Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 32054 del 09/12/2019

Cassazione civile sez. I, 09/12/2019, (ud. 12/09/2019, dep. 09/12/2019), n.32054

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. SAMBITO Maria G.C. – Consigliere –

Dott. SCOTTI Umberto Luigi Cesare Giuseppe – Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21670/2018 proposto da:

D.Y., domiciliato in Roma, P.zza Cavour, presso la

Cancelleria Civile della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso

dall’Avvocato Daniela Gasparin, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore,

elettivamente domiciliato in Roma Via dei Portoghesi 12 presso

l’Avvocatura Generale dello Stato, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso il Decreto n. 2750/2018 del TRIBUNALE di Milano, depositato

il 21/06/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

12/09/2019 dal cons. TRICOMI LAURA.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

CHE:

Il Tribunale di Milano, con il decreto depositato il 21/6/2018 in epigrafe indicato, ha rigettato la domanda di riconoscimento della protezione internazionale presentata da D.Y., nato in (OMISSIS). Questi ha proposto ricorso per cassazione con tre mezzi; il Ministero dell’Interno si è costituito con controricorso.

Il cittadino straniero ha racconto di avere avuto contrasti con il padre a seguito del suo rifiuto a proseguire gli studi presso la scuola coranica e di essere stato perciò allontanato dalla famiglia; di avere vissuto per alcuni anni ad Abidjan e di avere deciso nel 2016 di raggiungere l’Europa, come avevano già fatto altri suoi amici.

Il Tribunale ha ritenuto che le ragioni dell’allontanamento non evidenziavano una persecuzione nei confronti del richiedente, posto che i maltrattamenti subiti in ambito familiare non erano caratterizzati da finalità religiose, ma da finalità di tipo educativo, e l’allontanamento dalla Costa d’Avorio era avvenuto per seguire gli amici.

Ha, inoltre, escluso la ricorrenza di alcuno dei presupposti per la concessione di qualsiasi forma di protezione internazionale perchè ha ritenuto insussistenti in concreto sia il pericolo di atti persecutori ed il rischio di danno grave, ai fini della protezione internazionale, sia le condizioni di vulnerabilità tali da giustificare il riconoscimento della protezione umanitaria.

Sono stati ritenuti sussistenti i presupposti per la trattazione camerale ex art. 380 bis c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

CHE:

1.1. Il primo motivo censura il decreto impugnato per non avere sollevato la questione di legittimità costituzionale del D.L. n. 13 del 2017, in relazione al requisito di straordinaria necessità ed urgenza, agli artt. 77 e 111 Cost. ed ai limiti previsti dalla L. n. 400 del 1988, art. 15.

1.2. Il secondo motivo denuncia violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2, 3, 4,5,6,7, del D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 8 e 27, degli artt. 2 e 3 della CEDU, nonchè omesso esame dei fatti ed assenza di motivazione, nonchè violazione dei parametri normativi relativi agli atti di persecuzione subiti.

Il ricorrente si duole che, pur essendo stato ritenuto credibile, non sia stato attributo giusto rilievo alla paura conseguente ai comportamenti persecutori posti in essere dal padre nei suoi confronti, oltre che alla situazione politico/sociale esistente nel Paese.

1.3. Il terzo motivo denuncia violazione o falsa applicazione di legge in relazione al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e art. 19, comma 2 e art. 10, comma 3, motivazione apparente in relazione alla domanda di protezione umanitaria e alla valutazione di assenza di specifica vulnerabilità, omesso esame di fatti decisivi circa la sussistenza dei requisiti di quest’ultima, violazione ex art. 360 c.p.c., n. 3, del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3, 4,7,14,16 e 17, del D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 8,10 e 32, del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, dell’art. 10 Cost., omesso esame circa un fatto decisivo ex art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, in relazione presupposti della protezione umanitaria, mancanza o quantomeno l’apparenza della motivazione e nullità della decisione per violazione di varie disposizioni, artt. 112 e 132 c.p.c. e art. 156 c.p.c., comma 2 e art. 111 Cost., comma 6.

2.1. Il ricorso va rigettato.

2.2. Il primo motivo è infondato, poichè ripropone la questione di legittimità costituzionale che è già stata dichiarata da questa Corte non rilevante e manifestamente infondata, con decisione alla cui motivazione è sufficiente riportarsi (Cass. n. 17717 del 5/7/2018).

2.3.1. Il secondo motivo che attiene prevalentemente al mancato riconoscimento di rilevanza e decisività alle dichiarazioni rese dal ricorrente, pur ritenute credibili, al fine del riconoscimento della protezione richiesta, è inammissibile.

