenza del 19 ottobre 2011, il Tribunale della sezione distaccata di Canosa di Puglia dichiarava cessata la materia del contendere in ordine alla domanda di risoluzione del contratto e di restituzione dello stadio (OMISSIS), e nel merito rigettava la domanda del Comune di risarcimento del danno derivante dall’inadempimento di detti contratti; revocava infine il decreto ingiuntivo per l’importo in esso indicato, condannando il Comune al pagamento in favore del concessionario del minore importo di Euro 5.061,27, oltre interessi legali dalla domanda fino al saldo, a titolo di importo dovuto per la concessione fino alla data della intervenuta consegna degli impianti; dichiarava compensate le spese di lite per la metà e condannava il Comune a rifonderne la restante parte, comprese le spese per la fase monitoria e quelle di CTU.

6. Avverso la pronuncia il Comune proponeva appello con atto di citazione notificato in data 3 marzo 2012, con cui insisteva nella domanda di accertamento della risoluzione del contratto per inadempimento del concessionario, e nella richiesta di condanna del quest’ultimo al risarcimento di tutti i danni derivanti dal suo inadempimento e dalle illegittima dismissione dello stadio (OMISSIS), nella misura quantificata dal CTU, con condanna alle spese di lite; in riferimento all’opposizione a decreto ingiuntivo chiedeva l’accertamento dell’inesistenza del credito del concessionario nei sui confronti, alla luce degli inadempimenti dedotti, o comunque l’accertamento di un minore debito rispetto alla somma liquidata in sentenza, chiedendo la compensazione parziale con il maggior credito risarcitorio del Comune. L’appello, previa costituzione della parte appellata, veniva integralmente rigettato, con conferma delle statuizioni del giudice di primo grado.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che:

1. Con il primo motivo ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, il Comune ricorrente deduce violazione degli artt. 1321,1326,1350 e 1418 c.c., del R.D. 18 novembre 1923, n. 2440, artt. 16 e 17, e del D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163, art. 3, comma, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, sull’assunto che, in relazione alla fattispecie de qua, non potesse dedursi una risoluzione “per mutuo dissenso” del contratto di concessione, mancando la forma prevista ad substantiam per i contratti con la pubblica amministrazione.

1.1. Il motivo è inammissibile, in quanto la motivazione in esame mette in risalto l’intervenuta carenza d’interesse della parte riguardo a una pronuncia di risoluzione del rapporto, nei fatti intervenuta con la consegna spontanea dei beni oggetto di concessione. E infatti, nella sentenza si prende atto dell’intervenuta restituzione in corso di causa dell’impianto sportivo “(OMISSIS)” (p. 7, par. 3), fatto ritenuto sufficiente per giustificare la declaratoria di parziale cessazione della materia del contendere, che rende quindi “ultronea ogni statuizione sulle domande di risoluzione e di restituzione dell’impianto, ferma restando la necessità di verificare la ricorrenza degli estremi dell’inadempimento”; nella parte espositiva la Corte di merito ha oltretutto rilevato che l’altro impianto in concessione, (OMISSIS), risulta essere stato riconsegnato in data 25 febbraio 2012 (pp. 3 e 7 sella della sentenza), prima della lite. La censura, pertanto, è inconferente rispetto alle ritenute ragioni di inammissibilità della domanda, esposte in una decisione che, chiaramente, non si è pronunciata in merito alla domanda di accertamento richiesta, essendo venuto meno l’interesse della parte a detta pronuncia.

2. Con il 20 motivo, ex art. 360 c.p.c., n. 3, il Comune ricorrente deduce violazione dell’art. 1460 c.c., sul presupposto che l’anticipata riconsegna dello stadio (OMISSIS), prima dello scadere decennale del rapporto di concessione, costituirebbe un grave inadempimento ammesso dal concessionario, e pertanto tale fatto non avrebbe potuto consentire alcuna comparazione tra gli inadempimenti delle due controparti.

