Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3212 del 09/02/2011
Cassazione civile sez. II, 09/02/2011, (ud. 05/11/2010, dep. 09/02/2011), n.3212
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SETTIMJ Giovanni – Presidente –
Dott. PETITTI Stefano – rel. Consigliere –
Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –
Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –
Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso proposto da:
F.E., R.A., R.N., rappresentati e
difesi dall’Avvocato Scuderi Gioacchino Aldo per procura speciale a
margine del ricorso, elettivamente domiciliati in Roma, via
Tiraboschi n. 9, presso lo studio dell’Avvocato Pescatore Salvatore;
– ricorrenti –
contro
B.B., rappresentata e difesa dagli Avvocati Bellazzi
Luigi e Quadri Mauro per procura speciale a margine del
controricorso, elettivamente domiciliata in Roma, via del Casale
Strozzi n. 31, presso lo studio del secondo;
– controricorrente –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Venezia depositata in
data 23 dicembre 2008.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 5
novembre 2010 dal Consigliere relatore Dott. Stefano Petitti;
sentito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
Russo Libertino Alberto, il quale ha concluso per l’inammissibilità
del ricorso.
Fatto
FATTO E DIRITTO
Ritenuto che F.E., R.A. e
R.N. hanno proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza
della Corte d’appello di Venezia depositata il 23 dicembre 2008 che,
in totale riforma della sentenza del Tribunale di Verona, ha
condannato R. D. e F.E. a pagare a
B.B. la somma di Euro 82.633,10, oltre interessi legali dalla domanda
al saldo, a titolo di restituzione del doppio della caparra da
quest’ultima versata in relazione ad un preliminare di
compravendita di un immobile, cui non aveva fatto seguito la stipula
del definitivo entro il termine essenziale pattuito in favore
della promissaria acquirente, per fatto addebitabile ai promittenti
venditori, che non furono in grado, entro la data pattuita per
la stipula del definitivo, di fare in modo che l’immobile fosse
dotato del requisito dell’abitabilità;
che i ricorrenti propongono tre motivi di
ricorso, cui resiste, con controricorso, B.B., la
quale eccepisce la inammissibilità del ricorso;
che, con il primo motivo, i ricorrenti deducono
violazione e falsa applicazione degli artt. 1175, 117 6, 1218, 1223,
1375, 1453 e 1455 cod. civ., nonchè vizio di insufficiente, omessa e
contraddittoria motivazione, relativamente alla questione della
discrasia tra l’immobile oggetto della promessa di vendita e la
configurazione catastale;
che, con il secondo motivo, i ricorrenti lamentano
violazione e falsa applicazione degli artt. 1175, 1176, 1218, 1223,
1375, 1453 e 1455 cod. civ., nonchè vizio di insufficiente, omessa
e contraddittoria motivazione sotto un diverso profilo, con
riferimento alla qualificazione come essenziale del termine stabilito
per la stipula del definitivo;
che, con il terzo motivo, i ricorrenti denunciano
violazione e falsa applicazione degli artt, 1175, 1176, 1218, 1223,
1375, 1453, 1455 e 1460 cod. civ., nonchè vizio di
insufficiente, omessa e contraddittoria motivazione sotto il
profilo della ritenuta legittimità del rifiuto della
B. a stipulare il definitivo;
che essendosi ritenute sussistenti le condizioni
per la decisione con il procedimento di cui all’art. 380-bis cod.
proc. civ., ai sensi di tale norma è stata redatta relazione, che è
stata notificata alle parti e comunicata al pubblico ministero.
Considerato che il relatore designato, nella
relazione depositata il 26 luglio 2010, ha formulato la seguente
proposta di decisione:
“(…) Pur essendo il ricorso rivolto avverso
sentenza depositata in data successiva al 2 marzo 2006, i motivi
di ricorso non sono conformi alle prescrizioni di cui all’art.
366-bis cod. proc. civ., mancando sia la formulazione del quesito di
diritto, con riferimento alle dedotte violazioni di legge, sia
la chiara ed univoca indicazione del fatto controverso che, come
affermato dalle Sezioni Unite con sentenza n. 20603 del 2007, deve
consistere in un momento di sintesi (omologo del quesito di
diritto) che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da
non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e
di valutazione della sua ammissibilità. Inoltre, nella parte in
cui i tre motivi deducono il vizio di motivazione, gli stessi
appaiono inammissibili perchè, in sostanza, si risolvono in censure
sull’apprezzamento compiuto dal giudice del merito in ordine alla
portata e al significato delle clausole contrattuali, in ordine alle
quali la sentenza impugnata appare tutt’altro che priva di adeguata
e logica motivazione.
Sussistono, pertanto, le condizioni per la trattazione del ricorso in camera di consiglio”;
che il Collegio condivide la proposta di decisione ora richiamata, alla quale non sono state formulate critiche di sorta;
che, pertanto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile;
che i ricorrenti, in solido tra loro, vanno
condannati alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità,
nella misura liquidata in dispositivo, in favore della
controricorrente.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna i ricorrenti,
in solido tra loro, al pagamento delle spese del giudizio
di legittimità, che liquida in complessivi Euro 3.200,00, di cui Euro
3.000,00 per onorari, oltre alle spese generali e agli accessori di
legge.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione
Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 5 novembre 2010.
Depositato in Cancelleria il 9 febbraio 2011