Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 32055 del 09/12/2019

Cassazione civile sez. I, 09/12/2019, (ud. 12/09/2019, dep. 09/12/2019), n.32055

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna C. – Consigliere –

Dott. SCOTTI Umberto L. C. G. – Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21683/2018 proposto da:

D.B., domiciliato in Roma, P.zza Cavour, presso la

Cancelleria Civile della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso

dall’Avvocato Stefania Santilli, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore,

elettivamente domiciliato in Roma Via dei Portoghesi 12 presso

l’Avvocatura Generale Dello Stato, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso il decreto n. 2749/2018 del TRIBUNALE di Milano, depositato

il 21/06/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

12/09/2019 dal Cons. Dott. TRICOMI LAURA.

Fatto

RITENUTO

che:

D.B., nato in (OMISSIS), con ricorso del D.Lgs. n. 25 del 2008, ex art. 35, impugnava dinanzi il Tribunale di Milano, con esito sfavorevole, il provvedimento di diniego della Commissione Territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale in tutte le sue forme.

Il richiedente aveva narrato di essere fuggito dal Mali, dopo essere stato attaccato da banditi mentre era al lavoro con due suoi zii presso un cantiere per la costruzione di una scuola e di temere, in caso di rimpatrio, di non riuscire a trovare lavoro.

Il Tribunale, pur avendo ritenuto plausibili le circostanze relative alle ragioni della fuga dal Mali, ha escluso la ricorrenza dei presupposti per il riconoscimento dello status di rifugiato, avendo ascritto la sua partenza a ragioni di natura essenzialmente economica ed a episodi di violenza non riconducibili a quanto previsto dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 8.

Ha quindi escluso la ricorrenza dei presupposti per il riconoscimento della protezione sussidiaria: in merito, dopo avere ripercorso le vicende politico/sociali maliane alla stregua delle fonti aggiornate (Unita COI, relazione del 25/10/2017 e del 26/1/218 e Human Right Watch-World Report 2018) non ha ravvisato una situazione di violenza indiscriminata e generalizzata espressione di un conflitto armato interno o internazionale considerato l’impegno delle forze governative, supportate dagli operatori di pace internazionali, per mantenere l’autorità statale contro la perdurante operatività di alcuni gruppi armati islamici.

Ha, infine, negato il riconoscimento della protezione umanitaria osservando che non emergevano ulteriori ragioni di personale vulnerabilità, che il percorso di integrazione in Italia intrapreso non era sufficiente e che si poteva ritenere che il richiedente non avrebbe dovuto affrontare difficoltà insormontabili per inserirsi nel mondo del lavoro nel suo Paese.

Il richiedente propone ricorso per cassazione, articolato in due mezzi, nei confronti del Ministero dell’Interno che replica con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2-6 e 14, D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 8 e 27, artt. 2 e 3 Cedu, oltre ad omesso esame di fatti decisivi, sostenendo che il racconto del richiedente, contrariamente a quanto deciso dal Tribunale, era adeguatamente dettagliato circa le ragioni della fuga, dovuta al clima di violenza imperversante nel Paese di origine e non alle sole esigenze economiche e lavorative.

Con il secondo motivo si deduce la violazione del D.Lgs. n. 25 del 2005, art. 32, in relazione al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e l’omesso esame di un fatto decisivo; la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e art. 19, comma 2 e art. 10 Cost., comma 3 e art. 2 Cost., nonchè dell’art. 8 della CEDU, oltre che la motivazione apparente in relazione alla domanda di protezione umanitaria ed alla valutazione di assenza della vulnerabilità.

2. I motivi sono manifestamente inammissibili, perchè, riproducendo in larga parte norme e precedenti giurisprudenziali, intendono ripetere un giudizio sul fatto in questa sede; invero, la congrua motivazione del provvedimento impugnato ha esaminato la situazione esposta dal richiedente, cittadino del Mali, ed ha esaminato i fatti narrati, senza ometterne alcuno, dando rilievo a ciò che è apparso più significativo nel contesto narrativo e cioè le ragioni economiche della fuga.

Il Tribunale ha comunque valutato la situazione socio/politica del Mali e le condizioni di violenza, escludendo che ricorrano i presupposti della protezione internazionale in ragione di un progressivo controllo del territorio da parte delle forze statali ed internazionali di pace.

Quanto alla richiesta di protezione per motivi umanitari, del pari, il Tribunale ha stigmatizzato la stessa mancata allegazioni di elementi idonei ad integrarne i presupposti di legge, non prospettando il richiedente nessun elemento specifico ed individualizzante; in definitiva, il giudice del merito ha compiutamente approfondito l’esame in fatto della situazione, nel pieno rispetto dei principi enunciati da questa Corte in materia, esponendo le ragioni per le quali, pur ritenendo credibile il racconto del richiedente, non ha accolto nessuna domanda: si tratta di valutazioni prettamente discrezionali rimesse al giudice di merito, non più sindacabili.

3. In conclusione il ricorso va dichiarato inammissibile.

Le spese seguono la soccombenza nella misura liquidata in dispositivo.

Non sussistono i presupposti di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, stante la provvisoria ammissione del ricorrente al patrocinio a spese dello Stato.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso;

– Condanna il ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 2.100,00, oltre spese prenotate a debito a favore del controricorrente;

– Dà atto, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, della non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 12 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 9 dicembre 2019

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