Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3211 del 12/02/2014


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 3211 Anno 2014
Presidente: ODDO MASSIMO
Relatore: SCALISI ANTONINO

SENTENZA

sul ricorso 16710-2006 proposto da:
COSTA

GIOIETTA

CSTGTT48P55L310E,

elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA NIZZA 22, presso lo studio
dell’avvocato BRENCIAGLIA ENRICO, rappresentata e
difesa dall’avvocato COSTA CESARE;
,

– ricorrente –

l

2013
2599

contro

PRINCIPE GIUSEPPA PRNGPP22R7OL310D,

elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA DEL CIRCO MASSIMO 9, presso
lo studio dell’avvocato INNOCENTI FRANCESCO,
rappresentata e difesa dall’avvocato MICCI RICCARDO;

Data pubblicazione: 12/02/2014

- controricorrente nonchè contro

MORELLI ALBERTO,

CECCARELLI GIUSEPPINA, MORELLI

FELICE;

intimati

di ROMA, depositata il 19/05/2005;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 11/12/2013 dal Consigliere Dott. ANTONINO
SCALISI;
udito l’Avvocato CESARE COSTA difensore della
ricorrente che si riporta agli atti depositati;
udito l’Avvocato RICCARDO MICCI difensore della
resistente che si riporta agli atti depositati;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. VINCENZO GAMBARDELLA che ha concluso
per il rigetto del ricorso.

avverso la sentenza n. 2249/2005 della CORTE D’APPELLO

Svolgimento del processo
Gioietta Costa, con atto di citazione del 29 ottobre 2002 proponeva appello
avverso la sentenza n. 774 del 2002 con la quale il Tribunale di Viterbo in
accoglimento della domanda di Giuseppa Principe, dichiarava sia la
simulazione di una compravendita immobiliare intercorsa tra Orlando Morelli

premorto, coniuge dell’attrice, ed i di lei figli Felice ed Alberto Morelli, sia la
nullità per difetto di forma della donazione così dissimulata.
La sentenza appellata veniva censurata, innanzitutto, sotto il profilo del
mancato accoglimento delle eccezioni di difetto di interesse e di prescrizione
dell’azione, nonché del vizio di ultrapetizione. L’appellante ha denunciato,
altresì, il difetto di prova della data certa di detta donazione oltreché la sua
,

inopponibilità nei propri confronti.
Si costituiva Giuseppa Principi, la quale contestava nel merito il fondamento
del gravame avversario e ne chiedeva il rigetto. Proponeva appello incidentale
lamentando l’erronea dichiarazione di nullità della donazione e censurava la
compensazione delle spese. Restavano contumaci Felice Morelli, Alberto
Morelli e Giuseppina Ciccarelli.
La Corte di Appello di Roma con sentenza n. 2249 del 2005 respingeva
entrambi gli appelli e compensava le spese giudiziali del grado di appello. A
sostegno di questa decisione la Corte romana sosteneva: a) In relazione ad un

.

atto nullo anche un diritto sorto successivamente non poteva essere
pregiudicato in concreto, sicché andava riconosciuto al suo titolare l’interesse
(
ad agire, allo scopo di vedere rimossa la situazione a lui pregiudizievole
derivante dalla presenza nella realtà fattuale dell’atto nullo. b) l’azione di
simulazione dovendosi ritenere quale azione di nullità del negozio apparente
,

1

era imprescrittibile a mente dell’art. 1422 cc.
La cassazione di questa sentenza è stata chiesta da Costa Gioietta con ricorso
affidato a quattro motivi. Giuseppa Principi, ha resistito con controricorso.
Felice Morelli, Alberto Morelli e Giuseppina Ciccarelli, in questa sede non
hanno svolto alcuna attività difensiva.

Con ordinanza interlocutoria del 12 dicembre 2012 questa Corte ordinava la
rinnovazione della notifica nei confronti di Morelli Felice, onere che è stato
assolto.
Motivi della decisione
1.= Con il primo motivo Gioietta Costa denuncia la violazione falsa
applicazione dell’art. 100 cpc. e dell’art. 1421 cc. (art. 360 n. 3 cpc, nonché
l’insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della
controversia. Sollevato dalla parte appellante principale (art. 360 n. 5 cpc.).
Avrebbe errato la Corte romana, secondo la ricorrente, nell’aver ritenuto
l’esistenza dell’interesse ad agire in capo alla Principe, facendo riferimento ad
un generico e non meglio identificato riferimento alla “contestazione della
validità della fattispecie negoziale in parola, onde così recuperare alle proprie
ragioni di erede legittima i cespiti immobiliari che hanno formato oggetto”,
perché nessuno dei diritti dei quali la Principe ha chiesto tutela poteva essere
preservato per mezzo dell’azione intrapresa. Chiarisce la ricorrente, se è vero

