Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 32062 del 09/12/2019

Cassazione civile sez. I, 09/12/2019, (ud. 20/09/2019, dep. 09/12/2019), n.32062

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – rel. Consigliere –

Dott. CAIAZZO Luigi – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18028/2018 proposto da:

I.N., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato

Ennio Cerio del Foro di Campobasso, giusta procura speciale in calce

al ricorso;

– ricorrente –

MINISTERO DELL’INTERNO (OMISSIS);

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di CAMPOBASSO, depositata il

09/05/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

20/09/2019 da IOFRIDA GIULIA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Il Tribunale di Campobasso, con decreto n. 955/2018, depositato in data 9/05/2018, ha respinto la richiesta di I.N., cittadino nigeriano, a seguito di diniego da parte della competente Commissione territoriale, di riconoscimento dello status di rifugiato, nonchè della protezione sussidiaria e per ragioni umanitarie.

In particolare, i giudici del Tribunale hanno rilevato che: la vicenda personale narrata dal medesimo (essere stato costretto a lasciare il Paese d’origine, perchè, a seguito di un diverbio al mercato con un ragazzo, era stato rapito e poi rilasciato) non era credibile, presentando lacune ed incongruenze; quanto alla richiesta di protezione sussidiaria, il Paese (e la zona di provenienza, l'(OMISSIS)) non risultava interessato da situazione di violenza indiscriminata o generalizzata (come risultava dai Report UNHCR), essendo l’organizzazione terroristica jihadista localizzata nel nord est del Paese; non ricorrevano le condizioni per la concessione del permesso per ragioni umanitarie, non emergendo ragioni di particolare vulnerabilità dello straniero.

Avverso il suddetto decreto, I.N. propone ricorso per cassazione, affidato ad un motivo, nei confronti del Ministero dell’Interno (che non svolge attività difensiva).

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il ricorrente lamenta, con unico motivo, la violazione e/o falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, essendo mancata, mediante la consultazione di fonti autorevoli, la valutazione, ai fini della protezione sussidiaria, della situazione del Paese d’origine del richiedente, essendosi il Tribunale limitato a riportare informazioni del tutto generiche sulla condizione generale della Nigeria, nonchè avendo il Tribunale escluso in maniera apodittica il riconoscimento della protezione umanitaria.

2. Il ricorso è inammissibile.

In riferimento al diniego di protezione sussidiaria, se è vero che nella materia in oggetto il giudice abbia il dovere di cooperare nell’accertamento dei fatti rilevanti, compiendo un’attività istruttoria ufficiosa, essendo necessario temperare l’asimmetria derivante dalla posizione delle parti (Cass. 13 dicembre 2016, n. 25534), deve tuttavia rilevarsi che il Tribunale ha attivato il potere di indagine nel senso indicato.

Inoltre, come già rilevato da questa Corte (Cass. 19197/2015; conf. Cass. 7385/2017; Cass. 30679/2017), “il ricorso al tribunale costituisce atto introdutttvo di un giudizio civile, retto dal principio dispositivo: principio che, se nella materia della protezione internazionale viene derogato dalle speciali regole di cui al cit. D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 e al D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 8, che prevedono particolari poteri-doveri istruttori (anche) del giudice, non trova però alcuna deroga quanto alla necessità che la domanda su cui il giudice deve pronunciarsi corrisponda a quella individuabile in base alle allegazioni dell’attore”, cosicchè “i fatti costitutivi del diritto alla protezione internazionale devono necessariamente essere indicati dal richiedente, pena l’impossibilità per il giudice di introdurli in giudizio d’ufficio, secondo la regola generale”. Da ultimo si è ulteriormente precisato (Cass. 27503/2018) che “in tema di protezione internazionale, l’attenuazione dell’onere probatorio a carico del richiedente non esclude l’onere di compiere ogni ragionevole sforzo per circostanziare la domanda D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 3, comma 5, lett. a), essendo possibile solo in tal caso considerare “veritieri” i fatti narrati” (conf. Cass. 29358/2018).

Inoltre, come precisato sempre da questa Corte (Cass. 29358/2018), una volta assolto l’onere di allegazione, il dovere del giudice di cooperazione istruttoria, e quindi di acquisizione officiosa degli elementi istruttori necessari, è circoscritto alla verifica della situazione oggettiva del paese di origine e non alle individuali condizioni del soggetto richiedente, essendo evidente che, mentre il giudice è anche d’ufficio tenuto a verificare se nel paese di provenienza sia obiettivamente sussistente una situazione talmente grave da costituire ostacolo al rimpatrio del richiedente, egli non può essere chiamato – nè d’altronde avrebbe gli strumenti per farlo – a supplire a deficienze probatorie concernenti la situazione personale del richiedente medesimo, dovendo a tal riguardo soltanto effettuare la verifica di credibilità prevista nel suo complesso dal comma 5 del già citato D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3.

Da ultimo (Cass. 32064/2018) questa Corte ha precisato che “ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria, a norma del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), la nozione di violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato, interno o internazionale, va rappresentata dal ricorrente come minaccia grave e individuale alla sua vita, sia pure in rapporto alla situazione generale del paese di origine, ed il relativo accertamento costituisce apprezzamento di fatto di esclusiva competenza del giudice di merito non censurabile in sede di legittimità”.

Ora, la censura attinente alla mancata attivazione dei poteri officiosi del giudice investito della domanda di protezione risulta essere assolutamente generica, in relazione al decisum (avendo il Tribunale attivato i poteri di acquisizione officiosa delle informative), e, per conseguenza, priva di decisività: non solo il ricorrente manca di indicare quali siano le informazioni e le fonti ufficiali delle stesse che, in concreto, avrebbero potuto determinare l’accoglimento del proprio ricorso, ma fa riferimento, sempre generico, alla necessità di acquisire informazioni sulla situazione in Nigeria e nell’Edo State in particolare, asseritamente caratterizzata da aspri e violenti conflitti aspri con il governo.

La doglianza è altresì inammissibile perchè mira a sostituire le proprie valutazioni con quella, svolta, sulla base di informazioni tratte da fonti attuali, insindacabilmente (al di fuori dei limiti dell’attuale formulazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5).

La censura poi, riguardo alla protezione umanitaria, è del tutto generica, e perciò inammissibile, limitandosi a considerazioni di ordine generale sul tema della tutela umanitaria, le quali nulla hanno a che vedere con la specifica situazione individuale.

3. Per tutto quanto sopra esposto, va dichiarato inammissibile il ricorso.

Non v’è luogo a provvedere sulle spese processuali, non avendo l’intimato svolto attività difensiva.

Essendo stata la parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato non si applica il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 20 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 9 dicembre 2019

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