Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 32076 del 12/12/2018

Cassazione civile sez. trib., 12/12/2018, (ud. 13/04/2018, dep. 12/12/2018), n.32076

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – rel. Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina A.P. – Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

Dott. FEDERICI Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 27053/2011 R.G. proposto da:

Immobiliare Capital S.p.A. in liquidazione e in concordato

preventivo, in persona del l.r.p.t., elettivamente domiciliata in

Roma al viale Parioli n. 43, presso l’avv. Francesco D’Ayala Valva,

che la rappresenta e difende insieme con l’avv. Alessandro Turchi e

con l’avv. Massimo Turchi;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Entrate, in persona del direttore pro tempore,

rappresentata dall’Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio

legale in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, presso l’Avvocatura

Generale dello Stato;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 47/36/11 emessa il 21 febbraio 2011 dalla

Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, depositata il 21

marzo 2011 e non notificata.

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 13 aprile 2018

dal Consigliere Andreina Giudicepietro;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

generale Fimiani Pasquale, che ha concluso chiedendo dichiararsi

l’inammissibilità del ricorso;

udito l’avvocato dello Stato Pisana Carlo Maria per l’Agenzia delle

Entrate, contro ricorrente.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Immobiliare Capital S.p.A. ricorre con sei motivi avverso l’Agenzia delle Entrate per la cassazione della sentenza n. 47/36/11 emessa il 21 febbraio 2011 dalla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, depositata il 21 marzo 2011 e non notificata, che, in controversia concernente l’impugnativa della cartella di pagamento n. (OMISSIS), relativa all’iscrizione a ruolo della somma di Euro 262.926,86 a seguito di controllo automatizzato della dichiarazione (OMISSIS) per l’anno di imposta 2005, ha rigettato l’appello della società contribuente avverso la sentenza della C.T.P. di Milano che, a sua volta, aveva rigettato il ricorso introduttivo.

2. Espone la ricorrente che il ruolo era stato formato sul presupposto dell’omesso versamento, da parte della Immobiliare Capital S.p.A. quale consolidante di Commerciale S.p.A., dell’IRES di Euro 183.165,00, dichiarata tardivamente il 31 gennaio 2007, oltre il termine di 90 giorni di cui al D.P.R. n. 322 del 1998, art. 2, comma 7.

Secondo la ricorrente, la dichiarazione risulta viziata da un errore materiale, facilmente evincibile dalla semplice lettura dei modelli delle dichiarazioni dei redditi riprodotti in ricorso, consistente nell’indicazione di un reddito complessivo di Euro 826.496,00, che in realtà era una perdita di eguale ammontare, pari alla somma delle perdite subite dalle due società (Euro 491.328,00 della consolidata ed Euro 335.168,00 della consolidante) ed esposte nelle rispettive dichiarazioni Modello Unico 2006.

3. Con ricorso alla C.T.P. di Milano, la società ha chiesto l’annullamento della cartella, che impone alla contribuente il pagamento di somme in realtà non dovute, perchè basata sull’erronea dichiarazione.

La C.T.P. di Milano rigettava il ricorso sul presupposto che la dichiarazione tardiva del consolidato, inviata oltre il novantesimo giorno, doveva considerarsi omessa, ai sensi del D.P.R. n. 322 del 1998, art. 2, comma 7 e che non era emendabile, in assenza di una dichiarazione rettificativa nei termini.

4. Con la sentenza impugnata, la C.T.R. della Lombardia, pur riconoscendo che il primo giudice non aveva “tenuto nella dovuta considerazione le ragioni della ricorrente”, rigettava l’appello della contribuente poichè quest’ultima non aveva provato “in modo sufficiente che le perdite dichiarate erano effettive e che il reddito esposto era frutto di un’inversione di conteggio”.

5. A seguito del ricorso della società contribuente, l’Agenzia delle Entrate si è costituita, resistendo con controricorso.

6. La società ricorrente ha depositato memorie.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.1. Con il primo motivo di ricorso, la società contribuente censura la violazione e falsa applicazione del principio di non contestazione posto dall’art. 115 c.p.c., in ordine all’effettività delle perdite dichiarate nel Modello unico 2006 ed all’errore commesso dalla consolidante nel Modello (OMISSIS), in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Deduce la ricorrente che il giudice di appello non avrebbe tenuto conto del fatto che l’Amministrazione, nel costituirsi in primo ed in secondo grado, sostenendo la non emendabilità della dichiarazione presentata oltre il novantesimo giorno dalla scadenza, non avrebbe contestato in alcun modo l’esistenza dell’errore materiale nella dichiarazione della consolidante, nè l’effettività delle perdite esposte nelle dichiarazioni delle singole società, violando in tal modo il principio di non contestazione.