che la Principe aveva intrapreso il presente giudizio al fine di far dichiarare la
simulazione relativa dell’atto di compravendita stipulato in data 18 maggio
I
1983 tra il proprio coniuge ed i due figli, bisognava valutare l’interesse ad
agire della Principe in relazione ai diritti che la stessa riteneva compromessi e
aventi ad oggetto: a) l’asserita tutela dei diritti successori relativamente agli
.

‘ 2

immobili alienati; b) l’asserita tutela del diritto di abitazione sull’immobile
adibito a casa coniugale trasferita ad uno dei figli; c) l’asserita tutela del
diritto di usufrutto sui medesimi beni immobili. Ora, sostiene la ricorrente,
nessuno di questi diritti poteva essere preservato per mezzo dell’azione

conseguente

affermazione

dell’ asserita

natura

gratuita

dell’atto

di

trasferimento, i beni che ne avevano formato oggetto sarebbero, comunque,
usciti dalla sfera giuridica del de cuius entrando egualmente in quella dei figli.
A sua volta, i diritti di abitazione e/o di usufrutto non sarebbero stati lesi
dall’atto

dispositivo,

né preservati

dall’accoglimento

della domanda

dispiegata perché trattandosi di un diritto personale nel primo caso e di diritto
reale su cosa altrui nella secondo ipotesi erano come tali opponibili, anche ai
successivi aventi causa se e in quanto esistenti ed opportunamente trascritti.
1.1.= Il motivo è infondato e non può essere accolto perché la Corte romana
ha correttamente ritenuto che la Principe, vedova del simulato alienante e
presunto donante, avesse interesse alla contestazione della validità della
fattispecie negoziale relativa alla simulazione dell’atto di compravendita del
19 maggio 1983, identificato nell’interesse a recuperare alle proprie ragioni di
erede legittimo i cespiti immobiliari che hanno formato oggetto di quella

vendita. D’altra parte, Principe Giuseppina, con l’atto di citazione in primo
grado aveva chiesto anche la dichiarazione di nullità del contratto di
donazione, cioè del contratto simulato, per mancanza di forma.
1.1.4= Va qui osservato che l’azione di simulazione per far valere la
simulazione “assoluta” di un negozio posto in essere dal “de cuius”, ovvero
per far valere la simulazione relativa allorché il negozio dissimulato sia affetto
3

intrapresa perché: a) in caso di accoglimento della simulazione relativa con

da nullità assoluta per mancanza della forma prescritta, può essere esperita
anche dal chiamato. all’eredità ai sensi dell’art. 565 cod. civ, che non ha
ancora accettato l’eredita perché in questi casi sussiste l’interesse dell’erede
legittimo a far accertare, l’inesistenza del negozio giuridico meramente
apparente posto in essere dal dante causa, al fine di tutelare l’integrità del

patrimonio del de cuius, ai sensi e per gli effetti della normativa di cui all’art.
460 cod. civ., per altro, spettando ad esso, erede legittimo, le stesse azioni che
sarebbero spettate al “de cuius”, che ben avrebbe potuto in vita far valere la
simulazione assoluta, ovvero la nullità assoluta del negozio dissimulato per
carenza della prescritta forma. Viceversa, allorquando l’erede intenda far
valere la simulazione relativa e l’atto dissimulato – lesivo della sua quota di
legittima – abbia tutti i requisiti di validità (come nell’ipotesi di donazione
dissimulata), l’azione di simulazione è in funzione unicamente dell’azione di
riduzione ex art. 564 cod. civ. e non può che soggiacere alle condizioni in
detta norma previste per questa azione; perciò in tanto può essere proponibile,
in quanto sussista il presupposto cui è condizionata la proposizione della
seconda, e cioè l’accettazione con beneficio d’inventario.
1.1.b).= Per altro, la Principe aveva interesse anche alla ricostruzione reale
dell’asse ereditario, prima ancora della divisone della comunione ereditaria,

perché, posto che l’eredità di Morelli Orlando, in assenza di testamento, era
devoluta per legge, i beni oggetto di donazione, in quanto effettuate nei
confronti dei figli, sarebbero ricadute, ai sensi dell’art. 737 e ss. cod. civ., in
collazione con tutte le conseguenze in ordine all’effettiva ricostituzione
dell’asse ereditario.
2.= Con il secondo motivo la ricorrente lamenta la violazione e falsa
4

