Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 32046 del 11/12/2018

Cassazione civile sez. un., 11/12/2018, (ud. 09/10/2018, dep. 11/12/2018), n.32046

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Primo Presidente f.f. –

Dott. MANNA Antonio – Presidente di Sez. –

Dott. TRIA Lucia – rel. Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

Dott. DORONZO Adriana – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 10146/2018 proposto da:

R.A., elettivamente domiciliato in ROMA, presso la

CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato LORENZO TRUCCO;

– ricorrente –

contro

QUESTORE DELLA PROVINCIA DI TORINO MINISTERO DELL’INTERNO;

– intimato –

avverso l’ordinanza di incompetenza (r.g. n. 18798/17) del TRIBUNALE

di TORINO, depositata il 14/02/2018;

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

09/10/2018 dal Consigliere LUCIA TRIA;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. CAPASSO Lucio, che ha concluso per l’accoglimento del

ricorso;

udito l’Avvocato Lorenzo Trucco.

Fatto

ESPOSIZIONE DEI FATTI

1. Con ordinanza del 14 febbraio 2018 il Tribunale di Torino – in composizione monocratica – ha dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice ordinario nella controversia instaurata dal cittadino pachistano R.A. il quale, nell’impugnare il diniego di rinnovo del permesso di soggiorno per motivi di studio, ha chiesto anche l’accertamento e la dichiarazione del proprio diritto al rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari ai sensi del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5,comma 6, (d’ora in poi: TUI, Testo unico immigrazione) – in considerazione delle proprie gravi condizioni di salute, che nel settembre 2016 hanno comportato il riconoscimento della sua invalidità civile nella misura del 65% – e il Questore di Torino ha respinto tale richiesta.

2. Alla suddetta conclusione il Tribunale è pervenuto rilevando che:

a) R.A. ha depositato ricorso con il quale ha chiesto, previa sospensione, l’annullamento del provvedimento del Questore di Torino di diniego della sua domanda volta ad ottenere il permesso di soggiorno ex art. 5, comma 6, del TUI;

b) il Ministero dell’Interno non si è costituito in giudizio, ma ha depositato una relazione della Questura ove si sostiene il difetto di giurisdizione del giudice ordinario;

c) dalla lettura del ricorso emerge che il ricorrente ha impugnato il rigetto del permesso di soggiorno per motivi di studio e tale istanza è riservata alla giurisdizione del giudice amministrativo;

d) d’altra parte, il D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5 non attribuisce al giudice ordinario un generico potere di sindacare la sussistenza dei “gravi motivi umanitari”, al di fuori della protezione internazionale e dell’ambito di applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, che appunto prevede che la protezione umanitaria possa essere concessa nei casi di mancato accoglimento della domanda di protezione internazionale;

e) in linea generale, secondo la giurisprudenza di legittimità (Cass. n. 20331 del 2013), ogni controversia relativa al mancato rilascio del permesso di soggiorno o al diniego del relativo rinnovo, è riservata alla giustizia amministrativa essendo i suddetti provvedimenti discrezionali e non vincolati;

f) peraltro, l’oggetto della domanda non rientra neppure nell’elenco delle materie di competenza delle Sezioni specializzate (in composizione monocratica o collegiale) di cui al D.L. n. 13 del 2017, art. 3, convertito dalla L. n. 46 del 2017;

g) infine, lo stesso art. 3, alla lett. e, attribuisce espressamente al giudice ordinario in composizione monocratica soltanto le controversie riguardanti il permesso di soggiorno per motivi familiari.

3. Il ricorso di R.A. domanda la cassazione dell’ordinanza suindicata per un unico motivo.

Il Ministero dell’Interno non ha svolto attività difensiva in questa sede.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1 – Sintesi delle censure.

1. Con l’unico motivo di ricorso si denuncia, in riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 1, violazione ed erronea applicazione dell’art. 1 cod. proc. civ. e D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6,.

Si sottolinea che, in sede giudiziaria, il ricorrente ha impugnato unicamente il diniego del Questore della richiesta del permesso di soggiorno per motivi umanitari ai sensi del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, (d’ora in poi: TUI, Testo unico immigrazione), che ha proposto in considerazione delle proprie condizioni di salute, consistenti nell’essere affetto da una sindrome di carattere genetico per la quale nel settembre 2016 ha ottenuto il riconoscimento dell’invalidità civile pari al 67%, come tali rientranti tra le “oggettive e gravi situazioni personali” (D.P.R. n. 394 del 1999, art. 11 e art. 2 lett. c-ter, di attuazione del TUI), che consentono il rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari.