Con il secondo motivo, la ricorrente deduce la nullità della sentenza per il vizio di ultrapetizione, in ordine al profilo concernente l’effettività delle perdite dichiarate dalle due società e l’errore commesso dalla consolidante in sede di compilazione del (OMISSIS), con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4.

Deduce la ricorrente che il giudice di appello, senza che vi fosse alcuna eccezione dell’Ufficio in ordine all’effettività delle perdite riportate nelle dichiarazioni Modello unico delle due società, si sarebbe pronunciato sul punto “ultra petita”.

Con il terzo motivo, la ricorrente censura l’insufficiente motivazione sul fatto decisivo e controverso rappresentato dall’ “inversione del conteggio”, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

1.2. I motivi sono connessi, vanno esaminati congiuntamente e sono fondati.

1.3. Ed invero, nel caso di specie la società ricorrente ha inviato all’Amministrazione una dichiarazione del consolidato tardiva, oltre il termine di 90 giorni dalla scadenza.

Ai sensi del D.P.R. n. 322 del 1998, art. 2, comma 7, “le dichiarazioni presentate con ritardo superiore a novanta giorni – dalla scadenza – si considerano omesse” pur costituendo “titolo per la riscossione delle imposte dovute in base agli imponibili in esse indicati e delle ritenute indicate dai sostituti d’imposta”.

L’Amministrazione, a seguito di controllo automatizzato sulla base dell’imponibile indicato nella dichiarazione tardiva (presentata oltre il novantesimo giorno), ha emesso la cartella di pagamento, oggetto di impugnazione, per l’omesso pagamento degli importi indicati come dovuti a titolo di IRES.

Con l’impugnazione della cartella di pagamento, la società consolidante ha dedotto di aver erroneamente indicato come ricavi gli importi esposti come perdite nelle dichiarazioni delle due società partecipanti al consolidato (dichiarazioni che produceva).

Nelle controdeduzioni presentate in primo e secondo grado, l’Amministrazione, a sua volta, evidenziava come la dichiarazione “ultratardiva” della consolidante, sebbene costituisse titolo per la riscossione degli importi in essa indicati, equivaleva ad un’omessa dichiarazione e non poteva essere emendata, qualora fosse stata inficiata da errore.

In tal senso, doveva comunque considerarsi legittima la pretesa tributaria, fondata sull’omesso versamento degli importi dovuti in base alla dichiarazione tardivamente presentata oltre il novantesimo giorno (e non emendabile), indipendentemente dalla sussistenza di eventuali errori materiali nella sua compilazione.

Le argomentazioni difensive dell’Amministrazione, quindi, si limitavano a ribadire la legittimità della cartella di pagamento da un punto di vista formale, senza entrare nel merito dell’accertamento tributario, che l’Amministrazione riteneva precluso.

Tuttavia, il giudice di appello, nel rigettare il ricorso della società contribuente, ha rilevato la mancata prova dell’effettività delle perdite esposte nelle dichiarazioni delle singole società e del fatto che “il reddito esposto fosse frutto di un’inversione di conteggio”.

Per quanto riguarda la prova dell’effettività delle perdite, essa non era necessaria, non avendo l’Amministrazione mosso alcuna contestazione in ordine alle dichiarazioni delle singole società; inoltre, la pronuncia sul punto risulta anche ultra petita, perchè, in assenza di contestazioni, l’accertamento dell’effettività delle perdite dichiarate con il Modello Unico 2006 dalla consolidante e dalla consolidata esulava dal thema decidendum, attesa l’autonomia della dichiarazione del consolidato rispetto alle dichiarazioni delle singole società.

Sotto tale profilo, quindi, risultano fondate le censure contenute nel primo e nel secondo motivo di ricorso.

Passando all’esame del terzo motivo, preliminarmente deve rilevarsi la decisività del fatto controverso, consistente nella mancata prova che il reddito esposto fosse il frutto di un’inversione del conteggio, circostanza che il giudice di appello ha ritenuto giustificasse il rigetto del ricorso (insieme con la mancata prova dell’effettività delle perdite, di cui già si è detto).

