Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3206 del 10/02/2021

Cassazione civile sez. III, 10/02/2021, (ud. 12/10/2020, dep. 10/02/2021), n.3206

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 29016/2019 proposto da:

S.H., elettivamente domiciliato in Caltanissetta, corso

Sicilia, n. 105, presso l’avv. ANTONELLA MACALUSO, che lo

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, domiciliato ex lege presso l’avvocatura dello

Stato;

– intimato –

avverso la sentenza n. 115/2019 della CORTE D’APPELLO di

CALTANISSETTA;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

12/10/2020 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE CRICENTI.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

S.H. è cittadino del (OMISSIS).

Racconta di essere fuggito da quel paese per evitare le ritorsioni della famiglia della sua fidanzata: lui, di religione musulmana voleva sposare una indù, essendo proibiti i matrimoni tra soggetti di queste due religioni. Il fratello della fidanzata lo avrebbe malmenato minacciandolo ed accusandolo ingiustamente di stupro, reato per il quale egli rischiava la pena di morte. E’ dunque venuto in Italia, dove ha chiesto il riconoscimento dello status di rifugiato, la protezione sussidiaria e quella umanitaria.

La Commissione Territoriale ha ritenuto inverosimile il racconto, ed ha rigettato le richieste del ricorrente.

Questa decisione è stata confermata dal Tribunale, prima, e dalla corte di Appello, in seguito.

Quest’ultima, quanto alla persecuzione religiosa e personale, allegata per ottenere lo status di rifugiato, ha ritenuto inverosimile il racconto e dunque ha escluso una persecuzione rilevante ai fini di quel riconoscimento; quanto alla protezione sussidiaria ha escluso che nel paese di origine vi sia una situazione di conflitto armato generalizzato, sulla base di un rapporto EASO; quanto alla protezione umanitaria, ha ritenuto che la situazione personale in Italia non fa presumere che in caso di rimpatrio possa prospettarsi una certa vulnerabilità del ricorrente.

S. ricorre con tre motivi. Non v’è costituzione del Ministero.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Il via preliminare va osservato che il ricorso non rispetta il requisito della esposizione sommaria dei fatti,prescritto a pena di inammissibilità dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, che, essendo considerato dalla norma come uno specifico requisito di contenuto – forma del ricorso, deve consistere in una esposizione che deve garantire alla Corte di Cassazione, di avere una chiara e completa cognizione del fatto sostanziale che ha originato la controversia e del fatto processuale, senza dover ricorrere ad altre fonti o atti in suo possesso, compresa la stessa sentenza impugnata (Cass. sez. un. 11653 del 2006). La prescrizione del requisito risponde non ad un’esigenza di mero formalismo, ma a quella di consentire una conoscenza chiara e completa dei fatti di causa, sostanziali e o processuali, che permetta di bene intendere il significato e la portata delle censure rivolte al provvedimento impugnato (Cass. sez. un. 2602 del 2003). Stante tale funzione, per soddisfare il requisito imposto dall’art. 366 c.p.c., comma 1 n. 3, è necessario che il ricorso per cassazione contenga, sia pure in modo non analitico particolareggiato, l’indicazione sommaria delle reciproche pretese delle parti, con presupposti di fatto e le ragioni di diritto che le hanno giustificate, delle eccezioni, delle difese e delle deduzioni di ciascuna parte in relazione alla posizione avversaria, dello svolgersi della vicenda processuale nelle sue articolazioni e, dunque, delle argomentazioni essenziali, in fatto e in diritto, su cui si è fondata la sentenza di primo grado, delle difese svolte dalle parti in appello, ed in fine del tenore della sentenza impugnata. Poichè il ricorso, nell’esposizione del fatto, non rispetta tali contenuti è inammissibile. Adde: Cass., Sez. Un. 22575 del 2019″.

Ad ogni modo, lo scrutinio dei motivi, se fosse possibile, non sarebbe favorevole a parte ricorrente.

Con il primo motivo il ricorrente lamenta violazione della Convenzione di Ginevra nonchè della L. n. 251 del 2007, artt. 5, 7, 8. La censura si appunta prevalentemente sulla contestazione del giudizio di credibilità, nella riaffermazione della veridicità del fatto narrato, e, in diritto, nella contestata violazione del principio dell’onere della prova attenuato, che avrebbe dovuto indurre la corte di merito ad approfondire l’accertamento delle dichiarazioni rese dal ricorrente.

Il motivo è inammissibile.

La valutazione di credibilità delle dichiarazioni del richiedente non è affidata alla mera opinione del giudice ma è il risultato di una procedimentalizzazione legale della decisione, da compiersi non sulla base della mera mancanza di riscontri oggettivi ma alla stregua dei criteri indicati del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, tenendo conto “della situazione individuale e delle circostanze personali del richiedente” di cui al comma 3 dello stesso articolo, senza dare rilievo esclusivo e determinante a mere discordanze o contraddizioni su aspetti secondari o isolati del racconto. Detta valutazione, se effettuata secondo i criteri previsti luogo ad un apprezzamento di fatto, riservato al giudice del merito, essendo altrimenti censurabile in sede di legittimità per la violazione delle relative disposizioni (Cass. 14674/ 2020).

La corte di merito ha ritenuto inverosimile il racconto, in base sia alla sua intrinseca struttura (la vicenda viene narrata in modo vago e generico, e con contraddizioni), sia in base alla esterna verificabilità di quanto affermato, ed in particolare alla circostanza che i matrimoni tra musulmani ed indù, anzichè vietati, sono consentiti e disciplinati per legge.

Risulta dunque rispettato il criterio di valutazione del racconto del richiedente asilo, per come indicato da questa corte. Per il resto, esso è incensurabile nel merito in questa sede.

p.-Con il secondo motivo il ricorrente denuncia violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14.

Secondo il ricorrente la corte non ha adeguatamente valutato la situazione del paese di origine, quanto alla esistenza di conflitti armati generalizzati, tali da porre in pericolo l’incolumità dei cittadini.

Il ricorrente riferisce fonti alternative quella utilizzata dalla corte di merito (EASO), a dimostrazione della situazione di gravità del Bangladesh.

Il motivo è inammissibile.

Esso, in realtà, si risolve in considerazioni del tutto astratte che prescindono dalla ratio della sentenza di appello e risentono della totale pretermissione di ciò che era stato devoluto al giudice di secondo grado.

p..- Il terzo motivo denuncia violazione della L. n. 288 del 1998, artt. 2, 5, 6 7, 8.

Il ricorrente ritiene insufficiente la valutazione fatta circa la richiesta di protezione umanitaria, che risulterebbe rigettata senza aver compiuto la comparazione e dunque la valutazione di vulnerabilità richiesta dalla norma, come intesa da questa corte.

Il motivo è anche esso inammissibile.

Questo motivo ignora del tutto la pur scarna motivazione della corte di appello, anche se quest’ultima ha fatto una premessa generale sulla genericità dei motivi, e svolge considerazioni del tutto astratte, senza alcun argomento rivolto al caso concreto.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Nulla spese. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, la Corte dà atto che il tenore del dispositivo è tale da giustificare il pagamento, se dovuto e nella misura dovuta, da parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, il 12 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 10 febbraio 2021

 

 

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