Egli pertanto ha fatto valere una posizione giuridica di diritto soggettivo per la quale sussiste la giurisdizione del giudice ordinario essendo irrilevante, ai fini della giurisdizione in materia. che non vi sia stato un preventivo passaggio per la Commissione territoriale, come più volte affermato dalla giurisprudenza.

2 – Esame delle censure.

2. Il ricorso va accolto e va, pertanto, dichiarata la giurisdizione del giudice ordinario.

3. Deve essere preliminarmente ricordato che, in base ad un costante orientamento di questa Corte, in ordine alle questioni di giurisdizione, le Sezioni Unite della Corte di cassazione sono anche giudice del fatto e pertanto hanno il potere di procedere direttamente all’esame degli atti processuali, traendone conseguenze in piena autonomia e indipendenza sia dalle deduzioni delle parti che dalle valutazioni del giudice del merito (vedi, per tutte: Cass. SU 2 aprile 2007, n. 8095; Cass. SU 21 aprile 2015, n. 8074).

4. Nella specie – non consentendo la lettura del provvedimento impugnato, effettuata alla luce del ricorso per cassazione, di ricostruire con chiarezza il thema decidendum, in particolare con riferimento al tipo di permesso di soggiorno di cui si tratta nel presente giudizio ed essendo necessario al fine dell’esame della questione di giurisdizione accertare tale elemento – è stato necessario procedere alla lettura degli atti processuali.

Questo ha consentito di appurare in modo inequivoco che – come si afferma nel ricorso – R.A. in giudizio ha impugnato il diniego del Questore di Torino della propria richiesta del permesso di soggiorno per motivi umanitari ai sensi del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, (d’ora in poi: TUI, Testo unico immigrazione), proposta direttamente in quella sede ai sensi del D.P.R. 31 agosto 1999, n. 394, art. 11, comma 1, lett. c-ter, secondo cui: il rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari, nei casi di cui agli art. 5, comma 6 e art. 19, comma 1, TUI, poteva essere disposto su domanda direttamente dal Questore previa “acquisizione dall’interessato di documentazione riguardante i motivi della richiesta relativi ad oggettive e gravi situazioni personali che non consentono l’allontanamento dello straniero dal territorio nazionale” (lettera abrogata dal D.L. 4 ottobre 2018, n. 113, art. 1, comma 6, lett. a, abrogazione che peraltro non rileva nella presente vicenda, ai sensi dell’art. 11 preleggi).

5. Ne deriva che, ai fini del presente giudizio, è tutto ininfluente che l’impugnativa riguardi un provvedimento negativo assunto direttamente dal Questore, indipendentemente dalla deliberazione della Commissione territoriale, in quanto, pur non essendo più da riconoscere al Questore alcun potere discrezionale in materia tuttavia ciò trova riscontro nella suindicata disposizione e, comunque, in base alla giurisprudenza di legittimità in tutti i casi in cui il Questore, ancorchè privo di potere discrezionale, abbia assunto irritualmente un provvedimento negativo, indipendentemente dalla deliberazione della Commissione territoriale, per la relativa impugnazione deve comunque essere adito il giudice ordinario (vedi: Cass. 9 dicembre 2011, n. 26481).

Infatti, ciò che rileva, ai fini della sussistenza della giurisdizione del giudice ordinario è la situazione giuridica soggettiva dello straniero cui va attribuita natura di diritto soggettivo, da annoverare tra i diritti umani fondamentali che godono della protezione apprestata dall’art. 2 Cost. e dall’art. 3 della CEDU, mentre al potere amministrativo (nella specie: al Questore) può essere affidato solo l’accertamento dei presupposti di fatto che legittimano la protezione umanitaria, nell’esercizio di una mera discrezionalità tecnica (tra le tante: Cass. SU 9 settembre 2009, n. 19393).

