Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 32115 del 12/12/2018
Cassazione civile sez. trib., 12/12/2018, (ud. 14/11/2018, dep. 12/12/2018), n.32115
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –
Dott. LOCATELLI Giuseppe – Consigliere –
Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –
Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –
Dott. FRAULINI Paolo – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 25802/2012 R.G. proposto da:
Agenzia delle Entrate, in persona del direttore pro tempore,
elettivamente domiciliata in Roma via dei Portoghesi 12, presso
l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende ope
legis;
– ricorrente –
contro
C.G.;
– intimato –
avverso la sentenza n. 36/5/12 della Commissione tributaria regionale
di Cagliari, depositata il 19 giugno 2012;
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14 novembre
2018 dal Consigliere Paolo Fraulini.
Fatto
FATTI DI CAUSA
1. La Commissione tributaria regionale per la Sardegna in Cagliari, in riforma della sentenza di primo grado, ha annullato l’avviso di accertamento n. (OMISSIS) relativo a Iva, Irpef e Irap per l’anno 2003 emesso nei confronti di C.G..
2. Ha rilevato il giudice di appello che l’avviso risultava notificato al contribuente prima della scadenza del termine dilatorio di sessanta giorni dalla data di rilascio del processo verbale di chiusura delle operazioni, senza alcuna motivazione dell’urgenza, e dunque in violazione della L. n. 212 del 2000, art. 12; tale violazione determinava la nullità del provvedimento impositivo per difetto insanabile di motivazione.
3. Per la cassazione della citata sentenza l’Agenzia delle Entrate ricorre con un motivo; C.G. ha depositato un atto intitolato “Costituzione in giudizio” nel quale si è riservato di partecipare al prosieguo del giudizio.
Diritto
RAGIONI DELLA DECISIONE
1) Il ricorso lamenta “Violazione e falsa applicazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) per violazione di nome di diritto in quanto nella sentenza viene erroneamente applicato la L. n. 212 del 2000, art. 123, comma 7”, deducendo l’erroneità della sentenza impugnata per non aver rilevato l’implicita urgenza della notificazione stante l’imminente decadenza del diritto al recupero (evincibile anche dalla redazione del verbale della guardia di Finanza) e comunque la non perentorietà del termine di sessanta giorni, con esclusione di qualsivoglia nullità per la sua eventuale violazione.
2) Deve premettersi che il C. non si è ritualmente costituito in giudizio secondo i canoni di cui all’art. 370 c.p.c..
3) Il ricorso è infondato.
4) Le Sezioni Unite di questa Corte hanno affermato che “In tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, la L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 12, comma 7, deve essere interpretato nel senso che l’inosservanza del termine dilatorio di sessanta giorni per l’emanazione dell’avviso di accertamento – termine decorrente dal rilascio al contribuente, nei cui confronti sia stato effettuato un accesso, un’ispezione o una verifica nei locali destinati all’esercizio dell’attività, della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni – determina di per sè, salvo che ricorrano specifiche ragioni di urgenza, l’illegittimità dell’atto impositivo emesso “ante tempus”, poichè detto termine è posto a garanzia del pieno dispiegarsi del contraddittorio procedimentale, il quale costituisce primaria espressione dei principi, di derivazione costituzionale, di collaborazione e buona fede tra amministrazione e contribuente ed è diretto al migliore e più efficace esercizio della potestà impositiva. Il vizio invalidante non consiste nella mera omessa enunciazione nell’atto dei motivi di urgenza che ne hanno determinato l’emissione anticipata, bensì nell’effettiva assenza di detto requisito (esonerativo dall’osservanza del termine), la cui ricorrenza, nella concreta fattispecie e all’epoca di tale emissione, deve essere provata dall’ufficio” (Sez. U, Sentenza n. 18184 del 29/07/2013; Sez. 5, sentenza n. 23670 del 1/10/2018).
5) Nella specie le argomentazioni della ricorrente non soddisfano il criterio esonerativo, posto che l’imminente decadenza non è valida ragione sostanziale per giustificare il mancato rispetto del termine (Cass. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 22786 del 09/11/2015) e la ragione di urgenza va provata per esplicito e non dedotta in maniera implicita.
6) L’irrituale costituzione della parte intimata esonera la Corte dal provvedere sulle spese di fase.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 14 novembre 2018.
Depositato in Cancelleria il 12 dicembre 2018