/-37(

applicazione degli artt. 1422 cc., 2934 cc., 2935 cc. e 2946 cc (art. 360 n. 3
cpc.), nonché la contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della
controversia, sollevato dalla parte appellante principale (art. 360 n. 5 cpc.).
Erroneamente, secondo la ricorrente, la Corte romana avrebbe ritenuto di non
accogliere l’eccezione di prescrizione in relazione all’azione di simulazione

relativa spiegata dalla Principe in ordine all’inutile decorso del termine
ordinario dalla data dell’atto di disposizione per cui era causa, intervenuto il
19 maggio 1983, fino all’introduzione del presente giudizio avvenuta il 31
ottobre 1998. Specifica la ricorrente che “poiché nella specie, la domanda
della Principe era diretta unicamente all’accertamento della reale intenzione
delle parti con l’affermazione della validità tra le stese dell’ asserito contratto
di donazione quale negozio dissimulato è evidente come la stessa doveva
incorrere nell’operatività del termine prescrizionale ordinario.
2.1.= Il motivo è infondato e non può essere accolto perché correttamente la
Corte romana ha ritenuto che l’azione di simulazione relativa o assoluta,
essendo azione diretta a far dichiarare la nullità del negozio apparente, doveva
ritenersi imprescrittibile, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 1422 cc.
2.1.a).— Va qui precisato che l’azione di simulazione relativa, in quanto diretta
ad accertare la nullità del negozio simulato, è imprescrittibile (al pari della
cosiddetta azione di simulazione assoluta), ai sensi dell’art. 1422 cod. civ.,
potendo il decorso del tempo incidere solo indirettamente sulla proponibilità
di tale azione, nel senso che la prescrizione dei diritti che presuppongono
l’esistenza

del

negozio

dissimulato

può

far venir meno

l’interesse

all’accertamento della simulazione del negozio apparente. Per altro, che il
contratto simulato, sia nella simulazione relativa che in quella assoluta, sia un
5

P

contratto nullo è dato dal fatto che l’accordo simulatorio e, dunque, l’esistenza
della simulazione, priva il contratto apparente della causa e, pertanto di un
elemento essenziale del contratto. Per altro, anche l’interesse nascente dalla
collazione era imprescrittibile.
3.= Con il terzo motivo la ricorrente lamenta l’omessa motivazione circa un

punto decisivo della controversia, sollevato dalla parte appellante principale
(art. 360 n. 5 cpc.), nonché la nullità della sentenza e del procedimento (art.
360 n. 4 cpc.). Secondo la ricorrente la Corte romana avrebbe omesso di
esaminare l’eccezione con la quale la sig.ra Costa aveva lamentato che il
Tribunale avesse rilevato di ufficio la nullità del preteso contratto dissimulato,
pur in carenza di esplicita richiesta da avanzarsi da parte della Principe,
violando così il principio della domanda. A sostegno di quel motivo di
censura si era affermato che il Tribunale non aveva tenuto conto che il potere
del giudice di rilevare di ufficio la nullità o l’inesistenza di un contratto in
base all’art. 1421 cod. civ. andava coordinato con il principio della domanda
fissato dagli artt. 99 e 112 cpc. nel senso che solo se sia in contestazione
l’applicazione o l’esecuzione di un atto la cui validità rappresenti un elemento
costitutivo della domanda, il giudice possa rilevare in qualsiasi stato e grado
del giudizio indipendentemente dall’attività assertiva delle parti l’eventuale
nullità dell’atto. Epperò nel caso in esame essendo stata richiesta la
declaratoria di nullità dell’atto simulato e l’affermazione dell’efficacia di
quello dissimulato la nullità dell’atto dissimulato non poteva essere rilevata di
ufficio.
3.1.= Il motivo è infondato e non può essere accolto perché attraverso l’atto
introduttivo la Principe aveva chiesto al Tribunale di Viterbo che venisse