6. Nella specie risulta, invece, che il Tribunale di Torino ha inquadrato la fattispecie sub judice ed escluso la giurisdizione del giudice ordinario facendo propria la relazione della Questura di Torino in data 11 dicembre 2017 – che è stata acquisita direttamente agli atti, benchè il Ministero dell’Interno non si fosse costituito in giudizio e che neppure risulta essere stata inviata formalmente al ricorrente quando è del tutto evidente che il contenuto di tale relazione supera di molto l’esercizio di una “discrezionalità meramente tecnica” tanto da giungere alla conclusione del “difetto di giurisdizione” del giudice adito.

7. Di conseguenza, l’individuazione della situazione soggettiva del ricorrente nonchè la dichiarazione del difetto di giurisdizione del giudice ordinario risultano essere state effettuate dal Tribunale di Torino sulla base di alcuni presupposti non condivisibili, in quanto:

1) il primo luogo – come si desume anche dal richiamo di Cass. 4 settembre 2013, n. 20331 relativa ad una fattispecie diversa dall’attuale e governata da discipline ormai superate – è stato attribuito valore vincolante alla suddetta relazione del Questore e ciò è di fatto avvenuto anche con riguardo alla attribuzione della giurisdizione;

2) soprattutto non sono stati considerati – al fine della determinazione del tipo di situazione giuridica soggettiva del ricorrente e quindi del giudice dotato di giurisdizione – i principi fondamentali che, in base alla normativa di derivazione UE, regolano lo speciale procedimento in materia di protezione internazionale e/o umanitaria, secondo cui: a) l’avvio del procedimento deve avvenire con una domanda unica ad oggetto indistinto, presentabile senza limiti di tempo; b) l’autorità amministrativa e/o il giudice dello Stato interessato hanno il compito di riconoscere l’esistenza e il tipo di misura di protezione che si può adottare in concreto; c) infatti, l’autorità amministrativa e il giudice del merito svolgono un ruolo attivo nell’istruzione della domanda, disancorato dal principio dispositivo proprio del giudizio civile e libero da preclusioni o impedimenti processuali, oltre che fondato sulla possibilità di assumere informazioni ed acquisire tutta la documentazione necessaria (fra le tate: Cass. 6 febbraio 2018, n. 2875).

8. Una volta stabilito che nel presente giudizio si discute del diniego del premesso di soggiorno per motivi umanitari rappresentati dalle gravi condizioni di salute del ricorrente derivanti da una sindrome di carattere genetico per la quale nel settembre 2016 ha ottenuto il riconoscimento dell’invalidità civile pari al 67% appare opportuno specificare le ragioni per le quali si perviene alla conclusione della sussistenza della giurisdizione del giudice ordinario, conclusione che, peraltro, trova riscontro anche nel citato D.L. n. 113 del 2018.

9. Con riferimento al quadro normativo esistente al momento dell’inizio della presente vicenda, che è quello che qui rileva, il suddetto permesso di soggiorno costituiva una delle ipotesi – non specificamente individuate dal legislatore – per le quali si poteva concedere il permesso di soggiorno per motivi umanitari.

Quest’ultimo permesso, di ampia applicazione, è stato abolito, in quanto tale, dal citato D.L. 4 ottobre 2018, n. 113, che lo ha sostituito con alcuni tipici permessi aventi motivazioni umanitarie per “casi speciali”, così specificati: per cure mediche nonchè dei permessi di soggiorno di cui all’art. 18 (per motivi di protezione sociale), art. 18-bis (per le vittime di violenza domestica), 20-bis (per calamità naturali), art. 22, comma 12-quater (per sfruttamento lavorativo), e 42-bis (per atti di particolare valore civile), e del permesso di soggiorno rilasciato ai sensi del D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 32,comma 3, (permesso di soggiorno annuale che reca la dicitura “protezione speciale” per le categorie vulnerabili).

Per precisione, il “nuovo” permesso di soggiorno “per cure mediche” è disciplinato dalla lett. d-bis del comma 2 dell’articolo 19 del TUI (inserita dal suddetto D.L. n. 113 del 2018) secondo cui agli “stranieri che versano in condizioni di salute di eccezionale gravità, accertate mediante idonea documentazione, tali da determinare un irreparabile pregiudizio alla salute degli stessi, in caso di rientro nel Paese di origine o di provenienza”, “il questore rilascia un permesso di soggiorno per cure mediche, per il tempo attestato dalla certificazione sanitaria, comunque non superiore ad un anno, rinnovabile finchè persistono le condizioni di salute di eccezionale gravità debitamente certificate, valido solo nel territorio nazionale”.

