Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 32014 del 09/12/2019
Cassazione civile sez. I, 09/12/2019, (ud. 27/06/2019, dep. 09/12/2019), n.32014
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –
Dott. VALITUTTI Antonio – rel. Consigliere –
Dott. GHINOY Paola – Consigliere –
Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –
Dott. VELLA Paola – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 29758/2015 proposto da:
D.A., D.S., entrambi in proprio e quali
legali rappresentanti pro tempore della Costruzioni Edili D.
s.r.l., elettivamente domiciliati in Roma, Via Germanico 107, presso
lo studio dell’avvocato Gelera Giorgio, rappresentati e difesi
dall’avvocato Bonagura Dominique, giusta procura a margine del
ricorso;
– ricorrente –
contro
Banca Monte Dei Paschi Siena spa, in persona del legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via
Caposile 2, presso lo studio dell’avvocato Anzaldi Antonina, che lo
rappresenta e difende unitamente all’avvocato Nannotti Fabio, giusta
procura in calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 751/2014 del TRIBUNALE di PISTOIA, depositata
il 03/07/2014;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
27/06/2019 da VALITUTTI ANTONIO.
Fatto
FATTI DI CAUSA
1. Con atto di citazione l’8 ottobre 2009, D.A., D.S., e la Costruzioni Edili D. s.r.l. convenivano in giudizio, dinanzi al Tribunale di Pistoia, la Banca Monte dei Paschi di Siena s.p.a., chiedendo accertarsi la nullità della clausola di corresponsione degli interessi in misura ultralegale e della clausola di capitalizzazione trimestrale degli interessi passivi, relativi ai conti accesi presso l’istituto di credito, e condannarsi la convenuta alla restituzione degli importi indebitamente pagati. Con sentenza n. 751/2014, il Tribunale adito accoglieva parzialmente sia la domanda principale, che quella incidentale dell’istituto di credito, condannando i correntisti a pagare la somma di Euro 155.585,55, a favore della banca, oltre interessi legali.
2. Con ordinanza resa nell’udienza del 13 maggio 2015, comunicata alle parti il 14 maggio 2015, la Corte d’appello di Messina dichiarava inammissibile l’appello, ai sensi dell’art. 348 bis c.p.c., non avendo il gravame una ragionevole probabilità di essere accolto.
3. Per la cassazione di tale pronuncia hanno, quindi, proposto ricorso, ai sensi dell’art. 348 ter c.p.c., comma 3, D.A. e D.S., sia in proprio che nella qualità di rappresentante pro-tempore della Costruzioni Edili D. s.r.l. nei confronti della Banca Monte dei Paschi di Siena s.p.a., affidato a sei motivi. La resistente ha replicato con controricorso.
4. Le parti hanno depositato memorie ex art. 380 bis c.p.c., comma 1.
Diritto
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. In via pregiudiziale, deve rilevarsi l’inammissibilità del ricorso, avente ad oggetto la sentenza del Tribunale di Pistoia, per tardività, come eccepito dalla controricorrente.
1.1. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, la parte che intenda esercitare il diritto di ricorrere in cassazione ex art. 348 ter c.p.c., comma 3, deve, invero, rispettare il termine di sessanta giorni, di cui all’art. 325 c.p.c., comma 2, che decorre dalla comunicazione dell’ordinanza, ovvero dalla sua notificazione, nel caso in cui la controparte vi abbia provveduto prima della detta comunicazione o se la cancelleria abbia del tutto omesso tale adempimento, mentre il termine lungo di cui all’art. 327 c.p.c., opera esclusivamente quando risulti non solo omessa la comunicazione, ma anche la notificazione. Ne consegue che il ricorrente, per dimostrare la tempestività del ricorso ex art. 348 ter c.p.c., proposto oltre i sessanta giorni dalla pubblicazione dell’ordinanza, ha l’onere di allegare sia l’assenza di comunicazione (potendo quest’ultima avvenire lo stesso giorno della pubblicazione), sia la mancata notificazione, affermando, pertanto, di fruire del cd. termine lungo (Cass., 09/02/2016, n. 2594; Cass., 21/08/2018, n. 20852; Cass., 15/05/2019, n. 12988i).
1.2. Nel caso di specie, l’ordinanza della Corte d’appello è stata resa in udienza e comunicata 5c1 entrambe le parti – come dichiarano gli stessi ricorrenti (memoria, p. 2) — in data 14 maggio 2015, per cui il termine applicabile è quello breve ex art. 325 c.p.c.. Di talchè il ricorso, avverso la sentenza del Tribunale, avrebbe dovuto essere notificato nei sessanta giorni dalla comunicazione dell’ordinanza, ossia – al più tardi – entro il 13 luglio 2015, laddove il ricorso è stato passato per la notifica solo nel dicembre 2015.
1.3. Nè a diversa conclusione si perviene, laddove si consideri la pronuncia in udienza dell’ordinanza ex art. 348 bis c.p.c.. Ed invero, quando è pronunciata l’inammissibilità dell’appello ai sensi dell’art. 348 ter c.p.c., il ricorso per cassazione può essere proposto nel termine lungo di cui all’art. 327 c.p.c., solo qualora risultino omesse sia la comunicazione sia la notificazione dell’ordinanza di inammissibilità. Pertanto, nell’ipotesi in cui l’ordinanza sia stata letta in udienza, si applica il termine breve previsto dall’art. 325 c.p.c., comma 2, decorrente dall’udienza stessa, atteso che la lettura del provvedimento e la sottoscrizione da parte del giudice del verbale che lo contiene non solo equivalgono alla pubblicazione, ma esonerano la cancelleria da ogni ulteriore comunicazione, ritenendosi, con presunzione assoluta di legge, che il provvedimento sia conosciuto dalle parti presenti o che avrebbero dovuto esserlo (Cass., 05/07/2018, n. 17716; Cass., 14/12/2015, n. 25119).
2. Il ricorso avverso l’ordinanza della Corte d’appello è, del pari inammissibile. L’ordinanza di inammissibilità dell’appello resa ex art. 348 bis c.p.c. è – per vero — ricorribile per cassazione, ai sensi dell’art. 111 Cost., comma 7, limitatamente ai vizi suoi propri costituenti violazioni della legge processuale (quali, per mero esempio, l’inosservanza delle specifiche previsioni di cui all’art. 348 bis c.p.c., comma 2, e art. 348 ter c.p.c., comma 1, primo periodo, e comma 2, primo periodo), purchè compatibili con la logica e la struttura dei giudizio ad essa sotteso (Cass. Sez. U., 02/02/2016, n. 1914; Cass., 04/09/2017, n. 20758; Cass., 05/06/2018, n. 14312).
Nel caso concreto, le affermazioni della Corte d’appello richiamate nei motivi di ricorso sono finalizzate a rafforzare, sul piano motivazionale, la valutazione di non ragionevole probabilità di accoglimento del gravame, mentre il mezzo non censura in alcun modo un vizio proprio dell’ordinanza costituente violazioni della legge processuale.
3. Per tutte le ragioni esposte, il ricorso deve essere, pertanto, dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente alle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente, in favore della controricorrente, alle spese del presente giudizio, che liquida in Euro 5.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie e accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, il 27 giugno 2019.
Depositato in Cancelleria il 9 dicembre 2019