Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 32060 del 09/12/2019

Cassazione civile sez. I, 09/12/2019, (ud. 20/09/2019, dep. 09/12/2019), n.32060

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – rel. Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 14701/2018 proposto da:

M.M., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato

Claudine Pacitti del Foro di Cervaro (FR), giusta procura speciale

in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (OMISSIS), elettivamente domiciliato in Roma

Via Dei Portoghesi 12, Avvocatura Generale Dello Stato, che lo

rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso il decreto del TRIBUNALE di CAMPOBASSO, depositato il

27/03/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

20/09/2019 da Dott. IOFRIDA GIULIA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Il Tribunale di Campobasso, con Decreto n. 618/2018, depositato in data 27/03/2018, ha respinto la richiesta di M.M., cittadino del (OMISSIS), a seguito di diniego da parte della competente Commissione territoriale, di riconoscimento dello status di rifugiato, nonchè della protezione sussidiaria e per ragioni umanitarie.

In particolare, i giudici del Tribunale, all’esito di udienza di comparizione delle parti, nella quale era comparso il solo ricorrente, hanno rilevato che: la vicenda personale narrata dal medesimo (essere stato costretto a lasciare il Paese d’origine, per sfuggire alla Polizia, essendosi reso responsabile di alcuni delitti, dopo essere stato costretto ad entrare in un’organizzazione malavitosa, al cui vertice vi era un esponente politico, ed agli ex compagni della banda criminale, da cui era uscito) non era credibile, presentando lacune ed incongruenze; quanto alla richiesta di protezione sussidiaria, il Paese non risultava interessato da situazione di violenza indiscriminata o generalizzata (come risultava dai Report del sito del Ministero degli Esteri, consultato nel febbraio 2018), essendo, in ogni caso, la violenza, dovuta alle forze terroristiche, attinente a determinati territori distanti dalla regione di provenienza del richiedente; non ricorrevano le condizioni per la concessione del permesso per ragioni umanitarie, non emergendo ragioni di particolare vulnerabilità dello straniero o situazioni di significativo inserimento nel territorio italiano. Avverso il suddetto decreto, M.M. propone ricorso per cassazione, affidato ad un motivo, nei confronti del Ministero dell’Interno (che resiste con controricorso).

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il ricorrente lamenta, con unico motivo, l’omesso esame, ex art. 360 c.p.c., n. 5, di fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti, in relazione alla richiesta di protezione, in particolare, sussidiaria, ed all’esame della situazione attuale del Pakistan e della regione del Punjab, di provenienza del richiedente, avendo il Tribunale omesso disporre l’audizione dello straniero o di visionare la videoregistrazione del colloquio dinanzi alla Commissione territoriale.

2. La censura è inammissibile.

Innanzi tutto va osservato che il Tribunale, in applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, comma 11, inserito dal D.L. 17 febbraio 2017, n. 13, conv., con modif., dalla L. 13 aprile 2017, n. 46, ha proceduto alla fissazione dell’udienza di comparizione delle parti e che non risulta, alla stregua del ricorso, che il richiedente abbia avanzato richiesta di audizione o altre richieste istruttorie.

Va quindi considerato che la decisione è fondata sulla condivisione da parte del Tribunale del giudizio di inattendibilità delle dichiarazioni del richiedente in merito alle ragioni che lo avevano condotto all’espatrio. In proposito va ricordato che tale ratio decidendi è da sola idonea a fondare la pronuncia, atteso che “qualora le dichiarazioni siano giudicate inattendibili alla stregua degli indicatori di genuinità soggettiva di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, non occorre procedere ad un approfondimento istruttorio officioso circa la prospettata situazione persecutoria nel Paese di origine, salvo che la mancanza di veridicità derivi esclusivamente dall’impossibilità di fornire riscontri probatori” (Cass. 27/06/2018, n. 16925, cfr. Cass. 30/10/2018, n. 27503), il che non ricorre nel presente caso, ed il ricorrente non ha articolato alcuna specifica censura in merito.

A ciò va aggiunto che il vizio motivazionale non è articolato in conformità al novellato disposto dell’art. 360 c.p.c., n. 5 (Cass. Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014), non essendo indicato alcun fatto di cui sia stato omesso l’esame, ma non è nemmeno focalizzato su detta ratio decidendi e sulle dichiarazioni ed i fatti narrati dal richiedente: questi infatti si è limitato a lamentare che il Tribunale non abbia disposto l’audizione o visionato la videoregistrazione, senza illustrare quali elementi di fatto significati avrebbero potuto essere desunti all’esito di tali attività, posto che il Tribunale aveva provveduto a fissare, come prescritto, l’udienza di comparizione ed egli avrebbe avuto l’onere di avanzare eventuali richieste istruttorie proprio in fase di merito.

Con riferimento specifico alla protezione umanitaria è opportuno aggiungere che il ricorrente non ha allegato ragioni personali di vulnerabilità diverse da quelle esaminate per le altre forma di protezione e che la riscontrata mancata individualizzazione dei motivi umanitari non può esser surrogata dalla situazione generale del Paese, perchè altrimenti si finirebbe per prendere in considerazione non già la situazione particolare del singolo soggetto, ma piuttosto quella del suo Paese d’origine in termini del tutto generali ed astratti.

Il decreto impugnato, peraltro, ha accertato l’insussistenza di condizioni di insicurezza in Pakistan, idonee ad integrare le fattispecie legali per il riconoscimento della protezione internazionale, con riguardo sia al pericolo di atti persecutori nei suoi confronti, sia alla violenza indiscriminata derivante da conflitto armato, sia implicitamente al rischio di subire la violazione dei diritti fondamentali. Si tratta, anche in tal caso, di un apprezzamento di fatto, con il quale è stato esclusa la sussistenza delle condizioni sostanziali per il riconoscimento della protezione richiesta, che impropriamente il ricorrente vorrebbe sovvertire, al di là di quanto consentito dal novellato art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

3. Per tutto quanto sopra esposto, va dichiarato inammissibile il ricorso.

Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza. Essendo stata la parte ammessa al gratuito patrocinio a spese dello Stato non si applica il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna il ricorrente al rimborso delle spese processuali del presente giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 2.200,00, a titolo di compensi, oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 20 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 9 dicembre 2019

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