2.1. Il motivo è inammissibile in quanto induce a riconsiderare nel merito una valutazione sulla prevalente incidenza della condotta inadempiente del Comune nella intervenuta cessazione del rapporto, compiuta dalla Corte di merito tenendo conto del rapporto di causalità e proporzionalità tra le prestazioni rimaste inadempiute, dopo avere confrontato gli inadempimenti reciproci in relazione alla funzione economico-sociale del rapporto negoziale. La Corte di merito, più specificamente, ha ritenuto prevalente la condotta inadempiente del Comune poichè si è concretizzata i) nel mancato rispetto degli obblighi di provvedere alla “straordinaria manutenzione” degli impianti consegnati al concessionario, nonostante quest’ultimo si fosse prodigato nel sollecitarne gli interventi, e ii) nella mancata vigilanza da parte dell’ente concedente della zona dello stadio, colpito da ripetuti atti vandalici, e nel non avere fatto fronte al deterioramento della tribuna coperta e della pista atletica; di contro, ha rilevato che il concessionario aveva riconsegnato lo stadio in buono stato di conservazione, nonostante vi fossero alcune minori inadempienze con riguardo ad opere minori che avrebbe dovuto eseguire in base alla convenzione stipulata (campo di bocce, riparazione tensostruttura e impianto di riscaldamento dell’aria).

2.2. Ed invero, nei contratti con prestazioni corrispettive, in caso di addebito di inadempienze reciproche, è necessario comparare il comportamento di ambo le parti, al fine di stabilire quale di esse, in relazione ai rispettivi interessi ed all’oggettiva entità degli inadempimenti, si sia resa responsabile delle violazioni maggiormente rilevanti e causa del comportamento della controparte e della conseguente alterazione del sinallagma. Sicchè, solo ove manchi la prova della causa effettiva e determinante della risoluzione, entrambe le domande vanno rigettate per insussistenza dei fatti costitutivi delle pretese azionate. Tale accertamento è comunque riservato al giudice di merito ed è incensurabile in sede di legittimità se congruamente motivato, come nel caso in esame dove è stato ritenuto prevalente l’inadempimento del Comune (cfr. Cass. Sez. 1 -, Sentenza n. 18932 del 27/09/2016; Sez. 3, Sentenza n. 18320 del 18/09/2015; Cass. sez. 2, n. 13365/2006).

3. Con il 30 motivo il Comune ricorrente deduce l’omesso esame di fatti decisivi in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5; con il 40 motivo deduce violazione de gli artt. 49,50,324 e 383 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, per avere la Corte di merito disatteso il giudicato interno costituito dalla sentenza della Corte di cassazione in sede di regolamento di competenza, con la quale è stato ritenuto pregiudiziale il presente procedimento rispetto a quello concluso con la sentenza numero 1175-2011.

3.1. I motivi n. 3 e 4, da trattare congiuntamente in quanto logicamente collegati, sono inammissibili ex art. 366 c.p.c., n. 4, in quanto non sono idonei a mettere in discussione la ratio decidendi deducibile dalla motivazione resa dalla Corte di merito.

3.2. L’inadempimento rilevato dalla Corte di merito è conseguente a una constatazione di rilevanza della persistente inagibilità delle strutture oggetto di concessione, a motivo della quale il concessionario, con successiva pattuizione scritta, aveva rinunciato a pretendere il risarcimento danni per tutta la durata del rapporto, ottenendo in compenso una proroga del contratto da quattro a dieci anni: questo, a dire della Corte, non significa che la parte abbia rinunciato alla pretesa di ottenere l’adempimento in forma specifica di detto obbligo, comunque gravante sul Comune concedente. Ed invero, la Corte di merito ha fondato il giudizio di responsabilità del Comune per l’anticipato scioglimento del rapporto sulla base di una valutazione degli obblighi del Comune rinvenibili nel rapporto negoziale, e non su altre circostanze relative al comportamento assunto dal Comune, in tesi non adeguatamente considerate, ritenendo irrilevanti gli sforzi fatti dal Comune per ottenere l’agibilità (resasi pacificamente antieconomica per il fatto che essa comportava lavori per un importo di Lire 1.160.000.000,

anzichè di Lire 216.000.000,00 inizialmente

preventivati). In relazione a tale circostanza, pertanto, si è tenuto conto del fatto che la controparte ha rinunciato al risarcimento del danno per il mancato realizzo delle opere di adeguamento delle strutture alla normativa vigente, e si è così dato rilievo alla permanenza del diritto del concessionario di ottenere l’adempimento dell’obbligo di regolarizzazione delle strutture sportive, non richiamato nella rinuncia in atti, essendo un’obbligazione funzionale al mantenimento del contratto di concessione.

