Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 32024 del 11/12/2018

Cassazione civile sez. I, 11/12/2018, (ud. 30/10/2018, dep. 11/12/2018), n.32024

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCHIRO’ Stefano – Presidente –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna – Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. MELONI Marina – rel. Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso nr. 9189/2018 proposto da:

O.J.T., elettivamente domiciliato in Roma presso la

cancelleria della Suprema Corte rappresentato e difeso dall’Avv.to

Massimo Gilardoni giusta procura speciale in data 8/3/2018;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO in persona del Ministro pro tempore

domiciliato in Roma Via dei Portoghesi 12 presso l’Avvocatura

Generale dello Stato che Io rappresenta e difende ex lege;

– controricorrente –

avverso IL DECRETO n. 225/2018 del TRIBUNALE DI BRESCIA, in data

1/02/2018;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

30/10/2018 dal Consigliere Dott. MARINA MELONI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.ssa

DE RENZIS Luisa, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Il Tribunale di Brescia sezione specializzata in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini dell’Unione Europea, con decreto in data 1/2/2018, ha confermato il provvedimento di rigetto pronunciato dalla Commissione Territoriale per il riconoscimento della Protezione Internazionale di Brescia in ordine alle istanze avanzate da O.J.T. nato in (OMISSIS), volte, in via gradata, ad ottenere il riconoscimento dello status di rifugiato, del diritto alla protezione sussidiaria ed il riconoscimento del diritto alla protezione umanitaria.

Il richiedente asilo proveniente dalla Nigeria, aveva riferito alla Commissione Territoriale per il riconoscimento della Protezione Internazionale di Brescia di essere fuggito dal proprio paese a seguito di un’aggressione armata da parte di due uomini che si erano introdotti nella sua abitazione per uccidere il fratello fuggito in Libia.

A causa di tali minacce di morte si era allontanato da casa e dopo essere transitato in Libia per raggiungere il fratello era arrivato in Italia.

Avverso il decreto del Tribunale di Brescia ha proposto ricorso per cassazione O.J.T. affidato a quattro motivi.

Il Ministero dell’Interno resiste con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Il Collegio ha disposto la redazione della motivazione in forma semplificata.

Con il primo motivo di ricorso il ricorrente solleva questione di legittimità costituzionale del D.L. n. 13 del 2017, art. 21,comma 1, così come convertito nella L. n. 46 del 2017, per violazione dell’art. 3 Cost., comma 1 e art. 77 Cost., comma 2, per mancanza dei presupposti di necessità e urgenza nell’emanazione dello stesso decreto legge, in considerazione del differimento dell’efficacia temporale e, quindi, dell’entrata in vigore del nuovo rito in materia di protezione internazionale”.

Con il secondo e terzo motivo di ricorso il ricorrente solleva questione di legittimità costituzionale, in materia di controversie di protezione internazionale, del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, introdotto dalla L. n. 46 del 2017, art. 6, comma 1, lett. g), per violazione dell’art. 3 Cost., comma 1; art. 24 Cost., commi e 2; art. 111 Cost., commi 1, 2 e 5; art. 117 Cost., comma 1, quest’ultimo parametro così come integrato dall’art. 46, paragrafo 3 della Direttiva numero 32/2013e dagli artt. 6 e 13 della Cedu, rispettivamente in riferimento alla previsione del rito camerale ex artt. 737 c.p.c. e segg., ed al termine di impugnabilità del decreto solo in Cassazione entro 30 giorni dalla comunicazione a cura della cancelleria del decreto di primo grado.

Con i primi tre motivi di ricorso il ricorrente solleva altrettante questioni di legittimità costituzionale sulle quali questa Corte ha già avuto modo di pronunciarsi in analogo giudizio, ritenendole irrilevanti e manifestamente infondate, con sentenza sez. 1 nr. 17717 del 27/6/2018 pienamente condivisa da questo Collegio e dalla quale non vi è motivo per discostarsi.

Con il quarto motivo di ricorso il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14 e D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 2, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto il Tribunale di Brescia, nonostante il rischio di un danno grave alla persona e le violenze subite dal ricorrente non ha riconosciuto il diritto alla protezione sussidiaria ed umanitaria.

