Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3209 del 09/02/2011

Cassazione civile sez. I, 09/02/2011, (ud. 26/01/2011, dep. 09/02/2011), n.3209

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente –

Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – Consigliere –

Dott. DIDONE Antonio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 2088-2010 proposto da:

F.G. ((OMISSIS)) elettivamente domiciliato in

ROMA, PIAZZA DEL POPOLO 18, presso lo studio dell’avvocato FRISANI

PIETRO L., che lo rappresenta e difende, giusta procura speciale in

calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE in persona del Ministro pro-

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende, ope legis;

– resistente –

avverso il decreto n. 50/08 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA del

12.3.09, depositato il 18/03/2009;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

26/01/2011 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIO DIDONE.

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. IGNAZIO

PATRONE.

Fatto

RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO

p. 1.- La relazione depositata ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. è del seguente tenore: “1.- Con decreto depositato il 18.3.2009 la Corte di appello di Venezia ha accolto la domanda di equa riparazione ai sensi della L. n. 89 del 2001 proposta contro il Ministero dell’Economia e delle Finanze da F.G. in relazione alla durata irragionevole di un procedimento instaurato (unitamente ad altri ricorrenti) dinanzi alla Corte dei Conti – sez. giurisdizionale per il Veneto – in data 20.10.1997 e definito con sentenza del 28.3.2007, avente ad oggetto la richiesta di riliquidazione della pensione.

La Corte di merito ha determinato in tre anni la durata ragionevole del processo e, per il ritardo di sei anni e cinque mesi, ha liquidato a titolo di indennizzo per danno non patrimoniale, la somma di Euro 3.200,00 in favore del ricorrente, tenuto conto della posta in gioco e della natura collettiva del ricorso, compensando per metà le spese processuali.

Contro il decreto l’attore ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi.

Il Ministero intimato non ha notificato controricorso.

2.1.- Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione della L. n. 89 del 2001, art. 3, comma 3, art. 6 p. 1 CEDU in relazione all’art. 2056 cod. civ. e formula il quesito: “se la Corte territoriale sia incorsa in violazione della L. n. 89 del 2001, art. 2 e dell’art. 6 par. 1 CEDU in relazione all’art. 2056 c.c. nel decreto impugnato, determinando l’entità del risarcimento del danno morale da eccessiva durata del processo nella somma di Euro 3.200,00 in considerazione della modestia della posta in gioco e del carattere collettivo del ricorso, precisando, altresì, se detta liquidazione sia conforme ai criteri di liquidazione del quantum individuati dalla CEDU”.

2.2.- Con il secondo motivo il ricorrente denuncia vizio di motivazione in relazione all’entità del danno liquidato.

3.- Il ricorso appare manifestamente fondato.

Infatti, secondo la giurisprudenza della S.C., la presunzione di danno non patrimoniale notoriamente connessa a situazioni soggettive provocate da un giudizio durato troppo a lungo, la cui connotazione in termini di irragionevolezza è, potrebbe dirsi, ancor più inarcata in presenza di domande palesemente infondate e, come tali, suscettibili di immediata risoluzione, non può essere superata, tra l’altro, dalla “circostanza che il ricorso amministrativo, inerente a rivendicazioni di categoria” sia “stato proposto da una pluralità di attori”, considerato che “la proposizione di un ricorso in forma collettiva e indifferenziata non equivale certamente a trasferire sul “gruppo”, come entità amorfa, e quindi a neutralizzare situazioni di angoscia o patema d’animo riferibili specificamente a ciascun singolo consorte in lite” (Sez. 1, Sentenza n. 27610 del 2008). In proposito va ricordato che ai fini della liquidazione dell’indennizzo del danno non patrimoniale conseguente alla violazione del diritto alla ragionevole durata del processo, ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89, l’ambito della valutazione equitativa, affidato al giudice del merito, è segnato dal rispetto della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo, per come essa vive nelle decisioni, da parte della Corte Europea dei diritti dell’uomo, di casi simili a quello portato all’esame del giudice nazionale, di tal che è configurabile, in capo al giudice del merito, un obbligo di tener conto dei criteri di determinazione della riparazione applicati dalla Corte Europea, pur conservando egli un margine di valutazione che gli consente di discostarsi, purchè in misura ragionevole, dalle liquidazioni effettuate da quella Corte in casi simili” (Sez. U, Sentenza n. 1340 del 26/01/2004). Non appare ragionevole, per contro, il dimezzamento della misura dell’indennizzo per la sola caratteristica di ricorso “collettivo” della domanda proposta dal ricorrente.

Peraltro, la somma liquidata non appare in linea neppure con la più recente giurisprudenza di questa Sezione e con i criteri desumibili dalle decisioni della Corte di Strasburgo del 2010 sui ricorsi MARTINETTI ET CAVAZZUTI c. ITALIE e GHIROTTI ET BENASSI c. ITALIE per i giudizi contabili e amministrativi.

Il ricorso, quindi, può essere deciso in camera di consiglio”.

p. 2.- Il Collegio reputa di dovere fare proprie le conclusioni contenute nella relazione, condividendo le argomentazioni che le fondano e che conducono all’accoglimento del ricorso nei termini innanzi precisati. Ravvisandosi le condizioni per la decisione della causa nel merito ai sensi dell’art. 384 c.p.c., tenuto conto della durata complessiva del giudizio presupposto in circa dieci anni e dei criteri per la liquidazione del danno non patrimoniale stabiliti dalla CEDU (Sez. 2A, 16 marzo 2010, Volta et autres c. Italie, Ric. 43674/02) e da questa Corte (Sez. 1, n. 13019/2010), l’indennizzo va determinato, nella misura di Euro 6.000,00, con gli interessi dalla domanda. Le spese del giudizio vanno poste a carico della parte soccombente e vanno liquidate come in dispositivo, secondo le tariffe vigenti ed i conseguenti criteri di computo costantemente adottati da questa Corte per cause similari. Spese distratte.

P.Q.M.

La Corte, accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione, cassa il decreto impugnato e, decidendo nel merito, condanna l’Amministrazione a corrispondere alla parte ricorrente la somma di Euro 6.000,00 per indennizzo, gli interessi legali su detta somma dalla domanda e le spese del giudizio:

che determina per il giudizio di merito nella somma di Euro 50 per esborsi, Euro 600,00 per diritti e Euro 490,00 per onorari, oltre spese generali ed accessori di legge e che dispone siano distratte in favore del difensore antistatario; e per il giudizio di legittimità, che determina per l’intero in Euro 665,00 di cui Euro 100,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori di legge e che dispone siano distratte in favore del difensore antistatario.

Così deciso in Roma, il 26 gennaio 2011.

Depositato in Cancelleria il 9 febbraio 2011

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