Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 32112 del 12/12/2018

Cassazione civile sez. trib., 12/12/2018, (ud. 14/11/2018, dep. 12/12/2018), n.32112

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – rel. Consigliere –

Dott. FEDERICI Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 12346/2012 R.G. proposto da:

Agenzia delle Entrate, in persona del direttore pro tempore,

rappresentata dall’Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio

legale in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, presso l’Avvocatura

Generale dello Stato;

– ricorrente –

contro

B.M.;

– intimato –

avverso la sentenza emessa dalla Commissione Tributaria Regionale del

Piemonte n.31/26/11 del 23/2/2011, depositata il 24/3/2011 e non

notificata.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14 novembre

2018 dal Consigliere Giudicepietro Andreina.

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. l’Agenzia delle Entrate ricorre con due motivi contro B.M. per la cassazione della sentenza emessa dalla Commissione Tributaria Regionale del Piemonte n. 31/26/11 del 23/2/2011, depositata il 24/3/2011 e non notificata, che, in controversia relativa all’impugnativa delle cartelle di pagamento, emesse a seguito di liquidazione effettuata ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art.36 bis e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54 bis, per Iva, Irpef ed Irap per gli anni 2001 e 2004, ha rigettato l’appello dell’Ufficio, confermando la sentenza della C.T.P. di Alessandria;

2. con la sentenza impugnata, la C.T.R. del Piemonte, per quanto di interesse, riteneva che il diritto alla detrazione dell’imposta sugli acquisti effettuati si perfeziona con la regolare annotazione nei registri delle relative fatture nei termini e secondo le modalità di legge, e che sussisteva, quindi, il diritto del contribuente di portare in detrazione i crediti I.v.a. maturati in un’annualità per la quale aveva omesso la dichiarazione annuale, ma non le annotazioni e le registrazioni anteriori, entro il secondo anno successivo;

3. a seguito della notifica del ricorso in data 9/5/2012, B.M. è rimasto intimato;

4. il ricorso è stato fissato per la camera di consiglio del 14 novembre 2018, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., u.c. e dell’art. 380 bis 1 c.p.c., il primo come modificato ed il secondo introdotto dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, conv. in L. 25 ottobre 2016, n. 197.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1.1. con il primo motivo, la ricorrente denunzia la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 322 del 1998, art. 8, del D.P.R. n. 633 del 1992, artt. 30, 54 bis e 55, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3;

1.2. il motivo è infondato e va rigettato;

1.3. la controversia verte sull’impugnazione di due cartelle esattoriali, emesse a seguito di liquidazione effettuate D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 36 bis e D.P.R. n. 633 del 1972, ex art. 54 bis, l’una relativa all’anno 2000 per Irap ed Iva e l’altra relativa all’anno 2004 per Iva ed Irpef;

il contribuente aveva omesso di presentare la dichiarazione annuale relativa al periodo di imposta 2000 e nella successiva dichiarazione mod. Unico 2002 (per il 2001) al rigo VL 26 aveva riportato un credito Iva risultante dalla dichiarazione del 2000 (in realtà omessa);

parimenti aveva omesso di presentare la dichiarazione annuale relativa al periodo di imposta 2002 e 2003 e nella successiva dichiarazione mod. Unico 2005 (per il 2004) al rigo VL 26 aveva riportato un credito Iva risultante dalla dichiarazione del 2003;

con il ricorso avverso la prima cartella di pagamento, il contribuente aveva dedotto di aver sanato l’irregolarità con la dichiarazione integrativa presentata L. n. 289 del 2002, ex art. 8 (condono) e che, in ogni caso, il credito Iva era chiaramente desumibile dai registri Iva degli acquisti e delle vendite regolarmente tenuti;

con il ricorso avverso la seconda cartella di pagamento, il contribuente aveva dedotto l’omesso invio della richiesta di chiarimenti e la carente motivazione della cartella;

la C.T.P. di Alessandria aveva accolto il ricorso, ritenendo che la mancata presentazione della dichiarazione annuale non incidesse sul diritto del contribuente alla detrazione del credito Iva che risultava regolarmente registrato nella contabilità;

a seguito dell’appello dell’Ufficio, che aveva contestato la possibilità di detrarre il credito Iva in presenza di una dichiarazione annuale non valida o omessa, la C.T.R. del Piemonte aveva confermato la sentenza di primo grado, ritenendo che sussistesse il diritto del contribuente dì portare in detrazione i crediti I.v.a maturati in un’annualità per la quale aveva omesso la dichiarazione annuale, purchè gli stessi risultassero dalla contabilità regolarmente tenuta;