10. Detto questo, appare opportuno fare sinteticamente riferimento al lungo e complesso percorso che ha portato all’attribuzione alla giurisdizione del giudice ordinario delle controversie in materia di permesso di soggiorno per motivi umanitari, muovendo dalla premessa che nel suddetto cammino le questioni di carattere sostanziale – relative alla configurazione della situazione soggettiva del richiedente – e quelle di carattere processuale risultano intrinsecamente connesse.

11. A tal fine, si deve ricordare che, in linea generale, il permesso di soggiorno per motivi umanitari (nella sua originaria configurazione):

a) nell’ambito dell’ordinamento interno, si collega all’asilo costituzionale di cui all’art. 10 Cost., comma 3;

b) con riguardo alla disciplina dell’Unione Europea in materia di protezione internazionale, ha rappresentato la forma nazionale di “protezione complementare” che da sempre il Sistema di asilo Europeo consente agli Stati membri di riconoscere – anche per motivi umanitari o caritatevoli, ma a condizione che le relative disposizioni siano compatibili con quelle delle direttive UE nel senso che non modifichino i presupposti e l’ambito di applicazione della disciplina derivata dell’Unione (Corte di Giustizia UE, sentenza 9 novembre 2010, C-57/09, C-101/09) – alle persone che non possono rivendicare lo status di rifugiato (di cui alla Convenzione di Ginevra) e neppure della protezione sussidiaria (di origine UE) benchè siano minacciate nei propri diritti fondamentali in caso di rinvio nel Paese d’origine. E va anche considerato che, fin dalla Risoluzione n. C 150 del 28/05/1999, la UE ha cercato di ottenere un’armonizzazione fra gli Stati membri UE delle forme di protezione complementare nazionali rispettivamente previste. Ma ancora oggi le relative discipline variano notevolmente da Stato a Stato.

12. Va altresì precisato che storicamente, nell’ambito delle controversie in materia di protezione internazionale e/o complementare, quelle relativa al permesso di soggiorno per motivi umanitari sono state quelle che hanno dato luogo alle maggiori incertezze interpretative, sia dal punto di vista sostanziale (per la configurazione della situazione soggettiva del richiedente) che processuale (per la conseguente individuazione del giudice dotato di giurisdizione).

13. Tali incertezze, che si sono fra loro intrecciate, sono state in un primo momento incentrate sulla questione relativa all’individuazione della natura della disposizione di cui all’art. 10 Cost., comma 3, e poi, nel corso del tempo, principalmente originate dall’interpretazione della scarna disciplina di riferimento, contenuta al livello di normativa primaria, nel D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 5, comma 6.

14. La suddetta questione di fondo è stata risolta in seguito al dibattito scaturito dopo la “storica” sentenza n. 11 del 1968 della Corte costituzionale, nella quale è stato affermato che i soggetti ai quali la nostra Costituzione (art. 10, terzo comma) ha voluto offrire asilo politico perchè nel Paese di origine non godono delle libertà proprie di uno Stato democratico (nella specie: libertà di manifestazione del pensiero di un giornalista) “devono poter godere almeno in Italia di tutti quei fondamentali diritti democratici che non siano strettamente inerenti allo status civitatis”.

Sulla base della suindicata sentenza costituzionale nella giurisprudenza di questa Corte, modulata sulle sopravvenienze normative via via intervenute, in un primo momento con Cass. SU 26 maggio 1997, n. 4674 si è affermata la sussistenza della giurisdizione del giudice ordinario per le controversie riguardanti il “diritto di asilo di cui all’art. 10 Cost., comma 3”. Successivamente, a partire da Cass. SU 17 dicembre 1999, n. 907, lo stesso principio è stato applicato alle controversie in materia di protezione internazionale. Quindi, attraverso alcuni passaggi intermedi, si è pervenuti alla conclusione della devoluzione alla giurisdizione del giudice ordinario delle controversie relative ai tre istituti costituiti dallo status di rifugiato, dalla protezione sussidiaria e dal diritto al rilascio di un permesso umanitario, nelle quali viene data attuazione al diritto di asilo, grazie all’esaustiva disciplina di origine UE e a quella “di cui al D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 5,comma 6” (vedi, per tutte: Cass. 26 giugno 2012, n. 10686 cui si è uniformata la costante successiva giurisprudenza; da ultimo: Cass. SU 28 febbraio 2017, n. 5859 e Cass. 23 febbraio 2018, n. 4455).

