Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3210 del 12/02/2014


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 3210 Anno 2014
Presidente: ODDO MASSIMO
Relatore: MANNA FELICE

SENTENZA
sul ricorso 8548-2008 proposto da:
GIRAUDO

ROBERTO

GRDRRT38E15D205M,

elettivamente

domiclitato in ROMA, VIA DELL’OCA 35, presso lo studio
dell’avvocato MILITO

PAGLIARA, rappresentato

e difeso

dall’avvocato FERRONI FRANCESCO;
– ricorrente 2013
2598

contro

GUERRINA PATRIZIA GRRPRZ51T43A182K,

elettivamente

domiciliata in ROMA, VIALE G. MAZZINI 13, presso lo
studio dell’avvocato PARLATORE ANDREA, rappresentata e
difesa dall’avvocato BERARDI LUIGI;

Data pubblicazione: 12/02/2014

- con troricorrente nonchè contro
GIRARDON GEORGES ALEXIS;

intimato

avverso la sentenza n. 225/2007 della CORTE D’APPELLO

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 11/12/2013 dal Consigliere Dott. FELICE
MANNA;
udito

l’Avvocato ROSANNA SERAFINI,

dell’Avvocato

FRANCESCO

FERRONI

con delega
difensore

del

ricorrente, che si riporta agli atti depositati;
udito l’Avvocato ANDREA PARLATORE,
dell’Avvocato

LUIGI

BERARDI

con delega

difensore

della

resistente, che ha chiesto il rigetto del ricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. VINCENZO GAMBARDELLA che ha concluso
per il rigetto del ricorso.

di BOLOGNA, depositata il 13/02/2007;

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Roberto Giraudo conveniva in giudizio innanzi al Pretore di Ferrara
Patrizia Guerrina per sentirla condannare al pagamento della somma di lire
5.000.000, quale residuo prezzo di vendita di un cavallo addestrato per l’alta

riconvenzionale di risoluzione per vizio redibitorio, consistente in una non
curabile zoppia dell’animale dovuta ad una pregressa frattura. Di riflesso,
chiamava in causa il mediatore, Georges Girardon, nei cui confronti
domandava il risarcimento dei danni.
Il Tribunale di Ferrara (la cui competenza era sopravvenuta ai sensi del
D.Lgs. n. 51/98) accoglieva la domanda principale e rigettava quella
riconvenzionale nonché quella avanzata nei confronti del terzo chiamato.
Tale sentenza era riformata dalla Corte d’appello di Bologna, che
accoglieva invece la domanda riconvenzionale e rigettava quella principale,
confermando sc:c il rigetto della pretesa azionata verso Georges Girardon.
Per quanto ancora rileva in questa sede di legittimità, la Corte territoriale,
premesso che nella vendita di un equino il vizio redibitorio non può rinvenirsi
in una mera andatura claudicante, eventualmente di natura transitoria, ma in
una lesione insanabile che renda il cavallo assolutamente inidoneo all’uso cui
è normalmente destinato, rilevava che nella specie tale vizio non era
conosciuto né facilmente conoscibile al momento della vendita. Osservava,
quindi, che dagli accertamenti effettuati dal c.t.u. era emerso che il cavallo era
stato sottoposto a due serie di radiografie, nel novembre 1994 e nel marzo
1995, da cui era emersa una lesione estremamente evidente e di certa gravità,
la cui evoluzione aveva richiesto almeno tre mesi dalla noxa iniziale per
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scuola. Nel resistere in giudizio la convenuta proponeva domanda

raggiungere l’aspetto evidenziato nelle prime radiografie. Tale patologia
derivava, in particolare, da una vecchia frattura, che a causa di un’inadeguata
terapia aveva comportato gravi fatti degenerativi. Concludeva, pertanto, nel
senso che la piena conoscenza del vizio, nei suoi aspetti eziologici ed

15.11.1994, in difetto delle quali il vizio, non facilmente riconoscibile, non
poteva essere valutato a pieno. Infine, sulla base della deposizione del teste
Ravaioli, collocava nell’autunno del 1994 le rimostranze della Guerrina verso
il venditore e il mediatore.
Per la cassazione di tale sentenza Roberto Giraudo propone ricorso affidato
a due motivi.
Resiste con controricorso Patrizia Guerrina.
Georges Girardon è rimasto intimato.

MOTIVI DELLA DECISIONE
1.

Col primo motivo d’impugnazione il ricorrente deduce la violazione e

falsa applicazione dell’art. 1495 c.c. e la contraddittorietà della motivazione
circa un punto (rectius, fatto) controverso e decisivo.
Sostiene parte ricorrente che la Corte territoriale è incorsa in una palese
contraddizione, lì dove ha affermato che la scoperta del vizio risale al 15
novembre 1994, mentre la denuncia di esso, ricavata dalla deposizione del
teste Ravaioli, risalire al mese di ottobre del medesimo anno, e dunque
sarebbe addirittura anteriore alla scoperta.
Formula al riguardo il seguente quesito di diritto ai sensi dell’art. 366-bis
c.p.c., applicabile ratione temporis alla fattispecie: “dica la Suprema Corte se,
a norma dell’art. 1495 c.c., la denuncia dei vizi possa avvenire in data
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invalidanti, si era avuta con l’esecuzione delle prime radiografie il

antecedente la relativa scoperta, come ritenuto nell’impugnata sentenza, e se
sulla base delle risultanze istruttorie possa ritenersi rispettato il tzrmine di cui
all’art. 1495 c.c.”.
2. – Il secondo motivo denuncia l’omessa o insufficiente motivazione circa

