Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3208 del 04/02/2019

Cassazione civile sez. VI, 04/02/2019, (ud. 06/11/2018, dep. 04/02/2019), n.3208

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana – Presidente –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – rel. Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 13447-2017 proposto da:

T.N., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR

presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e

difesa dall’avvocato GERARDO MORESE;

– ricorrente –

contro

INAIL – ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE CONTRO GLI INFORTUNI

SUL LAVORO, (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA IV NOVEMBRE 144,

presso lo studio dell’avvocato TERESA OTTOLINI, che lo rappresenta e

difende unitamente all’avvocato LUCIANA ROMEO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 767/2016 della CORTE D’APPELLO di BARI,

depositata il 13/05/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 06/11/2018 dal Consigliere Relatore Dott. FRANCESCA

SPENA.

Fatto

RILEVATO

che con sentenza in data 8 marzo – 13 maggio 2016 numero 767 la Corte d’Appello di Bari confermava la sentenza del Tribunale di Foggia, che aveva respinto la domanda proposta da T.N. nei confronti dell’INAIL per il conseguimento delle prestazioni assicurative a seguito dell’infortunio sul lavoro occorsole in data 13 marzo 2000, nello svolgimento delle mansioni di assistente sanitaria presso la casa per anziani “(OMISSIS)” in San Giovanni Rotondo;

che a fondamento della decisione la Corte territoriale, aderendo alle valutazioni del c.t.u. nominato in grado di appello, osservava che la patologia denunziata (“esiti di microdiscectomia cervicale stabilizzata con artrodesi con carbon-cagea”) andava qualificata come malattia comune, escluso il nesso causale rispetto all’infortunio;

che avverso la sentenza ha proposto ricorso T.N., articolato in due motivi, cui ha opposto difese l’INAIL con controricorso;

che la proposta del relatore è stata comunicata alle parti -unitamente al decreto di fissazione dell’udienza – ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

che la parte ricorrente ha dedotto:

– con il primo motivo – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, – violazione e falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c., per non avere la corte territoriale valutato la documentazione medica depositata in atti ed, in particolare:

– il certificato del (OMISSIS) rilasciato dal reparto di neurochirurgia dell’ospedale “Casa sollievo della sofferenza di San Giovanni Rotondo” – struttura ospedaliera datrice di lavoro – a conclusione del suo ricovero per intervento chirurgico, che individuava nell’ infortunio la causa della malattia;

– gli esiti della prova testimoniale, dalla quale era emerso che nell’immediatezza dell’infortunio ella aveva avvertito un forte dolore nella zona poi interessata dall’intervento chirurgico di riduzione dell’ernia;

– con il secondo motivo – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, – omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti.

Ha osservato essere incontestato – o comunque accertato – il verificarsi dell’infortunio sul lavoro il giorno 13 marzo 2000 e che anche nel caso di mancato riconoscimento del nesso di derivazione causale tra il fatto e la patologia denunziata il giudice adito avrebbe dovuto determinare attraverso la consulenza d’ufficio l’inabilità, temporanea e/o permanente conseguente all’infortunio, condannando l’INAIL al pagamento delle indennità di legge;

che ritiene il Collegio si debba dichiarare la inammissibilità del ricorso;

che entrambi i motivi, che possono essere esaminati congiuntamente in quanto suscettibili di valutazione analoga, contestano l’accertamento di fatto compiuto nella sentenza impugnata circa la insussistenza dell’origine professionale della malattia denunciata all’INAIL. Tale accertamento avrebbe potuto essere vagliato da questa Corte soltanto nei limiti di deducibilità del vizio di motivazione che, nella fattispecie di causa, tuttavia non rientra tra i motivi di ricorso consentiti alla parte, a tenore dell’art. 348 ter c.p.c., commi 4 e 5, applicabile ratione temporis, in quanto i giudici nei due gradi di merito hanno espresso giudizio conforme sulla questione di fatto in discussione.

Neppure rileva nella concreta fattispecie la omessa considerazione degli effetti dell’infortunio, in termini di inabilità temporanea o permanente, in quanto la accertata carenza della natura professionale della inabilità ne esclude comunque la indennizzabilità;

che, pertanto, essendo condivisibile la proposta del relatore, il giudizio deve essere definito con ordinanza in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 375 c.p.c..

che le spese di causa, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza;

che, trattandosi di giudizio instaurato successivamente al 30 gennaio 2013 sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. n. 228 del 2012, art. l, comma 17, (che ha aggiunto il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater), – della sussistenza dell’obbligo di versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la impugnazione integralmente rigettata.

PQM

La Corte dichiara la inammissibilità del ricorso. Condanna parte ricorrente al pagamento delle spese, che liquida in Euro 200 per spese ed Euro 2.000 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella adunanza camerale, il 6 novembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 4 febbraio 2019

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