3.3. La motivazione offerta dalla Corte di merito a fondamento della decisione risulta conforme a principi da tempo consolidatisi sul piano giurisprudenziale. La stipulazione di un contratto a prestazioni corrispettive e l’inadempimento di uno dei contraenti sono, ai sensi dell’art. 1453 c.c., i fatti costitutivi del diritto dell’altro contraente ad ottenere la risoluzione del contratto o, in alternativa, l’adempimento in forma specifica, ed in ogni caso il risarcimento del danno. Ciascuno di tali diritti, configurandosi in termini di diversità ed autonomia rispetto agli altri, può legittimamente costituire oggetto di rinuncia senza che, per ciò solo, gli effetti di tale rinuncia debbano automaticamente estendersi anche agli altri (in particolare, senza che la rinuncia all’azione esperita per ottenere l’adempimento comporti, “ipso facto”, rinuncia all’azione di risoluzione, o viceversa), a meno che l’atto abdicativo non si atteggi, in concreto, come rinuncia a far valere tutti i diritti conseguenti all’inadempimento della controparte (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 13598 del 12/10/2000 (Rv. 540958 – 01); Cass. Sez. 1, Sentenza n. 9926 del 11/05/2005). Tale ultima valutazione, pertanto, costituisce esercizio di potere discrezionale nella valutazione del fatto, in tale sede incensurabile, se operato con argomenti logici.

3.4. Inoltre, le valutazioni effettuate dalla Corte di cassazione a supporto della sentenza con cui è stato accolto il regolamento di competenza sulla disposta sospensione del giudizio non possono costituire un dictum vincolante per il presente giudizio di merito, attinente a un giudizio di fondatezza o meno delle allegazioni in base alle quali è stata ritenuta sussistere la competenza del giudice adito, essendo diversa la portata del dictum sulla competenza, incidente soltanto sul tema dell’individuazione del giudice della controversia.

4. Con il 50 motivo il Comune ricorrente deduce la violazione o falsa applicazione degli artt. 1453 e 1455 c.c., art. 1460 c.c., commi 1 e 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3; con il 60 motivo deduce violazione o falsa applicazione dell’art. 1362 c.c. e ss., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3; con il 7 motivo deduce violazione o falsa applicazione degli artt. 1453 e 1455 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5; con l’8 motivo deduce violazione falsa applicazione degli artt. 2,1175 e 1375 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3;

4.1. Il ricorrente tratta congiuntamente i suddetti motivi perchè incentrati su una medesima questione, e in particolare se sia conforme a buona fede contrattuale, o comunque proporzionato all’economia del contratto, ritenere che la clausola di rinuncia a far valere il risarcimento per mancato adeguamento delle strutture sportive, contenuta nella convenzione n. 603/1996 successivamente stipulata, non comporti una rinuncia al diritto di ottenere dal Comune l’agibilità a un costo anche cinque volte superiore all’intero corrispettivo contrattuale, e ciò sulla base della normativa successivamente intervenuta (decr. Min. Int. 1873/1996), e della stessa rinuncia del concessionario a chiedere il risarcimento del danno, rinvenibile nella seconda convenzione. Tale obbligo avrebbe dovuto considerarsi, in tesi, “mitigato – se non totalmente azzerato”, a fronte delle gravi inadempienze del concessionario, quantificate in Euro 401.303,00 dal CTU, relative alla violazione degli obblighi di manutenzione ordinaria delle due strutture sportive, gravanti sul concessionario. In sostanza il Comune ricorrente deduce la contrarietà a buona fede contrattuale del comportamento del concessionario, rimasto comunque inadempiente ai suoi obblighi di manutenzione ordinaria, a fronte di inadempimenti di manutenzione straordinaria del Comune, non meglio specificati nella motivazione e comunque non più pretendibili alla luce dell’economia del contratto.