Ne deriva che, da tempo, si sono superati i problemi riguardanti l’individuazione del giudice dotato di giurisdizione sulle relative controversie sia per effetto della citata giurisprudenza di questa Corte sia grazie a specifici interventi del legislatore e della Corte costituzionale e anche la giurisprudenza amministrativa si è adeguata (vedi, per tutte: Cons. Stato sez. 6, 19 luglio 2005, n. 3835 e 22 maggio 2007, n. 2593).

Del resto, l’esito di questo percorso – volto ad evitare l’attribuzione a giudici appartenenti a plessi giurisdizionali diversi della cognizione di situazioni giuridiche tra loro strettamente connesse, come quelle sulle quali si basano la domanda di asilo o quella di riconoscimento della protezione internazionale e/o umanitaria – risulta anche del tutto conforme ai principi del giusto processo di cui all’art. 111 Cost..

15. Il quadro normativo è profondamente cambiato con l’entrata in vigore del D.L. 30 dicembre 1989, n. 416, art. 1-quater (convertito, con modificazioni, dalla L. 28 febbraio 1990, n. 39), introdotto dalla L. 30 luglio 2002, n. 189, art. 32,comma 1, lett. b), che ha istituito le Commissioni territoriali dando espressamente loro il compito, in caso di mancato accoglimento della domanda di protezione internazionale, di valutare, al fine del rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari, le conseguenze di un rimpatrio alla luce degli obblighi derivanti dalle Convenzioni internazionali.

A partire da questa disposizione è mutato radicalmente il rapporto tra le attribuzioni delle Commissioni Territoriali e i poteri del Questore, in quanto alle Commissioni è stato assegnato il compito dell’accertamento in concreto delle condizioni del diritto alla protezione, con esclusione di ogni margine di discrezionalità in tale valutazione (posto che la natura tecnica dell’organo collegiale esclude che ad esso competano valutazioni proprie dell’autorità di governo). Correlata a tale attribuzione è stata l’esclusione della discrezionalità valutativa del Questore – in sede di adozione dei provvedimenti sul soggiorno del richiedente – dal cui esercizio anche la giurisprudenza di questa Corte dell’epoca desumeva l’insussistenza del diritto soggettivo del richiedente e della conseguente giurisdizione del giudice ordinario in materia.

16. Tale configurazione delle attribuzioni del Questore in materia non è più mutata anche nella normativa successiva con la quale il suddetto art. 1-quater è stato abrogato (D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 40) e la disciplina della Commissioni territoriali è stata modificata, stabilendosi quanto segue:

a) a decorrere dall’entrata in vigore del D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 32, comma 3, (di attuazione della direttiva 2005/85/CE): “3. Nei casi in cui non accolga la domanda di protezione internazionale e ritenga che possano sussistere gravi motivi di carattere umanitario, la Commissione territoriale trasmette gli atti al questore per l’eventuale rilascio del permesso di soggiorno ai sensi del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 5, comma 6”;

b) in seguito alla sostituzione del citato art. 32, comma 3, ad opera del D.L. n. 113 del 2018, art. 1, comma 2, lett. a), (con la relativa decorrenza): “3. Nei casi in cui non accolga la domanda di protezione internazionale e ricorrano i presupposti di cui al D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 19, commi 1 e 1.1, la Commissione territoriale trasmette gli atti al questore per il rilascio di un permesso di soggiorno annuale che reca la dicitura protezione speciale, salvo che possa disporsi l’allontanamento verso uno Stato che provvede ad accordare una protezione analoga. Il permesso di soggiorno di cui al presente comma è rinnovabile, previo parere della Commissione territoriale, e consente di svolgere attività lavorativa ma non può essere convertito in permesso di soggiorno per motivi di lavoro”.

17. Anche grazie ai suindicati interventi legislativi nella giurisprudenza di questa Corte, a partire da Cass. SU 19 maggio 2009, n. 11535, con orientamento consolidato, è stata affermata la sussistenza della giurisdizione del giudice ordinario sull’impugnazione del provvedimento del Questore di diniego del permesso di soggiorno per motivi umanitari all’esito del rigetto, da parte della Commissione territoriale competente, della domanda di riconoscimento dello “status” di rifugiato (o di protezione sussidiaria).