Secondo la società ricorrente, le perdite esposte nel Modello Unico 2006 delle singole società sarebbero state erroneamente riportate come redditi nel Modello (OMISSIS), presentato tardivamente dalla consolidante oltre i novanta giorni dalla scadenza.

Invero, la società o ente consolidante è tenuta a presentare il modello “Consolidato nazionale”, nell’ambito del quale viene determinato il reddito complessivo globale, corrispondente alla somma algebrica dei redditi complessivi netti delle società consolidate, tenendo conto delle rettifiche di consolidamento e provvedendo contestualmente, alla liquidazione dell’Ires dovuta.

Ritiene il Collegio che non sia condivisibile quanto sostenuto dall’Amministrazione, secondo cui, in caso di errore nel Modello (OMISSIS) sull’indicazione del reddito (che, per quanto di è detto, deve corrispondere alla somma algebrica dei redditi complessivi netti delle società consolidate), è preclusa alla contribuente ogni contestazione della pretesa tributaria, azionata sulla base di quanto dichiarato dalla società consolidante nello stesso modello, perchè quest’ultimo è stato presentato tardivamente oltre il novantesimo giorno.

Tale interpretazione delle norme, infatti, comporterebbe la possibilità che il contribuente sia assoggettato a tributi più gravosi di quelli previsti per legge, in contrasto con l’art. 53 Cost..

In tema di IVA, con un principio estensibile anche alle altre imposte, le Sezioni Unite di questa Corte hanno affermato, nella sentenza n. 17757 del 2016, che l’eccedenza dell’Iva deve essere riconosciuta, se sono stati rispettati tutti i requisiti sostanziali per la detrazione, anche se non è stata presentata la dichiarazione relativa all’anno di maturazione del credito, precisando che: “è da escludere l’assoggettamento del contribuente a oneri contributivi diversi, e più gravosi, di quelli che per legge devono restare a suo carico (Cassazione a Sezioni Unite, sentenza n. 15063 del 2002), essendo egli titolare di posizioni di diritto soggettivo perfetto verso il Fisco (Corte costituzionale, sentenza n. 178 del 1984) che non possono certo dirsi recessive rispetto alle esigenze erariali di cassa (Corte costituzionale, sentenze nn. 21 e 79 del 1961)”.

Secondo altra sentenza (n. 13378 del 2016) delle Sezioni Unite, il contribuente “in sede contenziosa può sempre opporsi alla maggiore pretesa tributaria dell’amministrazione finanziaria, allegando errori, di fatto o di diritto, commessi nella redazione della dichiarazione, incidenti sull’obbligazione tributaria” e l’amministrazione finanziaria “non può pretendere la restituzione di somme per ragioni di pura forma senza addurre rilievi sulla loro effettiva spettanza”.

Alla luce dei principi sopra esposti, nel caso in esame, la società ricorrente ha resistito alla pretesa dell’amministrazione, in relazione all’IRES dovuta per l’anno 2006, deducendo di essere incorsa in un errore materiale nella compilazione del Modello (OMISSIS) in relazione all’indicazione dei redditi delle società partecipanti al consolidato, quali si evincevano dal Modello Unico 2006 delle due società.

La C.T.R. della Lombardia, prendendo in esame lo specifico motivo di appello, ha genericamente affermato che non è stato provato in modo sufficiente che “il reddito esposto fosse frutto di un’inversione di conteggio”, senza chiarire perchè non sarebbero idonei, ai fini probatori, i modelli delle dichiarazioni prodotti dalla ricorrente e contenenti l’indicazione degli importi oggetto di contestazione.

L’insufficienza della motivazione del giudice di appello, comporta la cassazione della sentenza impugnata, con rinvio alla C.T.R. della Lombardia in diversa composizione per nuovo esame della documentazione ed adeguata motivazione sul punto.

2.1. Atteso l’accoglimento dei primi tre motivi, rimangono assorbiti il quarto motivo (sull’emendabilità della dichiarazione – violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 322 del 1998, art. 2, comma 8 bis e del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36 bis), il quinto (sull’obbligo dell’ufficio di procedere alla rettifica della dichiarazione – violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36 bis) ed il sesto (sulla preclusione dell’esame dell’effettività della perdita – violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36 bis), perchè relativi a profili privi di autonomo rilievo.

P.Q.M.

La Corte accoglie i primi tre motivi di ricorso, assorbiti gli altri; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla C.T.R. della Lombardia in diversa composizione, cui demanda anche la decisione sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 13 aprile 2018.

Depositato in Cancelleria il 12 dicembre 2018

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