Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 32094 del 09/12/2019

Cassazione civile sez. VI, 09/12/2019, (ud. 12/09/2019, dep. 09/12/2019), n.32094

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 15687-2018 proposto da:

G.S. nella qualità di Amministratrice di sostegno di

M.A., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato

DARIO VISCONTI;

– ricorrente –

contro

M.M.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 2022/2017 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,

depositata il 07/11/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 12/09/2019 dal Consigliere Relatore Dott. GABRIELE

POSITANO.

Fatto

RILEVATO

che:

M.M. evocava in giudizio M.A. deducendo di avere rilasciato al convenuto, nella qualità di avvocato, due procure speciali per la vendita di altrettanti immobili e che lo stesso aveva indebitamente trattenuto il prezzo incassato con le vendite. Per tale motivo chiedeva la condanna del convenuto al pagamento la somma di Euro 150.000 a titolo di rimborso. Si costituiva il professionista eccependo l’inammissibilità della domanda poichè l’attrice non avrebbe individuato sulla base di quale diritto rivendicasse le somme richieste, nè quale fosse l’oggetto della domanda. In ogni caso chiedeva consulenza medico-legale al fine di stabilire se l’attrice fosse in grado di intendere e di volere. In corso di causa il nuovo difensore del convenuto deduceva, al contrario, l’evidente incapacità del proprio assistito;

il Tribunale dell’Aquila con sentenza del 7 ottobre 2016 accoglieva la domanda rigettando l’istanza di rimessione in termini formulata dal nuovo difensore del convenuto in ragione delle condizioni di salute del proprio assistito. Il Tribunale rilevava che l’attrice aveva dimostrato di avere conferito due procure speciali a vendere e che gli immobili erano stati trasferiti, con i relativi atti pubblici, in data 6 ottobre 2004 e 14 settembre 2007, per la somma complessiva di Euro 150.000, corrisposta dagli acquirenti al convenuto, nella qualità di procuratore speciale dell’attrice;

avverso tale decisione proponeva appello il Moscardelli, con atto notificato il 5 novembre 2016, ritenendo non condivisibile la decisione, perchè il professionista avrebbe svolto la propria difesa in maniera confusa, a causa delle compromesse condizioni di salute. Si tratterebbe di atti che, in quanto tali, avrebbero potuto essere annullati. Nel merito, rilevava l’inammissibilità della domanda introduttiva perchè priva di causa petendi e per la mancanza di un mandato specifico conferito all’appellante. Concludeva per l’annullamento della sentenza di primo grado per difetto della piena capacità di agire, da accertarsi a mezzo di consulenza tecnica, e, in via subordinata, la revoca della decisione impugnata e il rinnovo dell’attività istruttoria. L’appellata non si costituiva;

con sentenza del 7 novembre 2017 la Corte d’Appello dell’Aquila rigettava l’impugnazione;

avverso tale decisione propone ricorso per cassazione M.A., affidandosi a due motivi che illustra con memoria. La parte intimata non svolge attività neppure in questa sede.

Considerato che:

con il primo motivo si deduce la nullità della sentenza o del procedimento, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4, attesa l’incapacità di agire dell’avvocato M.A.. Tale condizione emergerebbe dall’esame delle sentenze di merito e sarebbe attestata da certificazione medica del 15 dicembre 2011;

con il secondo motivo si lamenta l’insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, avendo la Corte d’Appello omesso ogni decisione riguardo alla richiesta di consulenza medica, tesa ad acclarare la condizione di infermità del convenuto. La Corte si sarebbe limitata a dedurre che l’appellante non aveva “indicato quali attività intenderebbe compiere, che furono precluse al suo assistito, per tale stato di salute”;

il ricorso è inammissibile. La notifica del ricorso per cassazione eseguita a mezzo PEC presso il difensore della parte non costituita in appello, ma da esso rappresentata solo in primo grado, è nulla (Cass. SSUU n. 14594 del 2016) ed il ricorso è tardivo, perchè non è stata fatta nuova richiesta o nuova notificazione nel termine pari alla metà di quello di impugnazione ordinario. Le deduzioni oggetto della memoria sul punto riguardano profili fattuali (il difensore avrebbe continuato a rappresentare la parte anche dopo la decisione impugnata) e non possono essere prese in considerazione;

a prescindere da ciò, il primo motivo è dedotto in violazione l’art. 366 c.p.c., n. 6, non trascrivendo, allegando o comunque documentando gli atti processuali dai quali emergerebbe l’incapacità di agire del professionista. Nello stesso modo, il riferimento alla certificazione medica del 15 dicembre 2011 è privo dell’indicazione della fase processuale nella quale tale documento

sarebbe stato ritualmente sottoposto al giudice di merito;

il secondo motivo è inammissibile per le medesime ragioni non avendo parte ricorrente documentato di avere sottoposto al giudice di appello la specifica richiesta di consulenza medico legale. La censura, che non pare riferirsi all’ipotesi ex art. 360 c.p.c., n. 5 (consistendo sostanzialmente in una omessa pronuncia ex art. 112 c.p.c.) manca della trascrizione dei motivi di appello. Tra quelli indicati nella premessa del ricorso non compare la richiesta specifica. In ogni caso, la censura non si confronta con la decisione della Corte d’Appello che ha ritenuto di non disporre un accertamento medico attesa la mancata specifica individuazione delle attività che sarebbero state compromesse in primo grado e che la parte, ove diversamente assistita, avrebbe potuto espletare;

ne consegue che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile; nulla per le spese perchè la parte intimata non ha svolto attività processuale in questa sede;

infine, va dato atto – mancando ogni discrezionalità al riguardo (tra le prime: Cass. 14/03/2014, n. 5955; tra molte altre: Cass. Sez. U. 27/11/2015, n. 24245) – della sussistenza, in ragione del tenore della decisione, dei presupposti per l’applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, in tema di contributo unificato per i gradi o i giudizi di impugnazione e per il caso di reiezione integrale, in rito o nel merito.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso. Nulla per le spese. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, da atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sesta Sezione Civile-3, il 12 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 9 dicembre 2019

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