Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 32093 del 12/12/2018

Cassazione civile sez. trib., 12/12/2018, (ud. 13/11/2018, dep. 12/12/2018), n.32093

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina A.P. – Consigliere –

Dott. FEDERICI Francesco – Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso n. 27872-2012 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona dei Direttore p.t., elettivamente

domiciliata in ROMA, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che

la rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente –

contro

VILLA GUERRA S.r.l., in persona del legale rappresentante p.t.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 179/2010 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della CAMPANIA, depositata il 17 aprile 2012, non

notificata;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 13

novembre 2018 dal Consigliere Dott.ssa ANTONELLA DELL’ORFANO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale ZENO

IMMACOLATA che ha concluso per l’accoglimento del terzo e del quarto

motivo di ricorso;

udito per la ricorrente l’Avvocato dello Stato GIAMMARIO ROCCHITTA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con sentenza del 17 aprile 2012 la Commissione Tributaria Regionale della Campania ha respinto l’appello proposto dall’Ufficio avverso la sentenza n. 179/30/2011 della Commissione Tributaria Provinciale di Napoli, che aveva accolto il ricorso proposto dalla Villa Guerra S.r.l. avverso avviso di accertamento IRES IRAP ed IVA con il quale erano stati accertati, per l’anno di imposta 2004, ricavi non dichiarati, maggior reddito d’impresa e volume di affari IVA, ed acquisti in nero, pari a prelevamenti non giustificati, applicando altresì sanzioni amministrative pecuniarie.

Avverso la sentenza della CTR ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle Entrate, affidato a quattro motivi.

Con il primo motivo ha denunciato ” insufficiente ed illogica motivazione su fatti controversi e decisivi della causa”.

Con il secondo motivo ha denunciato, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, ” violazione e falsa applicazione dell’art. 83 c.p.c.”.

Con il terzo motivo ha denunciato, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, ” violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 53″.

Con il quarto motivo ha denunciato, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, “motivazione insufficiente su fatti controversi e decisivi della causa”.

La società contribuente è rimasta intimata.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.1. Con i primi due motivi, che possono congiuntamente esaminarsi in quanto strettamente connessi, si lamenta che la CTR avrebbe erroneamente respinto l’eccezione di inammissibilità del ricorso introduttivo per difetto di procura, pur in mancanza di collegamento tra il soggetto che aveva rilasciato la procura ed la società ricorrente.

1.2. Il motivo è infondato, avendo la CTR deciso sul punto conformemente al principio espresso da Cass. S.U. 4810/2005secondo cui l’illeggibilità della firma del conferente la procura alla lite, apposta in calce od a margine dell’atto con il quale sta in giudizio una società esattamente indicata con la sua denominazione, è irrilevante, non solo quando il nome del sottoscrittore risulti dal testo della procura stessa o dalla certificazione d’autografia resa dal difensore, ovvero dal testo di quell’atto, ma anche quando detto nome sia con certezza desumibile dall’indicazione di una specifica funzione o carica, che ne renda identificabile il titolare per il tramite dei documenti di causa o delle risultanze del registro delle imprese.

1.3. Nel caso di specie il nominativo del legale rappresentante della società contribuente, che ha conferito la procura a margine del ricorso introduttivo, risultava chiaramente dall’intestazione del ricorso (trascritta dall’Agenzia), non assumendo alcun rilievo il mero errore materiale in cui si era incorsi nell’intestazione, indicando io stesso come “difensore” e non come legale rappresentante della società Villa Guerra S.r.l., e nella procura alle liti, laddove era stato indicata la denominazione della società San Felice S.r.l.

2.1. Con il terzo ed il quarto motivo, che possono parimenti esaminarsi contestualmente, l’Agenzia ricorrente lamenta che, erroneamente e senza adeguata motivazione, la CTR abbia affermato che la prova presuntiva, offerta dall’Ufficio attraverso le risultanze dei conti bancari intestati all’amministratore della società, relativa a versamenti e prelevamenti non dichiarati, potesse essere superata mediante la mera produzione di un prospetto contabile da parte del contribuente.

2.2. Sul punto si richiama l’orientamento della Corte (cfr. Cass. nn. 15857/2016, 26111/2015), secondo cui, in tema di accertamento delle imposte sui redditi, qualora l’accertamento effettuato dall’ufficio finanziario si fondi su verifiche di conti correnti bancari, l’onere probatorio dell’Amministrazione è soddisfatto, secondo il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32,attraverso i dati e gli elementi risultanti dai conti predetti, determinandosi un’inversione dell’onere della prova a carico del contribuente, il quale deve dimostrare, con una prova non generica ma analitica per ogni versamento bancario, che gli elementi desumibili dalla movimentazione bancaria non sono riferibili ad operazioni imponibili.

2.3. Ai fini di cui trattasi, la prova liberatoria non può essere, quindi, generica ma deve essere analitica con indicazione specifica della riferibilità di ogni versamento bancario, in modo da dimostrare come ciascuna delle operazioni effettuate sia estranea a fatti imponibili; ne consegue, nel caso di specie, che competeva al contribuente provare analiticamente che le somme presenti sui conti bancari dell’amministratore della società non costituissero materia imponibile, prova liberatoria che invece non è stata fornita, essendosi limitata la società a produrre un prospetto contabile delle operazioni di versamento e di prelievo, con riguardo al quale la CTR non ha dato affatto conto dell’analitica indicazione delle suddette operazioni, e che in ogni caso risulta inidoneo a costituire valida prova contraria, trattandosi di documentazione proveniente dalla stessa parte ricorrente.

3.1. Considerato che la sentenza impugnata non si è uniformata ai suddetti principi, pienamente condivisi dal Collegio ed applicabili nella fattispecie, il ricorso per cassazione in esame deve essere parzialmente accolto come sopra indicato e la sentenza impugnata deve essere cassata, con rinvio al Giudice competente che, in diversa composizione, procederà a nuovo esame in conformità agli enunciati principi di diritto e regolerà anche le spese dell’odierno giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il terzo ed il quarto motivo di ricorso; rigetta il primo ed il secondo motivo di ricorso; cassa la sentenza impugnata in relazione ai mezzi accolti e rinvia la causa, anche per le spese, alla Commissione Tributaria Regionale della Campania, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Tributaria della Corte di Cassazione, il 13 novembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 12 dicembre 2018

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