Si è altresì specificato che al Questore – a differenza che nel regime giuridico vigente prima dell’entrata in vigore dell’art. 1-quater del D.L. n. 416 cit. – non è più attribuita alcuna discrezionalità valutativa in ordine all’adozione dei provvedimenti riguardanti i permessi umanitari, coerentemente con la definitiva attribuzione alle istituite Commissioni territoriali di tutte le competenze valutative in ordine all’accertamento delle condizioni del diritto alla protezione internazionale, definitivamente affermata nel D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, di attuazione della direttiva 2005/85/CE del 1 dicembre 2005.

18 In base agli orientamenti di questa Corte successivi alla L. n. 189 del 2002 e al D.P.R. n. 303 del 2004, si è precisato che:

a) nella specie, la situazione giuridica soggettiva dello straniero ha natura di diritto soggettivo – che va annoverato tra i diritti umani fondamentali che godono della protezione apprestata dall’art. 2 Cost. e dall’art. 3 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo – e non può essere degradato ad interesse legittimo per effetto di valutazioni discrezionali affidate al potere amministrativo, al quale può essere affidato solo l’accertamento dei presupposti di fatto che legittimano la protezione umanitaria, nell’esercizio di una mera discrezionalità tecnica, essendo il bilanciamento degli interessi e delle situazioni costituzionalmente tutelate riservato esclusivamente al legislatore (vedi, per tutte: Cass. SU 9 settembre 2009, n. 19393, n. 19394, n. 19395 e n. 19396 seguite da copiosa giurisprudenza uniforme);

b) va riconosciuta identità di natura giuridica del diritto alla protezione umanitaria, del diritto allo status di rifugiato e del diritto costituzionale di asilo, in quanto situazioni tutte riconducibili alla categoria dei diritti umani fondamentali (vedi, per tutte: Cass., SU 16 settembre 2010, n. 19577; Cass., 3 maggio 2010, n. 10636; Cass., 17 febbraio 2011, n, 3898).

19. Dal riconoscimento della suddetta situazione giuridica in termini di diritto soggettivo si è desunto che tutti i provvedimenti, assunti dagli organi competenti in materia, hanno natura meramente dichiarativa-accertativa e non costitutiva e anche per questa ragione le controversie in materia rientrano nella giurisdizione del giudice ordinario (Cass. SU 17 dicembre 1999, n. 907; Cass. SU 9 settembre 2009, n. 19393; Cass. 9 aprile 2002, n. 5055; Cass. 4 maggio 2004, n. 8423).

20. Nè va omesso di rilevare che questo disegno è stato completato dal D.L. 17 febbraio 2017, n. 220, convertito dalla L. 13 aprile 2017, n. 46 e dal successivo D.Lgs. 22 dicembre 2017, n. 220, che, fra l’altro, ha istituito presso i Tribunali ordinari, del luogo nel quale hanno sede le Corti d’appello, le Sezioni Specializzate in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini dell’Unione Europea.

Nella stessa ottica, per quel che qui interessa, il D.L. n. 113 del 2018 ha, fra l’altro, espressamente attribuito alle suddette Sezioni la competenza per le controversie in materia di rifiuto di rilascio, di diniego di rinnovo e di revoca dei permessi di soggiorno per “casi speciali” ivi previsti.

E questa norma, avendo carattere processuale, è di immediata applicazione, in base ai principi generali.

21. Per tutte le anzidette considerazioni il ricorso deve essere accolto.

3 – Conclusioni.

22. In sintesi, in accoglimento del ricorso, si deve affermare la giurisdizione del Giudice ordinario, l’ordinanza impugnata deve essere cassata con rinvio, anche per le spese del giudizio di cassazione, al Tribunale di Torino, Sezioni specializzata in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini dell’Unione Europea, in composizione collegiale.

P.Q.M.

La Corte, a Sezioni Unite, accoglie il ricorso, cassa con rinvio l’ordinanza impugnata, dichiara la giurisdizione del giudice ordinario e rimette le parti dinanzi al Tribunale di Torino, in composizione collegiale.

Così deciso in Roma, il 9 ottobre 2018.

Depositato in Cancelleria il 11 dicembre 2018

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