Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3202 del 18/02/2016


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Civile Sent. Sez. L Num. 3202 Anno 2016
Presidente: STILE PAOLO
Relatore: ESPOSITO LUCIA

SENTENZA

sul ricorso 16046-2010 proposto da:
POSTE ITALIANE S.P.A. C.F. 97103880585, in persona
del legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA PO 25-B, presso lo studio
dell’avvocato ROBERTO PESSI, che la rappresenta e
difende giusta delega in atti;
– ricorrente –

2015
contro

3974

UBERTI GUSTAVO;
– intimato –

avverso la sentenza n.

1557/2009 della CORTE

Data pubblicazione: 18/02/2016

D’APPELLO di FIRENZE, depositata il 28/11/2009 R.G.N.
690/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 22/10/2015 dal Consigliere Dott. LUCIA
ESPOSITO;

verbale PESSI ROBERTO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. FRANCESCA CERONI, che ha concluso per
il rigetto del ricorso.

udito l’Avvocato BONFRATE FRANCESCA per delega

4 a

Svolgimento del processo

1.La Corte d’Appello di Firenze, con sentenza 20-28/11/2009, ha confermato la
• decisione del giudice di primo grado che aveva dichiarato la nullità della clausola
temporale apposta al contratto intercorso tra Uberti Gustavo e Poste Italiane
s.p.a. dal 1/12/2001 al 31/5/2001, accertando l’esistenza tra le parti di un
rapporto di lavoro a tempo indeterminato.

2. La Corte, ritenuto che il contratto si colloca temporalmente nel regime di cui
alla I. n. 56 del 1987, che demanda alla contrattazione collettiva di individuare i
poteri di apposizione del termine alla durata del rapporto di lavoro ulteriori
rispetto alle fattispecie tassativamente previste dalla legge, perveniva al rigetto
dell’appello sul rilievo che Poste S.p.A. non avevano adempiuto all’onere della
prova, gravante sul datore di lavoro, riguardo al rispetto del limite percentuale
previsto dalla contrattazione collettiva, specificamente dal CCNL 2001. La Corte
riteneva, altresì, che gravasse sul datore di lavoro l’onere di dimostrare l’aliunde
perceptum.

3. Avverso la sentenza propone ricorso per cassazione Poste italiane S.p.A. sulla
/67( base di tte motivi, illustrato con memorie. Il lavoratore non ha svolto attività
difensiva.

Motivi della decisione

1.Con il Primo motivo il ricorrente deduce erronea applicazione dell’art. 2697 c.c.
e degli artt. 421 e 437 c.p.c., nonché vizio di motivazione. Critica la sentenza
impugnata perché nell’affermare l’illegittimità del contratto a termine per
violazione della quota numerica prevista dal CCNL, ha ritenuto che l’onere di
fornire la prova in proposito incombesse sulla società anziché sulla lavoratrice, la
quale aveva dedotto l’illegittimità del contratto. Sostiene inoltre che la Corte di
merito, considerata insufficiente la documentazione prodotta dall’azienda a
sostegno della dedotta insussistenza della violazione della clausola di
contingentamento, avrebbe dovuto esercitare i suoi poteri istruttori officiosi,
ordinando una consulenza contabile d’ufficio al riguardo, prima di concludere per
la violazione del limite numerico.

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2. Il motivo è infondato. Come è stato più volte affermato da questa Corte e va
qui ribadito,”nel regime di cui alla legge 28 febbraio 1987, n. 56, la facoltà delle

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organizzazioni sindacali di individuare ulteriori ipotesi di legittima apposizione del
termine al contratto di lavoro è subordinata dall’art. 23 alla determinazione delle
percentuali di lavoratori che possono essere assunti con contratto a termine sul
totale dei dipendenti; pertanto, non è sufficiente l’indicazione del numero
massimo di contratti a termine, occorrendo altresì, a garanzia di trasparenza ed
e a pena di invalidità dell’apposizione del termine nei contratti stipulati in base
all’ipotesi individuata ex art. 23 citato, l’indicazione del numero dei lavoratori

lavoratori stabili e a termine. L’onere della prova dell’osservanza di detto
rapporto è a carico del datore di lavoro, in base alle regole di cui all’art. 3 della
legge 18 aprile 1962, n. 230, secondo cui incombe al datore di lavoro dimostrare
l’obiettiva esistenza delle condizioni che giustificano l’apposizione di un termine
al contratto di lavoro.” (v. ex nnultis Cass. n. 839 del 2010 e, da ultimo, Cass. n.
21053 del 2015, nonché Cass. n. 4764/2015)

3. Inammissibile risulta, poi, la censura relativa al mancato esercizio di poteri
istruttori d’ufficio ed in specie al mancato espletamento di una CTU contabile al
fine di accertare la percentuale di contingentamento.