4.2. I motivi si dimostrano inammissibili, in quanto tendono a spingere questa Corte a valutare di nuovo fatti e circostanze ampiamente valutati dalla Corte di merito con riferimento al contenuto e allo scopo del secondo negozio intervenuto tra le parti, una volta che si era reso evidente che i due stadi non potessero più essere considerati a norma. La motivazione fa intendere che nel secondo contratto, stipulato con specifiche rinunce dell’una parte a far valere un diritto al risarcimento in relazione ai rischi che l’utilizzo di impianti non più a norma avrebbe comportato per il concessionario, non poteva rinvenirsi una implicita rinuncia di quest’ultimo all’adempimento dell’obbligo di conformare gli impianti alle norme di sicurezza, gravante comunque sull’ente proprietario concedente, essendo questo un obbligo non negoziabile in relazione alla destinazione dei due impianti sportivi e, comunque, non reso oggetto di specifica rinuncia. I comportamenti inadempienti delle parti, pertanto, sono stati oggetto di specifica e attenta valutazione comparativa al fine di stabilire la prevalenza dell’inadempimento dell’una e dell’altra parte. Le censure, quindi, tendono a far apparire come errori di diritto valutazioni in fatto in questa sede incensurabili, perchè conformi a un ragionamento logico e attinente alle circostanze del caso, nonchè all’economia del contratto di concessione.

4.3. La violazione delle norme sull’interpretazione del negozio, inoltre, non viene dedotta in relazione alla non corretta applicazione dei canoni ermeneutici indicati nell’art. 1362 c.c., ma in termini di errata interpretazione del contratto alla luce della sua economia, il che si configura quale censura inerente all’interpretazione del negozio già resa in questi termini, e quindi ancora tendente a colpire il merito della valutazione operata dalla corte distrettuale.

4.4. Con il 9 motivo il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 1218,1223 c.c. e ss., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3; con il 10 motivo deduce violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, denunciando che nella sentenza mancherebbe ogni statuizione sulla richiesta di risarcimento avanzata dal Comune, come quantificata dal CTU; assume che il risarcimento andrebbe comunque liquidato a prescindere dalla statuizione sulla risoluzione negoziale; inoltre assume che la statuizione di rigetto della domanda di risarcimento del danno del concessionario, promossa nei confronti del Comune, desumibile nella sentenza n. 1175/2011 resa dalla Corte d’appello di Bari nel parallelo giudizio, non sarebbe stato adeguatamente considerato dalla Corte di merito.

4.5. Il motivo è inammissibile in quanto non si confronta con la ratio decidendi, risultata priva di elementi di irragionevolezza nel suo argomentare. Sotto il profilo della valutazione del diritto al risarcimento del danno non vi è ragione di affrontare un argomento della parte considerata prevalentemente inadempiente se non si ravvisa una pari responsabilità in capo alla sua controparte, in questo caso esclusa nonostante i suoi inadempimenti, considerati di minor rilevanza rispetto a quelli della controparte di adeguare gli impianti alle norme di sicurezza. La stessa Corte di merito ha non solo ribadito, ma anche condiviso le conclusioni contenute nella sentenza n. 1175/2011, resa il 2 dicembre 2011 tra le medesime parti e relativa a un separato procedimento, in riferimento al rilievo che il mancato conseguimento dell’agibilità dello stadio (OMISSIS) costituisse una precisa scelta dell’amministrazione motivata dall’anti-economicità dell’esecuzione degli interventi, con asserzione ribadita dal Comune appellante alle pagine 20, 21, 22 e 23 dell’atto di appello che, tuttavia, non è stata ritenuta in grado di mettere in luce un’ intervenuta acquiescenza della concessionaria alla situazione di fatto creatasi, valevole come rinuncia al corrispondente obbligo del Comune.

5. Conclusivamente il ricorso va ritenuto inammissibile, con ogni conseguenza in ordine alle spese, che si liquidano in dispositivo ai sensi del D.M. n. 55 del 2014, a favore della parte resistente.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente alle spese, liquidate in Euro 10.200,00, oltre Euro 200,00 per spese, spese forfettarie al 15% e oneri di legge, con distrazione a favore del legale anticipatario.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Terza Civile, il 18 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 10 dicembre 2019

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