Il quarto motivo di ricorso, pur rubricato sotto il solo profilo della violazione di legge (art. 360 c.p.c., n. 3), contiene in realtà una serie di critiche agli accertamenti in fatto espressi nella motivazione della corte territoriale che, come tali, si palesano inammissibili, in quanto diretti a sollecitare un riesame delle valutazioni riservate al giudice del merito, che del resto ha ampiamente e rettamente motivato la statuizione impugnata, esponendo le ragioni del proprio convincimento circa l’intrinseca inattendibilità del racconto del ricorrente.

Il Tribunale di Brescia ha confermato il provvedimento della Commissione Territoriale ritenendo non credibili le affermazioni del ricorrente in quanto inattendibili ed inverosimili.

La censura si risolve in una generica critica del ragionamento logico posto dal giudice di merito a base dell’interpretazione degli elementi probatori del processo e, in sostanza, nella richiesta di una diversa valutazione degli stessi, ipotesi integrante un vizio motivazionale non più proponibile in seguito alla modifica dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, apportata dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, convertito in L. n. 134 del 2012 (v. Cass., sez. un., n. 8053/2014).

In riferimento ai presupposti per la concessione della protezione sussidiaria il Giudice ha correttamente ritenuto con motivazione coerente ed esaustiva che le minacce a carattere meramente privatistico e l’assenza di situazioni di violenza generalizzata ed indiscriminata e conflitto armato interno o internazionale nel paese d’origine ed in particolare nella zona di provenienza del ricorrente escludano il diritto alla protezione sussidiaria.

In ordine poi ai motivi di carattere umanitario oppure risultanti da obblighi costituzionali o internazionali dello Stato Italiano, in costanza dei quali lo straniero risulta titolare di un diritto soggettivo al rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari (Cass., sez. un., n. 19393/2009 e Cass., sez. un., n. 5059/2017), il giudice territoriale ha escluso l’esistenza di situazioni di vulnerabilità inerenti a diritti fondamentali alle quali, in base ad un giudizio prognostico, lo straniero sarebbe stato esposto in caso di suo rimpatrio.

Anche in ordine alla verifica delle condizioni per il riconoscimento della protezione umanitaria – al pari di quanto avviene per il giudizio di riconoscimento dello status di rifugiato politico e della protezione sussidiaria – incombe sul giudice il dovere di cooperazione istruttoria officiosa, così come previsto dal D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, in ordine all’accertamento della situazione oggettiva relativa al Paese di origine.

Ciò premesso, nella specie, la Corte territoriale non è venuta meno al dovere di cooperazione istruttoria, avendo semplicemente ritenuto, a monte, che i fatti lamentati non costituiscano un ostacolo al rimpatrio nè integrino un’esposizione seria alla lesione dei diritti fondamentali della persona tenuto anche conto della concreta possibilità di accesso alla protezione interna da pericoli derivanti da soggetti non statuali, non risultando dimostrata la sua assenza.

Anche alla luce della nuova normativa di cui al D.L. n. 113 del 2018, attualmente in fase di conversione, non cambia l’esito del giudizio non avendo il ricorrente dedotto alcun fatto a fondamento della originaria domanda di protezione umanitaria avente rilievo in riferimento ai casi di permesso speciale di cui al D.L. n. 113 del 2018.

Quanto infine al parametro dell’inserimento sociale e lavorativo dello straniero è appena il caso di osservare che esso non integra da solo nè prima e tantomeno adesso nel vigore della nuova normativa motivo idoneo al riconoscimento del diritto dello straniero alla protezione umanitaria.

Per quanto sopra si impone il rigetto con condanna alle spese di giudizio liquidate come in dispositivo.

Non ricorrono i presupposti per l’applicazione del doppio contributo di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, essendo il ricorrente stato ammesso al gratuito patrocinio a carico dello Stato.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che si liquidano in complessivi Euro 1.800,00 oltre spad.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima della Corte di Cassazione, il 30 ottobre 2018.

Depositato in Cancelleria il 11 dicembre 2018

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