Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 32062 del 12/12/2018

Cassazione civile sez. VI, 12/12/2018, (ud. 13/11/2018, dep. 12/12/2018), n.32062

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna C. – rel. Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 6856-2018 proposto da:

I.J., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR

presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’avvocato LORENZO TRUCCO;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO (OMISSIS), in persona del Ministro pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

e contro

PROCURA GENERALE DELLA REPUBBLICA PRESSO LA CORTE SUPREMA DI

CASSAZIONE;

– intimata –

avverso il decreto n. R.G. 9094/2017 del TRIBUNALE di TORINO,

depositato il 16/01/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 13/11/2018 dal Consigliere Relatore Dott. MARIA

GIOVANNA C. SAMBITO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con decreto del 16.1.2018, il Tribunale di Torino, sezione specializzata per la protezione internazionale, ha rigettato il ricorso proposto da I.J. avverso il provvedimento di rigetto delle domande volte al riconoscimento dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e di quella umanitaria. Il Tribunale ha ritenuto che non occorreva fissare l’udienza di comparizione delle parti richiesta dal ricorrente, essendo sufficiente l’acquisizione della verbalizzazione delle dichiarazioni da lui rese dinanzi alla Commissione territoriale; che la narrazione degli eventi, che ne avevano determinato la fuga dal paese d’origine, non era attendibili, nè in relazione alla sua ipotetica condizione di perseguitato, nè in relazione alla sua concreta esposizione a rischi di grave danno in ipotesi di rientro in patria, nè, infine, ai fini del riconoscimento del permesso umanitario(non residuando ulteriori margini per la valutazione autonoma della richiesta di asilo. I.J. ha proposto ricorso per cinque motivi. Il Ministero dell’Interno ha resistito con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Col primo motivo si chiede, in via preliminare, di sollevare la questione di legittimità costituzionale del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, introdotto dalla L. n. 46 del 2017, art. 6, comma 1, lett. g), per violazione dell’art. 3 Cost., comma 1; art. 24 Cost., commi 1 e 2; art. 111 Cost., commi 1, 2 e 5; art. 117 Cost., comma 1, quest’ultimo parametro così come integrato dalla Dir. n. 32 del 2013, art. 46, paragrafo 3, dagli artt. 6 e 13 della Cedu, per quanto concerne la previsione del rito camerale ex art. 737 c.p.c. e ss., e relative deroghe espresse dal legislatore, nelle controversie in materia di protezione internazionale.

2. La questione è inammissibile.

3. Questa Corte si è già condivisibilmente espressa su analoga questione con la recente sentenza n. 17717 del 2018, con cui ne è stata posta in rilievo, da una parte, l’irrilevanza, poichè inidonea, tanto in quel caso quanto in questo, ad incidere sulle situazioni giuridiche fatte valere nel giudizio principale per essere la decisione impugnata fondata su ragioni di merito (non credibilità del ricorrente ed insussistenza dei presupposti delle misure di protezione richieste) e non sulla disciplina giuridica introdotta nel 2017 e sospettata d’incostituzionalità, e dall’altra, non è stato omesso di evidenziarne la manifesta infondatezza, sottolineandosi l’idoneità del procedimento camerale, da sempre impiegato anche per la trattazione di controversie su diritti e status, a garantire l’adeguato dispiegarsi del contraddittorio, neppure potendo riconoscersi rilievo all’eventualità della soppressione dell’udienza di comparizione, sia perchè essa è circoscritta a particolari frangenti nei quali la celebrazione dell’udienza si risolverebbe in un superfluo adempimento, tenuto conto dell’attività in precedenza svolta, sia perchè il contraddittorio è comunque pienamente garantito dal deposito di difese scritte.

4. Il secondo motivo, con cui si deduce la violazione e/o falsa applicazione ex art. 360 c.p.c., n. 3, del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, commi 9, 10 e 11, per avere la sentenza impugnata escluso la necessità della fissazione dell’udienza di comparizione delle parti, è, invece, fondato.

5. Con la citata sentenza n. 17717 del 2018, questa Corte sulla scorta dei criteri esegetici letterale e sistematico, ha affermato il principio, cui si presta adesione, secondo cui: “In materia di protezione internazionale, ai sensi del D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 35 bis, come inserito dal D.L. 17 febbraio 2017, n. 13, convertito con modificazioni dalla L. 13 aprile 2017, n. 46, ove non sia disponibile la videoregistrazione con mezzi audiovisivi dell’audizione del richiedente la protezione dinanzi alla Commissione territoriale, il Tribunale, chiamato a decidere del ricorso avverso la decisione adottata dalla Commissione, è tenuto a fissare l’udienza di comparizione delle parti a pena di nullità del suo provvedimento decisorio, salvo il caso dell’accoglimento dell’istanza del richiedente asilo di non avvalersi del supporto contenente la registrazione del colloquio”.

6. Ne discende che il decreto impugnato va cassato, restando assorbiti i restanti motivi, con rinvio al Tribunale di Torino in diversa composizione, che provvederà, anche, a regolare le spese del presente giudizio di legittimità

P.Q.M.

Rigetta il primo motivo, accoglie il secondo, assorbiti gli altri, cassa e rinvia, anche per le spese al Tribunale di Torino, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 13 novembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 12 dicembre 2018

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