Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 32064 del 12/12/2018

Cassazione civile sez. VI, 12/12/2018, (ud. 13/11/2018, dep. 12/12/2018), n.32064

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna C. – rel. Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 9389-2018 proposto da:

S.K., elettivamente domiciliato in ROMA, P.LE CLODIO 56

QUARTO PIANO INT. 8, presso lo studio dell’avvocato GIOVANNI

BONACCIO, rappresentato e difeso dall’avvocato EDOARDO MENSITIERI;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO (OMISSIS), in persona del Ministro pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

avverso l’ordinanza n. R.G. 7038/2017 del TRIBUNALE di ANCONA,

depositata il 02/03/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 13/11/2018 dal Consigliere Relatore Dott. MARIA

GIOVANNA C. SANIBITO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con decreto in data 2 marzo 2018, il Tribunale di Ancona ha rigettato il ricorso proposto da S.K. (nato in Nigeria) volto, in via gradata, al riconoscimento del diritto alla protezione sussidiaria ed alla protezione umanitaria. Per la cassazione del decreto, ha proposto ricorso il richiedente con due mezzi, con cui, rispettivamente, denuncia la violazione e falsa applicazione degli D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3 e 5 e del cit. D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), ai quali il Ministero ha replicato con controricorso,

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo è inammissibile.

1.1. La sentenza fonda la sua tesi sfavorevole al ricorrente, ritenuto ingiustificatamente privo di documenti d’identità, escludendo la credibilità del suo racconto in ordine alle motivazioni che lo avevano indotto a lasciare il suo Paese, qualificate “vicende di giustizia ordinaria per le quali egli avrebbe dovuto invocare la protezione del suo Stato”, rilevando la contraddittorietà della versione dei fatti fornita in relazione alla morte del fratello, e non mancando di evidenziare che, quand’anche credibili, le vicende narrate, remote nel tempo, non deponevano per l’esistenza di rischi attuali per il richiedente.

1.2. Se inutilmente, il ricorrente censura l’argomento relativo alla mancata esibizione dei documenti, che ha costituito una mera notazione additiva alla valutazione d’inattendibilità delle esposte ragioni di fuga, questa Corte deve rilevare l’assoluta genericità del motivo, che non dà alcun conto nè dei fatti che hanno visto protagonista lo straniero, nè delle circostanze inerenti alla morte del fratello, che non vengono neppure collocate nel tempo, sicchè gli invocati principi in tema di criteri di valutazione della credibilità soggettiva del richiedente protezione ed i doveri di cooperazione probatoria dovuti dall’Ufficio, in sè del tutto condivisibili, non sono pertinenti al caso in esame, tanto più in ragione della conclusiva considerazione del Tribunale, secondo cui i fatti (ignoti a questa Corte) non integrerebbero per lui ad ogni modo un rischio attuale, il chè integra una valutazione di fatto, che non può esser direttamente censurata in sede di legittimità, ed alla quale si contrappone un apodittico diverso apprezzamento.

2. Il secondo motivo è anch’esso inammissibile.

2.1. Va premesso che la nozione di “violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale”, di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), deve essere interpretata in conformità alla fonte eurounitaria di cui è attuazione (direttive 2004/83/CE e 2011/95/UE), in coerenza con le indicazioni ermeneutiche fornite dalla Corte di Giustizia UE (Grande Sezione, 18 dicembre 2014, C-542/13, par. 36), secondo cui i rischi a cui è esposta in generale la popolazione di un paese o di una parte di essa di norma non costituiscono di per sè una minaccia individuale da definirsi come danno grave (v. 26° Considerando della direttiva n. 2011/95/UE), in quanto “l’esistenza di un conflitto armato interno potrà portare alla concessione della protezione sussidiaria solamente nella misura in cui si ritenga eccezionalmente che gli scontri tra le forze governative di uno Stato e uno o più gruppi armati o tra due o più gruppi armati siano all’origine di una minaccia grave e individuale alla vita o alla persona del richiedente la protezione sussidiaria, ai sensi della Dir., art. 15, lettera c), a motivo del fatto che il grado di violenza indiscriminata che li caratterizza raggiunge un livello talmente elevato da far sussistere fondati motivi per ritenere che un civile rinviato nel paese in questione o, se del caso, nella regione in questione correrebbe, per la sua sola presenza sul territorio di questi ultimi, un rischio effettivo di subire la detta minaccia (v., in questo senso, Corte Giustizia UE 17 febbrario 2009, Elgafaji, C-465/07, e 30 gennaio 2014, Diakitè, C285/12; vedi pure Cass. n. 13858 del 2018). Il riconoscimento della forma di protezione in questione presuppone, dunque, che il richiedente rappresenti una condizione, che, pur derivante dalla situazione generale del paese, sia, comunque, a lui riferibile e sia caratterizzata da una personale e diretta esposizione al rischio di un danno grave, quale individuato dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art 14, ed il relativo accertamento costituisce un apprezzamento di fatto, demandato, in quanto tale, al giudice del merito, il quale nel compiere tale valutazione deve far ricorso ai suoi poteri istruttori ed acquisire comunque le informazioni sul paese di origine del richiedente, previste al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8.

2.2. A tale dovere non si sono sottratti i giudici a quibus, i quali hanno concluso, sulla scorta delle acquisite informazioni, che lo Stato del Kogi -uno dei trentasei confederati della Nigeria- da cui il ricorrente proviene, non è interessato, a differenza di altri, da violenza indiscriminata ed hanno escluso la sussistenza dei presupposti per l’invocata protezione, e tale accertamento, costituisce un’indagine di fatto che può esser censurata in sede di legittimità nei limiti consentiti dal nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, il che non è stato fatto.

3. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo. Essendo il ricorrente stato ammesso a patrocinio a spese dello stato non sussistono i presupposti per l’applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in Euro 2.100,00, oltre a spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 13 novembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 12 dicembre 2018

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