2.3.2. Si tratta per un verso della doglianza di indiscriminata violazione di una molteplicità di norme, che, tuttavia, non pongono in alcun modo in discussione il significato e la portata applicativa delle norme richiamate in rubrica. E’ in proposito agevole rammentare il più che consolidato principio secondo cui la violazione o falsa applicazione di norme di diritto va tenuta nettamente distinta la denuncia dell’erronea ricognizione della fattispecie concreta in funzione delle risultanze di causa, ricognizione che si colloca al di fuori dell’ambito dell’interpretazione e applicazione della norma di legge: il discrimine tra l’una e l’altra ipotesi – violazione di legge in senso proprio a causa dell’erronea ricognizione dell’astratta fattispecie normativa, ovvero erronea applicazione della legge in ragione della carente o contraddittoria ricostruzione della fattispecie concreta – è segnato dal fatto che solo quest’ultima censura, e non anche la prima, è mediata dalla contestata valutazione delle risultanze di causa (Cass. 16 giugno 2019, n. 16246; Cass. 11 gennaio 2016, n. 195; Cass. 30 dicembre 2015, n. 26110; Cass. 4 aprile 2013, n. 8315; Cass. 16 luglio 2010, n. 16698; Cass. 26 marzo 2010, n. 7394; Cass., Sez. Un., 5 maggio 2006, n. 10313).

2.3.3. Per altro verso, ribadito il principio secondo il quale le liti tra privati per ragioni proprietarie o familiari non possono essere addotte come causa di persecuzione o danno grave, nell’accezione offerta dal D.Lgs. n. 251 del 2007, trattandosi di “vicende private” estranee al sistema della protezione internazionale (Cass. n. 9043 del 01/04/2019), al quale il Tribunale ha dato corretta applicazione, va considerato che il giudice del merito ha ritenuto, previa disamina degli snodi narrativi del racconto del ricorrente, che questi si fosse allontanato dal Paese per seguire i suoi amici e non perchè condizionato dai suoi familiari – che si erano disinteressati a lui durante la permanenza ad Abidjan – e che il motivo tende a pervenire ad un non consentito riesame del merito senza nemmeno cogliere la ratio decidendi.

2.3.4. Non assume, inoltre, rilievo la circostanza, genericamente dedotta, che in altri casi sia stata riconosciuta la protezione a richiedenti provenienti dalla Costa d’Avorio, trattandosi di vicende oggetto di valutazione individualizzata di cui, peraltro, si ignorano gli elementi caratterizzanti.

2.3.5. Va infine aggiunto, che il Tribunale non si è limitato a respingere la domanda di rifugio ma, in relazione alla domanda di protezione sussidiaria il D.Lgs. n. 25 del 2007, ex art. 14, ha anche dettagliatamente esaminato le fonti internazionali in merito alla positiva evoluzione della situazione politico/sociale connotata da una certa stabilità, conseguente alle elezioni del 2015 che hanno visto vittorioso l’attuale presidente Ouattara (World report Human Rights Watch 2016), giungendo ad escludere la sussistenza di rischi connessi a violenza indiscriminata tale da esporre i residenti al rischio effettivo di subire una minaccia grave alla vita o alla persona con una adeguata motivazione.

3.1. Il terzo motivo è inammissibile.

In disparte dal fatto che la denuncia sia relativa a molteplici norme, sostanziali e processuali, senza che in nessun caso abbia a che fare nè con la violazione di legge in senso proprio, nè con la falsa applicazione, nè tantomeno che sia dedotto un qualche specifico vizio processuale, ciò che è censurato, viceversa, è l’affermazione del Tribunale secondo cui il ricorrente non aveva allegato fatti tali da configurare una sua situazione di speciale vulnerabilità, bensì soltanto i medesimi fatti posti in generale a sostegno della domanda di protezione internazionale.

3.2. Premesso che la valutazione in concreto spetta al giudice di merito, va osservato che nessun elemento di vulnerabilità individuale di cui sarebbe stato omesso l’esame è stato dedotto con puntualità, di guisa che, anche ove provata l’integrazione in Italia – che tuttavia il Tribunale ha escluso ciò non sarebbe state sufficiente ad ottenere il riconoscimento della protezione richiesta (Cass. n. 4455 del 23/02/2018).

4. Le spese seguono la soccombenza in favore del costituito Ministero dell’Interno.

Non sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato, stante l’ammissione provvisoria al patrocinio a spese dello Stato.

P.Q.M.

– Rigetta il ricorso;

– Condanna il ricorrente alle spese di giudizio che liquida in Euro 2.100,00=, oltre spese prenotate a debito;

– Dà atto, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, della non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 12 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 9 dicembre 2019

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