6

,

accertata la simulazione relativa al contratto di compravendita stipulato in
data 19 maggio 1983 tra Morelli Orlando, presunto alienante e Morelli Felice
e Morelli Alberto, presunti acquirenti, e che venisse verificata la validità della
dissimulata donazione. Pertanto, il Tribunale, prima e la Corte romana,
avrebbero potuto e avrebbe dovuto rilevare, anche di ufficio, la nullità della

dissimulata donazione di cui si dice.
3.1.a).= Va qui osservato che il principio della corrispondenza fra il chiesto ed
il pronunciato può ritenersi violato ogni qual volta il giudice, interferendo nel
potere dispositivo delle parti, alteri alcuno degli elementi obiettivi di
identificazione dell’azione (“petitum” e “causa petendi”), attribuendo o
negando ad uno dei contendenti un bene diverso da quello richiesto e non
compreso, nemmeno implicitamente o virtualmente, nell’ambito della
domanda o delle richieste delle parti. Di qui, la conseguenza che non incorre
nel vizio di ultrapetizione, il giudice che esamini una questione non
espressamente formulata, tutte le volte che questa debba ritenersi tacitamente
proposta, in quanto in rapporto di necessaria connessione con quelle
espressamente formulate.
4.= Con il quarto motivo la ricorrente denuncia la violazione e falsa
applicazione degli artt. 1415 e 2704 cc. (art. 360 n. 3 cpc.), nonché

l’insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della
controversia, sollevato dalla parte appellante principale (art. 360 n. 5 cpc.).
Secondo la ricorrente la Corte romana avrebbe erroneamente respinto

/1/

(7

l’eccezione

formulata

con

l’ultimo

motivo

di

appello

e

relativa

all’inopponibilità alla sig.ra Costa (attuale ricorrente) della scrittura privata
contenete la controdichiarazione atta a fornire la prova della simulazione del
7

contratto di compravendita per cui è causa, per il suo essere estranea, e,
comunque, terzo rispetto, all’accordo simulatorio. Chiarisce la ricorrente che
la controdichiarazione di cui si dice non era munita di alcuna data certa, in
quanto non registrata e non autentica da un Pubblico Ufficiale e in quanto non
,

sottoscritta da Morelli Orlando, pertanto, quella controdichiarazione non era

opponibile alla Costa. L’accoglimento di questa censura avrebbe comportato il
venir meno della prova della simulazione del contratto perché, essendo la
sig.ra Costa, terzo rispetto all’accordo simulatorio alla stessa la simulazione
doveva essere provata, ai sensi dell’art. 2704 cod. civ., soltanto per mezzo
della controdichiarazione.
4.1.= Il motivo è fondato e va accolto.
Va qui osservato che Costa Gioietta rispetto alla fattispecie simulatoria, cioè,
all’accordo intercorso tra il genitore alienante e i figli quali acquirenti era un
soggetto terzo, dato che non aveva preso parte al negozio simulato, né alla
controdichiarazione cc.dd. simulatoria, ma era portatrice di un interesse
autonomo e contrapposto a quello delle altre parti coinvolte nel medesimo
rapporto, collegato al fatto che l’accertamento della donazione avrebbe
comportato un depauperamento del patrimonio familiare, dato che, in
conseguenza di quell’accertamento, il bene sarebbe uscito dal patrimonio
,

familiare. Pertanto, la prova della simulazione parziale o totale del contratto
di cui si dice, al terzo Costa Gioietta, avrebbe dovuto essere data soltanto per
(y
mezzo della controdichiarazione anteriore o coeva all’atto simulato e la cui
data doveva essere certa ai sensi dell’art. 2704 cod. civ.

Epperò, nel caso in

esame la Corte territoriale non ha tenuto conto che Costa Gioietta fosse terzo
rispetto all’accordo simulatorio e che la controdichiarazione che riconosceva
8

,
la dissimulazione di una donazione, non solo non aveva data certa, né una
data certa era stata ricostruita anche per presunzioni, ma, era stata sottoscritta
solo dal marito della Costa e dal fratello, ma non anche dal de cuius, cioè dal
padre degli acquirenti. La Corte territoriale, dunque non avrebbe valutato né la

acquirente, rappresentata dai due fratelli) e non avente data certa, né se quella
dichiarazione fosse opponibile alla Costa.
In definitiva, va accolto il quarto motivo del ricorso e rigettati gli altri. La
sentenza impugnata va cassata e la causa rinviata ad altra Sezione della Corte
di Appello di f

v
nche per le spese del presente giudizio di cassazione .

,
t4

PQM
La Corte accoglie il quarto motivo del ricorso e rigetta gli altri. Cassa la
sentenza impugnata e rinvia la causa ad altra sezione della Corte di Appello di
…,,

anche per le spese del presente giudizio di cassazione.

r

;

Così deciso nella Camera di Consiglio della Seconda Sezione Civile della
Corte Suprema di Cassazione 1’11 dicembre 2013.

.0′

rilevanza del cc.dd. accordo simulatorio sottoscritto da una sola parte (la parte

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