Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 32000 del 09/12/2019

Cassazione civile sez. VI, 09/12/2019, (ud. 12/06/2019, dep. 09/12/2019), n.32000

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 11601-2018 proposto da:

P.R.V., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA

UGO DA COMO 9, presso lo studio dell’avvocato ANDREA BARBUTO, che lo

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 5742/6/2017 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di ROMA, depositata il 05/10/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 12/06/2019 dal Consigliere Relatore Dott. VITTORIO

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Commissione tributaria provinciale di Roma, con sentenza n. 12835/16, sez. 2, rigettava il ricorso proposto da P.R.V. avverso l’avviso d’accertamento (OMISSIS) per irpef 2008.

Avverso detta decisione il contribuente proponeva appello innanzi alla CTR Lazio che, con sentenza 5742/6/2017, rigettava l’impugnazione confermando l’orientamento espresso dal giudice di primo grado.

Avverso la detta sentenza ha proposto ricorso per Cassazione il contribuente sulla base di quattro motivi.

Ha resistito con controricorso l’Agenzia delle entrate.

La causa è stata discussa in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il ricorrente lamenta con il primo motivo la tardività della notifica dell’avviso di accertamento.

Con il secondo motivo deduce l’avvenuta prescrizione per effetto della notifica tardiva.

Con il terzo motivo assume la falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 32 e 41, essendo consentito l’accertamento induttivo su presunzioni semplici solo nel caso di omessa o nulla dichiarazione dei redditi.

Con il quarto motivo lamenta la violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 38 e 39, non potendosi basare l’accertamento su presunzioni semplici ma su elementi aventi i caratteri della gravità, precisione e concordanza..

Il primo motivo è manifestamente infondato.

E’ stato accertato del giudice di seconde cure, ed è pacifico tra le parti, che l’avviso di accertamento è stato spedito il 27.12.2013 ed è quindi tempestivo.

E’ noto quanto affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte secondo cui il principio della scissione degli effetti della notificazione tra il notificante ed il destinatario dell’atto trova applicazione anche per gli atti del procedimento amministrativo sanzionatorio (analogamente deve ritenersi per quanto concerne gli atti impositivi tributati n.d.r.)- non ostandovi la loro natura recettizia – tutte le volte in cui dalla conoscenza dell’atto stesso decorrano i termini per l’esercizio del diritto di difesa dell’incolpato e, ad un tempo, si verifichi la decadenza dalla facoltà di proseguire nel procedimento sanzionatorio in caso di omessa comunicazione delle condotte censurate entro un certo termine, dovendo bilanciarsi l’interesse del notificante a non vedersi imputare conseguenze negative per il mancato perfezionamento della fattispecie “comunicativa” a causa di fatto di terzi che intervengano nella fase di trasmissione del contenuto dell’atto e quello del destinatario a non essere impedito nell’esercizio di propri diritti, compiutamente esercitabili solo a seguito dell’acquisita conoscenza del contenuto dell’atto medesimo (Cass. 12332/17).

Tale principio è stato ribadito de una recente decisione in materia tributaria che ha affermato che la realizzazione dell’attività impositiva da parte del Comune è soggetto a termini che hanno riguardo alla necessità che tale attività sia posta in essere entro termini certi, non suscettibili d’interruzione, a garanzia del corretto instaurarsi del rapporto giuridico tributario, pertanto, in tale prospettiva, la successiva conoscenza da parte del contribuente non rileva ai fini del rispetto del termine predetto (Cass. 9749/18).

Da quanto appena detto in relazione al primo motivo discende la manifesta infondatezza del secondo motivo.

Le Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza n. 24822/15, citata dallo stesso ricorrente, hanno affermato che “se il diritto si estingue per prescrizione quando non è esercitato, ciò che vale ad impedire che la prescrizione maturi è che il diritto sia esercitato. Se il diritto deve o può esserlo dando inizio al giudizio, dare inizio al giudizio è atto di esercizio del diritto e quindi ciò che rileva è che l’avente diritto abbia compiuto gli atti necessari per iniziarlo (Cass. 24822/15).

La trasposizione di tale diritto agli atti impositivi comporta necessariamente che anche in tale fattispecie la prescrizione deve ritenersi interrotta con la presentazione dell’atto per la notifica all’ufficiale giudiziario o all’ufficio postale.

Il terzo ed il quarto motivo, tra loro connessi, possono essere esaminati congiuntamente e gli stessi si rivelano infondati.

Risulta accertato dalla sentenza impugnata che il ricorrente era rappresentante di diverse società che non presentavano dichiarazioni dei redditi e che molti movimenti bancari del medesimo non trovavano riscontro nella dichiarazione dei redditi personali. In conseguenza di ciò l’Ufficio, sulla base degli elementi raccolti presso le banche, in osservanza di quanto stabilito dall’art. 32, comma 1, n. 7, ha proceduto alla rettifica della dichiarazione.

In tale contesto a seguito delle risultanze bancarie acquisite dall’Ufficio sorge un inversione dell’onere a carico del contribuente di fornire la prova liberatoria rispetto a ciascuna movimentazione bancaria (Cass. 23079/12; Cass. 19888/11; Cass. 16650/11).

Sulla scorta di siffatti principi la giurisprudenza di questa Corte ha ripetutamente affermato che “in tema di accertamento delle imposte sui redditi, qualora l’accertamento effettuato dall’ufficio finanziario si fondi su verifiche di conti correnti bancari, l’onere probatorio dell’Amministrazione è soddisfatto, secondo il D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 32, attraverso i dati e gli elementi risultanti dai conti predetti, mentre si determina un’inversione dell’onere della prova a carico del contribuente, il quale deve dimostrare che gli elementi desumibili dalla movimentazione bancaria non sono riferibili ad operazioni imponibili, fornendo, a tal fine, una prova non generica, ma analitica, con indicazione specifica della riferibilità di ogni versamento bancario, in modo da dimostrare come ciascuna delle operazioni effettuate sia estranea a fatti imponibili” (Cass. 1180/12 vedi anche 2752/09, Cass. 18081/10, Cass. 10578/11).

Dunque nel caso di specie, a prescindere dal riferimento normativo al D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 41 e 42, la norma applicabile ed applicata è stata quella del citato decreto, art. 32, in base alla quale gli accertamenti bancari costituiscono valido principio di prova a fronte del quale sorge l’onere per il contribuente di fornire la prova contraria.

Il ricorso va in conclusione respinto. Segue alla soccombenza la condanna al pagamento delle spese del presente giudizio liquidate come da dispositivo. Si compensano le spese della fase di merito in ragione della peculiarità della controversia. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del cit. art. 13, comma 1- bis.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese di giudizio liquidate in Euro 4000,00 oltre spese prenotate a debito; compensa le spese dei giudizi di merito. Si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale.

Così deciso in Roma, il 12 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 9 dicembre 2019

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