Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 32097 del 12/12/2018

Cassazione civile sez. trib., 12/12/2018, (ud. 17/10/2018, dep. 12/12/2018), n.32097

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –

Dott. VENEGONI Andrea – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18876-2012 proposto da:

C.V. SRL, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DI S.

COSTANZA 46, presso lo studio dell’avvocato LUIGI MANCINI,

rappresentato e difeso dall’avvocato EDOARDO SABBATINO;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

e contro

AGENZIA DELLE ENTRATE DIREZIONE PROVINCIALE DI NAPOLI;

– intimata –

avverso la sentenza n. 332/2011 della COMM.TRIB.REG. di NAPOLI,

depositata il 21/09/2011;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

17/10/2018 dal Consigliere Dott. VENEGONI ANDREA.

Fatto

CONSIDERATO

CHE:

La CTR della Campania, in riforma della sentenza di primo grado, accoglieva l’appello dell’ufficio in merito all’avviso di accertamento relativo all’anno 2003, notificato alla società C.V. srl, in cui erano recuperati, ai fini irpeg, irap ed iva, costi ritenuti indeducibili.

La CTR riteneva l’accertamento sufficientemente motivato e riteneva correttamente assunto l’onere probatorio da parte dell’ufficio, rilevando l’assenza di prova contraria da parte del contribuente.

Per la cassazione di tale sentenza ricorre la società C.V. srl sulla base di due motivi.

Resiste l’ufficio con controricorso.

Diritto

RITENUTO

CHE:

Con il primo motivo la società deduce violazione e/o falsa applicazione della norma contenuta nell’art. 2697 c.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3.

La CTR avrebbe errato nel considerare sufficiente la motivazione per relationem dell’accertamento, che faceva direttamente rinvio al processo verbale di constatazione della Guardia di Finanza, non prodotto in giudizio.

Il motivo è infondato.

Lo stesso appare, infatti, basato sul fatto che il processo verbale di constatazione, cui fa riferimento l’avviso di accertamento, non è stato prodotto in giudizio, e non sul fatto che il contribuente non ne ha mai avuto conoscenza.

In quanto tale, l’accertamento non è in violazione del principio del contraddittorio, ricorrendo tale ipotesi solo se il contribuente non avesse avuto contezza del contenuto del processo verbale richiamato per relationem.

Si veda, sul punto, sez. 5, n. 407 del 2015 (Rv. 634243 – 01), relativa ad un caso in cui l’avviso di accertamento era stato motivato con riferimento ad un processo verbale di constatazione, precedentemente consegnato in copia previa sottoscrizione, secondo cui L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 7, comma 1, nel prevedere che debba essere allegato all’atto dell’Amministrazione finanziaria ogni documento richiamato nella motivazione di esso, non trova applicazione per gli atti di cui il contribuente abbia già avuto integrale e legale conoscenza per effetto di precedente comunicazione.

In senso analogo Sez. 6 – 5, ord. n. 29002 del 2017 (Rv. 646527 – 01), secondo cui:

In tema di atto impositivo, ai fini dell’ammissibile motivazione “per relationem” è sufficiente il rinvio dell’avviso di accertamento al p.v.c. notificato al contribuente.

Nella specie, come detto, il contribuente non ha eccepito in ricorso di non avere mai avuto conoscenza del processo verbale, anche nella fase pre-contenziosa, per cui ciò compromette la fondatezza del motivo.

Oltre a ciò, la CTR in motivazione dà atto del fatto che il contribuente ha potuto rendersi conto specificamente degli elementi contestati, in particolare delle fatture contestate e del motivo per cui i relativi costi non sono stati ritenuti deducibili, per cui non emerge alcuna violazione del principio del contraddittorio.

Quanto alla legittimità della motivazione per relationem in sè, questa Corte ha avuto modo di affermare che:

la motivazione “per relationem”, con rinvio alle conclusioni contenute nel verbale redatto dalla Guardia di Finanza nell’esercizio dei poteri di polizia tributarla, non è illegittima, per mancanza di autonoma valutazione da parte dell’Ufficio degli elementi da quella acquisiti, significando semplicemente che l’Ufficio stesso, condividendone le conclusioni, ha inteso realizzare una economia di scrittura che, avuto riguardo alla circostanza che si tratta di elementi già noti al contribuente, non arreca alcun pregiudizio al corretto svolgimento del contraddittorio. (sez. 5, n. 30560 del 2017 (Rv. 646303 – 01).

Con il secondo motivo il contribuente deduce violazione del disposto di cui all’art. 132 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, per difetto di motivazione della sentenza impugnata in ordine alla motivazione dell’accertamento, essendosi la CTR limitata ad affermare la sufficiente motivazione di quest’ultimo, per quanto gli elementi cui esso faceva riferimento fossero contenuti nel processo verbale di constatazione non prodotto in giudizio.

Il motivo è infondato.

Nella specie, va osservato che la sentenza impugnata non si è limitata genericamente ad affermare che l’accertamento è sufficientemente motivato, ma ha dato conto, sebbene sinteticamente, delle ragioni che la hanno indotta a giungere a tale conclusione.

Ha, infatti, evidenziato che l’accertamento riporta puntualmente l’elencazione delle fatture in relazione alle quali sono avvenute le valutazioni di non inerenza, le ragioni dell’esclusione di esse in quanto attinenti a lavori in locali che non apparivano di proprietà o in uso alla società, o su cantieri indicati in maniera troppo generica, oppure riguardanti beni non rinvenuti nella società o ritenuti di utilizzo personale, concludendo nel senso che la società ha avuto modo di rendersi conto di quali fossero le fatture contestate e delle ragioni della non deducibilità dei relativi costi.

Una simile motivazione, per quanto succinta, dà però pienamente conto del ragionamento seguito, partendo dagli elementi fattuali, per giungere alla decisione. Non integra, di conseguenza, la violazione contestata.

Il ricorso deve, pertanto, essere respinto.

Le spese di questo giudizio, seguendo la soccombenza, sono a carico del ricorrente e, sulla base del valore della causa, si liquidano in Euro 2.300, oltre spese prenotate a debito.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali di questo giudizio, liquidate in Euro 2.300, oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 17 ottobre 2018.

Depositato in Cancelleria il 12 dicembre 2018

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