Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 32097 del 09/12/2019

Cassazione civile sez. VI, 09/12/2019, (ud. 12/09/2019, dep. 09/12/2019), n.32097

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20941-2018 proposto da:

C.A.M., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato

ERNESTO PISCOPO;

– ricorrente –

contro

M.E., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

DELL’ELETTRONICA 20, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE PIERO

SIVIGLIA, rappresentata e difesa dall’avvocato VINCENZO ESPOSITO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1738/2018 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 10/05/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 12/09/2019 dal Consigliere Relatore Dott. GABRIELE

POSITANO.

Fatto

RILEVATO

che:

con atto di intimazione di sfratto per morosità e contestuale citazione per la convalida, M.E., sulla base del contratto stipulato il 30 giugno 2018, intimava alla conduttrice, C.A.M., lo sfratto per morosità, deducendo il mancato versamento dei canoni relativi ad alcune mensilità dell’anno 2015 per l’ammontare di Euro 2.478. All’esito della notifica del ricorso, la conduttrice versava la somma relativa al canone di locazione di tre mensilità dell’anno 2015 con assegni postali del 12 e 13 ottobre 2015. Si costituiva davanti al Tribunale di Avellino precisando di avere pagato, in contanti e con assegno, gli importi relativi ad alcune mensilità, consegnando talvolta le somme alla locatrice, altre volte collocandole nella cassetta postale della stessa;

il Tribunale di Avellino con sentenza n. 1087 del 2017 dichiarava l’inadempimento della C. e la risoluzione del contratto di locazione ritenendo non provato il pagamento dei canoni di febbraio e marzo 2015, attesa la genericità delle dichiarazioni rese dai testi escussi. In ogni caso, il pagamento dei canoni a mezzo di vaglia postale non costituiva una modalità di pagamento idonea;

avverso tale decisione proponeva appello C.A.M. deducendo l’errore compiuto dal primo giudice nel ritenere generiche ed inattendibili le dichiarazioni testimoniali relative al pagamento dei canoni ed errata la valutazione sulla gravità dell’inadempimento. Si costituiva M.E. chiedendo il rigetto del gravame;

la Corte d’Appello di Napoli, con sentenza del 10 maggio 2018, rigettava l’appello condannando la C. al pagamento delle spese di lite;

avverso tale decisione quest’ultima propone ricorso per cassazione affidandosi ad un motivo, illustrato con memoria. Resiste con controricorso M.E..

Diritto

CONSIDERATO

che:

con l’unico motivo si deduce l’errata interpretazione e applicazione degli artt. 1453 e 1455 c.c., in tema di risoluzione contrattuale per gravità dell’inadempimento, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3. Dalle risultanze processuali sarebbe emerso che la conduttrice aveva sempre pagato il canone per 12 anni e, prima del pagamento a mezzo bonifico, il sistema era quello del pagamento in contanti, con consegna del denaro alla locatrice o ai familiari di questa. Pertanto, la Corte avrebbe violato la regola della proporzionalità nel valutare la gravità dell’inadempimento rispetto all’economia del rapporto. Inoltre, l’adempimento tardivo delle prestazioni scadute, anche nei rapporti obbligatori a prestazioni periodiche, impedirebbe la risoluzione del rapporto. Alla luce di quanto precede il giudice di appello avrebbe dovuto escludere la sussistenza di un inadempimento grave;

la censura riguarda la valutazione della gravità dell’inadempimento che costituisce un giudizio di fatto espresso dal giudice di merito e non sindacabile in sede di legittimità. Peraltro, il profilo dell’assenza di proporzionalità si fonda su una ricostruzione alternativa dei fatti basata su una diversa ricostruzione della vicenda, richiedendo alla Corte di operare una inammissibile nuova valutazione dei mezzi istruttori per riconoscere che la conduttrice avrebbe sempre pagato il canone, oltre che con bonifico, anche consegnando denaro contante direttamente alla locatrice o ai suoi familiari. Si tratta di profili non valutabili in sede di legittimità e privi delle necessarie allegazioni e non superati dalle considerazioni espresse da ultimo nella memoria della ricorrente;

ne consegue che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile; le spese del presente giudizio di cassazione – liquidate nella misura indicata in dispositivo – seguono la soccombenza. Infine, va dato atto – mancando ognidiscrezionalità al riguardo (tra le prime: Cass. 14/03/2014, n. 5955; tra molte altre: Cass. Sez. U. 27/11/2015, n. 24245) – della sussistenza in ragione del tenore della decisione presupposti per l’applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 comma 1-quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, in tema di contributo unificato per i gradi o i giudizi di impugnazione e per il caso di reiezione integrale, in rito o nel merito.

PQM

dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese in favore della controricorrente, liquidandole in Euro 1.500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge, con distrazione in favore del difensore antistatario.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, da atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dell’art. 13 cit., comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sesta Sezione Civile-3, il 12 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 9 dicembre 2019

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