Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3212 del 11/02/2020

Cassazione civile sez. VI, 11/02/2020, (ud. 12/12/2019, dep. 11/02/2020), n.3212

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –

Dott. CAPOZZI Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 29667-2017 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

GAMBARA SRL SOCIETA’ AGRICOLA;

– intimata –

avverso la sentenza n. 7122/30/2016 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della LOMBARDIA depositata il 19/12/2016;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 12/12/2019 dal Consigliere Relatore Dott. ROBERTO

GIOVANNI CONTI.

Fatto

FATTI E RAGIONI DELLA DECISIONE

L’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, contro la società Gambara srl Società agricola, impugnando la sentenza resa dalla CTR Lombardia indicata in epigrafe che ha confermato la decisione di primo grado con la quale era stato annullato l’avviso di liquidazione con il quale era stata liquidata l’imposta di registro e quella ipotecaria in ordine all’acquisto di un terreno da potere di T.L., revocando le agevolazioni per la piccola proprietà contadina richieste nell’atto negoziale dalla società acquirente.

La parte intimata non si è costituita.

La ricorrente ha dedotto con il primo motivo un’eccezione di giudicato esterno in relazione alla sentenza della CTR Lombardia emessa il 14.7.2016, passata in giudicato il 14.2.2017, relativa al medesimo oggetto dell’avviso di liquidazione oggetto di controversia e con la quale era stato rigettato il ricorso della società.

Con il secondo motivo si è dedotta la violazione della L. n. 604 del 1954, artt. 2, 3 e 4, nonchè del D.Lgs. n. 99 del 2004, art. 1, comma 3 bis e art. 2, comma 4 bis. Si deduce che la CTR non avrebbe considerato che per godere dei benefici previsti dalla L. n. 604 del 1954 da parte della società contribuente, sarebbe stata comunque necessaria la verifica dei requisiti indicati dalla L. n. 504, art. 2 e 3, in capo alla società agricola, non ricorrenti nel caso di specie, posto che non erano mai state conclamate le condizioni richieste dal L. n. 504 cit., art. 2. Peraltro, la società aveva sostituito il proprio amministratore coltivatore diretto con un altro amministratore prima del decorso del termine di cinque anni.

Con il terzo motivo si deduce la violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57.

La CTR avrebbe erroneamente considerato come nuova la questione relativa alla decadenza dell’agevolazione per alienazione del fondo entro cinque anni dall’acquisto, essendo stato il D.L. n. 194 del 2009, art. 2, comma 4, richiamato nell’avviso di liquidazione.

Occorre esaminare con priorità, per ragioni di ordine logico, il terzo motivo di ricorso che è infondato.

La ricorrente non ha in alcun modo dimostrato che nell’avviso di liquidazione fosse stata posta a base della disposta revoca dei benefici agevolativi richiesti dalla società contribuente l’alienazione dell’area acquistata, invece indicando gli elementi che lo stesso Ufficio ha riprodotto a pag. 2 del ricorso per cassazione, tra i quali non si individua la causa di decadenza del beneficio alla quale ha invece fatto riferimento nell’atto di appello (pure riprodotto a pag. 13 del ricorso).

Da qui la correttezza della decisione del giudice di appello, laddove ha ritenuto la novità della questione. Correttezza che non è nemmeno messa in crisi dal fatto che l’avviso di liquidazione contenesse, come dedotto dalla ricorrente, un riferimento al D.L. n. 194 del 2009, art. 2, comma 4. Riferimento assolutamente generico e non rilevante, se solo si considera che detta disposizione, nel far riferimento, quale causa di decadenza, alle ipotesi di coloro i quali “alienano volontariamente i terreni ovvero cessano di coltivarli o di condurli direttamente” dimostra inequivocabilmente che il riferimento alla disposizione normativa non poteva consentire alcuna difesa specifica al contribuente in mancanza di una specifica contestazione relativa ad una delle diverse ipotesi contemplate dall’art. 2 ult. cit..

Il primo motivo di ricorso è infondato.

Ed invero, l’eccezione di giudicato che l’Agenzia fa valere si riferisce all’annullamento di un altro avviso di liquidazione, ancillare rispetto a quello oggetto del presente giudizio, nel quale l’amministrazione aveva fatto valere la causa di decadenza relativa all’alienazione del fondo nel quinquennio. Questione che, si è visto, non è stata invece oggetto del presente giudizio e che, conseguentemente, non può in questa sede trovare spazio, nè può giocare alcun ruolo ancorchè oggetto della pronunzia passata in giudicato alla quale si è riferita l’Agenzia.

Il secondo motivo di ricorso è parimenti infondato.

La censura esposta dall’Agenzia si rivolge, per l’un verso, contro la parte della motivazione della sentenza che ha escluso per la società agricola la necessità di provare, ai fini dell’agevolazione prevista dal D.Lgs. n. 99 del 2004, art. 1 comma 4, l’esistenza dei requisiti previsti dalla L. n. 604 del 1954, art. 2. La CTR, richiamando un indirizzo di questa Corte, ha ritenuto non necessaria tale prova per l’imprenditore agricolo professionale. L’indirizzo richiamato dalla CTR – Cass. n. 16071/2013 – è stato del resto confermato successivamente da Cass. n. 3829/2018.

Una volta che la CTR ha qualificato la società come imprenditore agricolo professionale, con statuizione non impugnata dall’Agenzia, la censura espressa dall’Ufficio è infondata, scontrandosi con i principi giurisprudenziali sopra riportati.

Quanto alla questione della decadenza del beneficio per la sostituzione dell’amministratore della società la stessa, pur posta dall’Agenzia nell’atto di appello, non è stata completamente esaminata dalla CTR, sicchè la censura si rivolge verso una statuizione che in realtà non è contemplata nella motivazione impugnata, non aggredita sotto il profilo della mancata pronunzia su una censura esposta in appello o sull’omesso esame di fatti rilevanti per il giudizio ed oggetto di contraddittorio nella fase di merito.

Analoghe considerazioni devono esprimersi con riguardo alla questione relativa all’obbligo di produzione del certificato che sarebbe stato eliminato ma solo a far data dal 28.2.2010 e, dunque, in epoca successiva a quella di conclusione dell’atto negoziale, risalente all’anno d’imposta 2007.

La censura sul punto esposta è quindi inammissibile, avendo prospettato unicamente un’ipotesi di violazione di legge.

Il ricorso va per l’effetto rigettato.

Nulla sulle spese.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Nulla sulle spese.

Così deciso in Roma, il 12 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 11 febbraio 2020

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