Deve infatti in primo luogo rilevarsi che la consulenza tecnica non costituisce un
mezzo di prova, ma è finalizzata all’acquisizione, da parte del giudice, di un
parere tecnico necessario, o quanto meno utile, per la valutazione di elementi
probatori già acquisiti o per la soluzione di questioni che comportino specifiche
, conoscenze (ex plurinnis Cass. Sez. L, n. 9461 del 21/04/2010), sicché rientra
nei poteri discrezionali del giudice di merito quello di disporla o meno (Cass. Sez.
L, n. 20227 del 2010, Sez. 3, n. 17693 del 19/07/2013) . Inoltre, il mancato
esercizio da parte del giudice dei poteri ufficiosi ex art. 421 c.p.c., preordinato al
superamento di una meccanica applicazione della regola di giudizio fondata
sull’onere della prova, non è censurabile con ricorso per cessazione, ove la parte
non abbia investito lo stesso giudice di una specifica richiesta in tal senso (v.
Cass. 12-3-2009 n. 6023, Cass.2.6-6-2006 n. 14731), richiesta che nel caso non
viene specificamente riferita. In ogni caso, poi, i detti poteri,” pur diretti alla
ricerca della verità, in considerazione della particolare natura dei diritti
controversi, non possono sopperire alle carenze probatorie delle parti, né
tradursi in poterid’indagine e di acquisizione del tipo di quelli propri del
procedimento penale”.(cfr. Cass. 8-8-2002 n. 12002, Cass. 21-5-2009 n. 11847,
Cass. 22-7-2009 n. 17102, Cass. 15-3-2010 n. 6205).

4.Con il terzo motivo la società ricorrente, in ordine alle richieste economiche,
deduce che nella fattispecie la lavoratrice non avrebbe fornito la prova

assunti a tempo indeterminato, sì da potersi verificare il rapporto percentuale tra

dell’effettivo danno subito, che comunque andrebbe ridotto in ragione
dell’aliunde perceptum, e che neppure vi sarebbe stata una effettiva offerta della
prestazione con conseguente mora accipiendi del datore di lavoro.

5.Tale motivo risulta del tutto generico e astratto. La ricorrente censura tale
decisione in modo assolutamente generico, senza riportare testo dell’atto che,
secondo il suo assunto, non avrebbe integrato la offerta della prestazione e la
messa in mora (contrariamente a quanto affermato dalla Corte di merito, con

conciliazione).

6.Così risultato inammissibile il terzo motivo, riguardante le conseguenze
economiche della nullità del termine, neppure potrebbe incidere in qualche modo
nel presente giudizio lo ius superveniens, rappresentato dall’art. 32, commi 5, 6
e 7, della legge 4 novembre 2010 n. 183, invocato dalla società con la memoria
ex art. 378 cod. proc. civ. Al riguardo, infatti, come questa Corte ha più volte
affermato, in via di principio costituisce condizione necessaria per poter applicare
nel giudizio di legittimità lo ius superveniens che abbia introdotto, con efficacia
retroattiva, una nuova disciplina del rapporto controverso, il fatto che
quest’ultima sia in qualche modo pertinente rispetto alle questioni oggetto di
censura nel ricorso, in ragione della natura del controllo di legittimità, il cui
perimetro è limitato dagli specifici motivi di ricorso (cfr. Cass. 8 maggio 2006 n.
10547, Cass. 27 febbraio 2004 n. 4070). In tale contesto, è altresì necessario
che il motivo di ricorso che investe, anche indirettamente, il tema coinvolto dalla
disciplina sopravvenuta, oltre ad essere sussistente, sia altresì ammissibile
secondo la disciplina sua propria (v. fra le altre Cass. 4 gennaio 2011 n. 80).
Orbene tale condizione non sussiste nella fattispecie.
7. Il ricorso va pertanto respinto. Nessun provvedimento deve essere adottato
con riferimento alle spese di lite, in ragione del mancato espletamento di attività
difensiva ad opera dell’Uberti.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese.

Così deciso in Roma il 22/10/2015
tIl Co sigliere relatore

riferimento all’idoneità a tal fine della convocazione dinanzi alla Commissione di

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