sulla questione sono intervenute di recente le Sezioni Unite di questa Corte, che, nella sentenza n. 17757 del 2016, hanno affermato il principio secondo cui “la neutralità dell’imposizione armonizzata sul valore aggiunto comporta che, pur in mancanza di dichiarazione annuale, l’eccedenza d’imposta – risultante da dichiarazioni periodiche e regolari versamenti per un anno e dedotta entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui il diritto è sorto – sia riconosciuta dal giudice tributario, se siano stati rispettati dal contribuente tutti i requisiti sostanziali per la detrazione; pertanto, in tal caso, il diritto di detrazione non può essere negato nel giudizio d’impugnazione della cartella emessa dal fisco a seguito di controllo formale automatizzato, laddove, pur non avendo il contribuente presentato la dichiarazione annuale per il periodo di maturazione, sia dimostrato in concreto – ovvero non controverso – che si tratti di acquisti fatti da un soggetto passivo d’imposta, assoggettati a IVA e finalizzati a operazioni imponibili”;

in senso analogo si sono espresse le S.U. nella sentenza n. 17758 del 2016, in cui si è affermato (par. 6.7) che “il diritto di detrazione non può essere negato nel giudizio d’impugnazione della cartella emessa dal fisco a seguito di controllo formale automatizzato, laddove, pur non avendo il contribuente presentato la dichiarazione annuale per il periodo di maturazione, sia dimostrato in concreto – ovvero non controverso – che si tratti di acquisti fatti da un soggetto passivo d’imposta, assoggettati a IVA e finalizzati a operazioni imponibili e di deduzione eseguita entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui il diritto è sorto”;

ciò perchè, come osservano le S.U. nella citata sentenza n. 17757 del 2016 (par. 3.7.), “il fatto costitutivo del rapporto tributario col fisco nazionale è ravvisato dalla effettività e liceità dell’operazione, mentre obblighi di registrazione, dichiarazione e consimili hanno una diversa funzione meramente illustrativa e riepilogativa dei dati contabili, finalizzata ad agevolare i controlli dell’Amministrazione finanziaria per l’esatta riscossione dell’imposta”;

nel caso di specie, il primo motivo di ricorso dell’Agenzia delle Entrate contiene una contestazione meramente formale ed, alla luce del principio enunciato, non può essere accolto;

l’Amministrazione, infatti, afferma erroneamente che la mancanza della dichiarazione relativa all’anno d’imposta, in relazione al quale il credito avrebbe dovuto figurare, preclude la possibilità della detrazione dell’eccedenza I.v.a.;

2.1. con il secondo motivo, la ricorrente denunzia l’omessa motivazione, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, su fatti decisivi e controversi, consistenti nella sussistenza del credito portato in compensazione da contribuente per l’anno di imposta 2004;

2.2. il motivo è fondato e va accolto;

2.3. invero, nell’atto di appello, in parte riportato in ricorso, l’Ufficio, dopo aver evidenziato che il contribuente non aveva presentato la dichiarazione per l’anno d’imposta 2002, ma aveva invece presentato quella per l’anno 2003 (con l’indicazione di un importo Iva a credito di Euro 2.558,00), deduceva che lo stesso illegittimamente aveva riportato nella dichiarazione mod. Unico 2005 per il 2004 un credito Iva inesistente e non spettante;

la contestazione dell’Ufficio contenuta nei motivi di appello riguardava, quindi, non solo il profilo formale della preclusione del riporto del credito in caso di omissione della dichiarazione, ma anche la contestazione dell’esistenza stessa del credito, per il quale il contribuente avrebbe dovuto fornire idonea dimostrazione;

la motivazione adottata dal giudice di appello risulta, quindi, carente laddove si limita a rilevare che “illegittimo appare il recupero a tassazione dell’Irpef relativa al 2004, in quanto il contribuente avrebbe provveduto alla compensazione con il rilevante credito Iva risultante in dichiarazione a seguito dell’avvenuto riconoscimento del diritto alla detrazione”, poichè il giudice avrebbe dovuto verificare se il contribuente aveva fornito la prova della sussistenza di tale diritto (tenendo altresì conto che la prova certa dell’operazione che dà diritto alla detrazione “può essere acquisita dai dati risultanti dalle fatture o da altro documento equivalente, come, ad esempio, la documentazione contabile, essendo, invece, a tal fine poco rilevante l’osservanza degli obblighi dichiarativi” Cass. S.U. n. 17757 del 2016);

3.1. l’accoglimento del secondo motivo di ricorso, rigettato il primo, impone la cassazione della sentenza impugnata ed il rinvio alla C.T.R. del Piemonte, in diversa composizione, affinchè decida anche sulle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte, in accoglimento del secondo motivo di ricorso, rigettato il primo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla C.T.R. del Piemonte, in diversa composizione, anche per la statuizione sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 14 novembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 12 dicembre 2018

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