Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 32056 del 09/12/2019

Cassazione civile sez. I, 09/12/2019, (ud. 12/09/2019, dep. 09/12/2019), n.32056

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna C. – Consigliere –

Dott. SCOTTI Umberto L. C. G. – Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22234/2018 proposto da:

S.L.B., domiciliato in Roma, P.zza Cavour, presso la

Cancelleria Civile della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso

dall’Avvocato Stefania Santilli, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’interno, in persona del Ministro pro tempore;

– intimato –

avverso il decreto n. 2649/2018 del TRIBUNALE di Milano, depositato

il 11/06/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

12/09/2019 dal Cons. Dott. TRICOMI LAURA.

Fatto

RITENUTO

che:

S.L.B., nato in Costa d’Avorio, con ricorso del D.Lgs. n. 25 del 2008, ex art. 35, impugnava dinanzi il Tribunale di Milano, con esito sfavorevole, il provvedimento di diniego della Commissione Territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale in tutte le sue forme.

Il richiedente aveva narrato di avere lasciato il Paese a causa della propria omosessualità. Ha riferito di essere stato scoperto da un cugino mentre aveva un rapporto sessuale, in casa, con un coetaneo che frequentava da due anni e di essere stato picchiato dai parenti; a seguito di ciò aveva lasciato la casa familiare e si era trasferito (OMISSIS); qui si era sentito osteggiato dalla gente del quartiere e si era trasferito in (OMISSIS), poi in Niger, in Libia ed infine era giunto in Italia.

Il Tribunale non ha ritenuto credibile il racconto, rimarcandone sia le carenze sul piano del narrato emotivo in relazione alla scoperta del differente orientamento sessuale, sia le contraddizioni e le incongruenze.

Ha quindi escluso la ricorrenza dei presupposti per il riconoscimento della protezione sussidiaria: in merito, dopo avere ripercorso le vicende politico/sociali ivoriane alla stregua delle fonti aggiornate (Human Right Watch-World Report 2018) non ha ravvisato una situazione di violenza indiscriminata e generalizzata espressione di un conflitto armato interno o internazionale, considerati i progressivi miglioramenti economici e sociali conseguiti alla presidenza (OMISSIS) ed a una ritrovata stabilità politica.

Ha, infine, negato il riconoscimento della protezione umanitaria osservando che non emergevano ulteriori ragioni di personale vulnerabilità, che il percorso di integrazione in Italia intrapreso non era sufficiente tanto che si poteva ritenere che il richiedente non avesse raggiunto alcun livello di integrazione sociale in Itala.

Il richiedente propone ricorso per cassazione, articolato in quattro mezzi, nei confronti del Ministero dell’interno che non ha svolto difese.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1.1. Il primo motivo censura il decreto impugnato per non avere sollevato la questione di legittimità costituzionale del D.L. n. 13 del 2017, in relazione al requisito di straordinaria necessità ed urgenza, agli art. 77 e 111 Cost., ed ai limiti previsti dalla L. n. 400 del 1988, art. 15.

1.2. Il secondo motivo denuncia violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2, 3, 4,5,6,7, D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 8 e 27, artt. 2 e 3 della CEDU, nonchè omesso esame dei fatti ed assenza di motivazione, nonchè violazione dei parametri normativi relativi agli atti di persecuzione subiti.

Il ricorrente si duole che non sia stato attributo giusto rilievo ai fatti narrati ed alla paura conseguente ai comportamenti persecutori posti in essere nei suoi confronti per l’orientamento sessuale.

1.3. Il terzo motivo denuncia violazione dei parametri normativi sempre in relazione alla credibilità delle dichiarazioni rese dal richiedente fissati nel D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, lett. c, in violazione degli obblighi di cooperazione istruttoria incombenti sull’autorità giurisdizionale; omesso esame di fatti decisivi; violazione o falsa applicazione di legge in relazione al D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 2, 3, 14, artt. 8 e 27, artt. 2 e 3 CEDU, violazione dei parametri normativi per la definizione di danno grave, violazione di legge in riferimento agli artt. 6 e 13 CEDU, alla Carta dei diritti fondamentali dell’unione Europea, art. 47 e dalla direttiva Europea n. 2013/32, art. 46.

1.4. Il quarto motivo denuncia violazione o falsa applicazione di legge in relazione al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e art. 19, comma 2 e art. 10, comma 3, motivazione apparente in relazione alla domanda di protezione umanitaria e alla valutazione di assenza di specifica vulnerabilità, omesso esame di fatti decisivi circa la sussistenza dei requisiti di quest’ultima, violazione ex art. 360 c.p.c., n. 3, D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3, 4,7,14,16 e 17, D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 8,10 e 32, D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, art. 10 Cost., omesso esame circa un fatto decisivo ex art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, in relazione presupposti della protezione umanitaria, mancanza o quantomeno l’apparenza della motivazione e nullità della decisione per violazione di varie disposizioni, artt. 112,132 c.p.c. e art. 156 c.p.c., comma 2 e art. 111 Cost., comma 6.

2.1. Il ricorso va rigettato.

2.2. Il primo motivo è infondato, poichè ripropone la questione di legittimità costituzionale che è già stata dichiarata da questa Corte non rilevante e manifestamente infondata, con decisione alla cui motivazione è sufficiente riportarsi (Cass. n. 17717 del 5/7/2018).