falsa applicazione degli artt. 1490, 1491 e 1492 c.c.
Parte ricorrente lamenta che la Corte distrettuale si sia limitata a motivare
sulla tempestività della denuncia, ma non sull’effettiva esistenza del vizio
(insufficienti e contestati gli accertamenti tecnici), sulla sua natura redibitoria
e sulla sua facile riconoscibilità, che 2i sensi dell’art. 1491 c.c. esclude la
garanzia dell’art. 1490 c.c.
Segue il quesito: “dica la Corte se la Corte d’appello di Bologna era tenuta
nel caso di specie ad accertare la sussistenza dei presupposti per la risoluzione
del contratto di cui agli artt. 1490 e 1492 c.c. e se sussistevano nel contempo i
presupposti per la garanzia di cui all’art. 1491 c.c.”.
3. – I quesiti di diritto formulati a corredo dei motivi sono inammissibili; ed
entrambe le censure di vizio motivazionale non hanno pregio.
3.1. – Il quesito di diritto, prescritto dall’art.366-bis c.p.c., assolve la
funzione di collegare alla fattispecie concreta una regula iuris non solo
alternativa a quella enunciata (anche solo in via implicita) nella sentenza
impugnata, ma anche potenzialmente valevole per una pluralità di casi simili,
di modo che con un’unica operazione di logica giuridica sia affermato lo ius

litigatoris ed esercitata l’attività nomofilattica propria della Corte di
cassazione. La proposta di una tesi giuridica diversa da quella fatta propria dal
giudice di merito e l’imprescindibile saldatura tra l’una e l’altra delle anzi
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un punto (rectius, fatto) decisivo della controversia, nonché la violazione e

dette funzioni del giudizio di legittimità, determinano una duplice
conseguenza. La prima è che la fattispecie concreta su cui s’innesta il quesito
deve corrispondere a quella ricostruita e ritenuta per vera dal giudice di
merito, e non già a quella favorevole all’interesse e alle aspettative della parte

non pertinenza della critica alla ratio decidendi della sentenza impugnata e, in
definitiva, l’inammissibilità della censura per difetto del requisito di
specificità che si enuclea dall’art.366, n.4 c.p.c. La seconda è che il quesito
posto alla Corte di cassazione deve essere di senso giuridico compiuto, per cui
non è lecito — sostituiti ai fatti accertati dal giudice quelli dedotti dalla parte,
ed opportunamente adattata la forma dell’interpello — proporre interrogativi
ovvi o apparenti o puramente retorici (ad esempio perché meramente
descrittivi di uiz… norma o di un principio neppure discusso nella sentenza
impugnata), ovvero consistenti in affermazioni incongrue o contraddittorie,
così da imporre una soluzione a rima obbligata (cfr., in motivazione, Cass. n.
479/13, non massimata).
3.1.1. – Quanto al primo motivo va ulteriormente osservato che il termine
di decadenza di cui all’art. 1495 c.c. per la denunzia dei vizi della cosa
venduta, pur dovendo essere riferito alla semplice manifestazione del vizio e
non già all’individuazione della sua causa, decorre solo dal momento in cui il
compratore abbia acquisito la certezza oggettiva dell’esistenza del vizio, con
la conseguenza che ove la scoperta avvenga per gradi ed in tempi diversi e
successivi, in modo da riverberarsi sull’entità del vizio stesso, occorre fare
riferimento al momento in cui si sia completata la relativa scopeita (Cass. nn.
9515/05, 12011/97 e 1458/94).
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ricorrente; pena l’alterazione logica del primo dei due termini di paragone, la

Ciò premesso sulla decorrenza del termine, va osservato che nel caso di
conoscenza progressiva del vizio della res vendita l’onere della denuncia,
essendo prescritto nell’interesse del venditore, ben può essere assolto in via
anticipata, cioè non appena l’acquirente venga a conoscenza del vizio stesso e

E’ tutt’altro che illogico o contraddittorio, pertanto, ritenere — come nella
specie — che la contestazione sia stata efficacemente manifestata nel lasso
temporale compreso fra la scoperta e la definitiva prova dell’inidoneità
dell’animale all’uso negoziato e delle relative cause.
3.1.2. – Il secondo motivo, infine, altera il senso e il contenuto della
decisione impugnata.
La Corte territoriale, infatti, ha motivato proprio sulla natura redibitoria del
vizio (v. la premessa a pag. 10 della sentenza impugnata: “Va osservato in
proposito che il vizio di natura redibitoria …”), e all’esito della ricostruzione
storica dei fatti, nei quali si parla di gravità della lesione subita in passato dal
cavallo, ha concluso espressis verbis sulla idoneità del vizio a fondare la
domanda di risoluzione del contratto, considerata la destinazione dell’animale
all’equitazione (v. pag. 13 della sentenza). Non senza aver fatto precedere tale
giudizio finale dall’affermazione della non facile riconoscibilità del vizio, che
aveva infatti richiesto appositi accertamenti radiografici di conferma (v. pag.
12).
4. – In conclusione il ricorso va respinto.
5. – Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza della
parte ricorrente.
P. Q. M.
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prima che egli ne tragga definitiva conferma tramite gli accertamenti del caso.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente alle spese, che
liquida in € 2.700,00, di cui 200,00 per esborsi, oltre IVA e CPA come per
legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda sezione civile

della Corte Suprema di Cassazione, 1’11.12.2013.

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