Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 32122 del 09/12/2019
Cassazione civile sez. VI, 09/12/2019, (ud. 18/09/2019, dep. 09/12/2019), n.32122
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 2
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente –
Dott. GRASSO Giuseppe – rel. Consigliere –
Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –
Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –
Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA INTERLOCUTORIA
sul ricorso 9673-2019 proposto da:
B.G., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
GOLAMETTO 4, presso lo studio dell’avvocato GIOVAMBATTISTA FERRIOLO,
che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato FERDINANDO
EMILIO ABBATE;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA (OMISSIS), in persona del Ministro pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,
presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e
difende ope legis;
– resistente –
avverso il decreto n. 70/2019 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA,
depositato il 24/01/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 18/09/2019 dal Consigliere Relatore Dott. GRASSO
GIUSEPPE.
Fatto
FATTO E DIRITTO
ritenuto che la Corte d’appello di Perugia, con il decreto di cui in epigrafe, rigettò l’opposizione avanzata da B.G. avverso il decreto emesso dal Presidente di quella Corte, che accogliendo la domanda d’indennizzo per la non ragionevole durata di un processo civile, proposta dalla B., aveva condannato il Ministero della Giustizia al pagamento della somma di Euro 1.500,00, oltre la rimborso delle spese di legali, liquidate in complessive Euro 250,00, oltre spese anticipate e accessori;
che con il decreto di cui detto l’opponente venne condannata al pagamento delle spese legali in favore dell’Amministrazione, quantificate in Euro 1.198,50;
che la Corte umbra disattese la contestazione mossa dalla B. a riguardo dell’entità del rimborso per le spese legali, che quest’ultima aveva protestato essere non conforme a legge per difetto;
che la B. ricorre avverso la statuizione di cui detto sulla base di due motivi;
che l’Amministrazione, rimasta intimata, ha depositato atto costitutivo tardivo “al solo fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione della causa ai sensi dell’art. 370 c.p.c., comma 1”;
che con il primo motivo la ricorrente denuncia violazione e/o falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c., dell’art. 2233 c.c., comma 2, nonchè del D.M. n. 35 del 2014 e del D.M. n. 37 del 2018, esponendo quanto segue:
– la Corte d’appello aveva reputato corretta l’applicazione del D.M. n. 55 del 2014, Tabella 8 allegata, relativa al procedimento monitorio in genere, assumendo l’assenza di natura contenziosa per la fase monitoria, invece che la tabella 12;
– l’assimilazione al procedimento monitorio ordinario era da escludere, sia perchè la procedura trovava svolgimento innanzi alla Corte d’appello, sia per la peculiarità della disciplina dettata dalla L. n. 89 del 2001, sia, infine, perchè l’opposizione non avviava un giudizio autonomo d’impugnazione del decreto monocratico;
– applicandosi la tabella 12, tenuto conto dello scaglione di riferimento (da Euro 1.100,01 a Euro 5.200,00) i compensi, pur liquidati nel minimo, non avrebbero potuto essere inferiori a Euro 510.00;
– anche a prescindere dagli argomenti di cui sopra, la remunerazione con sole Euro 250,00 dell’opera del difensore non superava la soglia della mera simbolicità, con conseguente violazione dell’art. 2233 c.c., comma 2, siccome già affermato in fattispecie analoga dalla Cassazione (Sez. 5, n. 25804, 22/12/2015);
– non sarebbe stato possibile scostarsi dalla media della applicata tabella 8, senza apporto di motivazione di sorta, siccome aveva fatto il decreto opposto, non potendo trovare applicazione, al contrario di quel che aveva affermato la Corte perugina, il D.M. n. 140 del 2012, art. 9, abrogato dal legislatore;
ritenuto che con il secondo motivo la ricorrente deduce violazione e/o falsa applicazione degli artt. 10,14 e 91 c.p.c., nonchè del D.M. n. 55 del 2014 e del D.M. n. 37 del 2018, in quanto:
– non si era registrata contestazione sulla misura dell’equo indennizzo;
– pertanto, il valore della controversia corrispondeva a quello delle spese legali, quantificate dalla ricorrente, come sopra, in Euro 510,00, di talchè, tenuto contro dello scaglione di riferimento (da Euro 0 a Euro 1.100,00), applicata la tabella 12, poichè il provvedimento assumeva di aver applicato i minimi tariffari, la condanna alle spese in favore del Ministero della Giustizia avrebbe dovuto ammontare ad Euro 286,00 e non all’esorbitante cifra di Euro 1.198,50;
considerato che appare opportuno rimettere la trattazione alla pubblica udienza non emergendo evidenza decisoria.
P.Q.M.
rimette il processo alla pubblica udienza.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, in data 18 settembre 2019, riconvocata, il 28 novembre 2019.
Depositato in Cancelleria il 9 dicembre 2019