2.3.1. Il secondo e terzo motivo, che possono essere trattati congiuntamente, attenendo prevalentemente alla questione della credibilità delle dichiarazioni del ricorrente, sono inammissibili.

2.3.2. Si tratta per un verso di doglianze di indiscriminata violazione di una molteplicità di norme, che, tuttavia, non pongono in alcun modo in discussione il significato e la portata applicativa delle norme richiamate in rubrica. E’ in proposito agevole rammentare il più che consolidato principio secondo cui la violazione o falsa applicazione di norme di diritto va tenuta nettamente distinta la denuncia dell’erronea ricognizione della fattispecie concreta in funzione delle risultanze di causa, ricognizione che si colloca al di fuori dell’ambito dell’interpretazione e applicazione della norma di legge: il discrimine tra l’una e l’altra ipotesi violazione di legge in senso proprio a causa dell’erronea ricognizione dell’astratta fattispecie normativa, ovvero erronea applicazione della legge in ragione della carente o contraddittoria ricostruzione della fattispecie concreta è segnato dal fatto che solo quest’ultima censura, e non anche la prima, è mediata dalla contestata valutazione delle risultanze di causa (Cass. 16 giugno 2019, n. 16246; Cass. 11 gennaio 2016, n. 195; Cass. 30 dicembre 2015, n. 26110; Cass. 4 aprile 2013, n. 8315; Cass. 16 luglio 2010, n. 16698; Cass. 26 marzo 2010, n. 7394; Cass., Sez. Un., 5 maggio 2006, n. 10313).

2.3.3. Per altro verso, ribadito il principio secondo il quale “La valutazione in ordine alla credibilità del racconto del cittadino straniero costituisce un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito, il quale deve valutare se le dichiarazioni del ricorrente siano coerenti e plausibili, del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 3, comma 5, lett. c). Tale apprezzamento di fatto è censurabile in cassazione solo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, come mancanza assoluta della motivazione, come motivazione apparente, come motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, dovendosi escludere la rilevanza della mera insufficienza di motivazione e l’ammissibilità della prospettazione di una diversa lettura ed interpretazione delle dichiarazioni rilasciate dal richiedente, trattandosi di censura attinente al merito” (Cass. n. 3340 del 05/02/2019), va considerato che i motivi si collocano ben al di fuori del ristretto ambito in cui l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, ammette il sindacato motivazionale il provvedimento impugnato per cassazione, giacchè la censura pone in realtà in discussione la valutazione di non credibilità operata dal giudice di merito, il quale ha ritenuto non plausibile la narrazione sotto molteplici profili, evidenziandone incongruenze e contraddizioni sulle quali il ricorrente nemmeno si sofferma nei motivi.

Orbene la valutazione di non credibilità è insindacabile in questa sede, in applicazione del principio secondo cui, in tema di protezione internazionale, l’attenuazione dell’onere probatorio a carico del richiedente non esclude l’onere di compiere ogni ragionevole sforzo per circostanziare la domanda D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 3, comma 5, lett. a), essendo possibile solo in tal caso considerare “veritieri” i fatti narrati. La valutazione di non credibilità del racconto, costituisce un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito il quale deve valutare se le dichiarazioni del richiedente siano coerenti e plausibili, ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 3, comma 5, lett. c), ma pur sempre a fronte di dichiarazioni sufficientemente specifiche e circostanziate (Cass. 30 ottobre 2018, n. 27503).

2.3.5. Va infine aggiunto, che il Tribunale non si è limitato ad illustrare le ragioni per cui ha ritenuto non credibile il racconto del richiedente ma, in relazione alla domanda di protezione sussidiaria del D.Lgs. n. 25 del 2007, ex art. 14, lett. c), ha anche dettagliatamente esaminato le fonti internazionali, giungendo ad escludere la sussistenza di rischi connessi a violenza indiscriminata per la popolazione civile con una adeguata motivazione.

2.4. Il quarto motivo è inammissibile.

In disparte dal fatto che la denuncia sia relativa a molteplici norme, sostanziali e processuali, senza che in nessun caso abbia a che fare nè con la violazione di legge in senso proprio, nè con la falsa applicazione, nè tantomeno che sia dedotto un qualche specifico vizio processuale, ciò che è censurato, viceversa, è l’affermazione del Tribunale secondo cui il ricorrente non aveva allegato fatti tali da configurare una sua situazione di speciale vulnerabilità, bensì soltanto i medesimi fatti posti in generale a sostegno della domanda di protezione internazionale.

Premesso che la valutazione in concreto spetta al giudice di merito, va osservato che nessun elemento di vulnerabilità individuale di cui sarebbe stato omesso l’esame è stato dedotto con puntualità (v. fol. 19 del ricorso), tale non potendosi ritenere l’inizio di un percorso scolastico o lo sforzo di inserimento nel tessuto sociale italiano (fol. 20 del ricorso), già considerata dal Tribunale, e ciò in disparte dal fatto che tale circostanza, anche ove provata, sarebbe stata insufficiente ad ottenere il riconoscimento della protezione richiesta (Cass. n. 4455 del 23/02/2018).

3. Non si provvede sulle spese in assenza di attività difensiva dell’intimato Ministero.

Non sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato, stante l’ammissione provvisoria al patrocinio a spese dello Stato.

PQM

– Rigetta il ricorso;

– Dà atto, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, della non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 12 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 9 dicembre 2019

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