Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3200 del 11/02/2013


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 3200 Anno 2013
Presidente: MERONE ANTONIO
Relatore: CAPPABIANCA AURELIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
ARCADIA S.R.L. IN FALLIMENTO,

pro tempore,

in persona del curatore

elettivamente domiciliata in Roma, Via

Ardea n. l, presso lo studia dell’avv. Francesco
Betocchi, rappresentata e difesa dall’avv. Marco
Miccinesi;
– ricorrenti contro
AGENZIA DELLE ENTRATE,

tempore,

in persona del direttore

pro

elettivamente domiciliata in Roma, via dei

Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura Generale dello
Stato, che la rappresenta e difende;
– controricorrente –

Data pubblicazione: 11/02/2013

R.G. 18.310/07
per la cassazione della sentenza della Commissione
tributaria regionale della Toscana, sez. XXIX, n. 70,
depositata 1’8 maggio 2006.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 5.12.2012 dal consigliere relatore dott.

Aurelio Cappabianca;
udito, per il Fallimento ricorrente, l’avv. Paolo Puri;
udito, per l’Agenzia ricorrente, l’avvocato dello Stato
Maria Pia Camissa;
udito il P.M., in persona del sostituto procuratore
generale dott. Immacolata Zeno, che ha concluso per il
rigetto del primo e del secondo motivo e
dell’accoglimento del terzo e del quarto motivo di
ricorso.
Svolgimento del processo
Il Fallimento della società contribuente propose
ricorsi contro avvisi di accertamento, rettifica e di
irrogazione sanzione, con i quali l’Agenzia, sulla
scorta di p.v.c. della G.d.F., aveva recuperato
maggior imposte irpeg, ilor, irpef ed iva per gli anni
di imposta 1996 e 1997, in esito al riscontro
corrispettivi

di

non dichiarati, costi indeducibili,

ritenute non operate e non versate su compensi per
lavoro dipendente e lavoro autonomo, ed aveva, altresì,
irrogato sanzioni per violazione delle norme in

p/

R.G. 18.310/07
materia di iva.
A fondamento del ricorso, il Fallimento eccepì il
difetto di motivazione degli atti impugnati, in quanto
formulata per

e, in via subordinata,

relationem,

richiese la rideterminazione del reddito rettificato,

conto dei costi necessari per la produzione dei
maggiori ricavi accertati.
L’adita commissione provinciale riunì i ricorsi e
li accolse, con sentenza che, in esito all’appello
dell’Agenzia, fu, tuttavia, riformata dalla commissione
regionale, nella contumacia del contribuente.
I giudici di appello ritennero legittima la
motivazione

degli atti impugnati, in

per relationem

quanto richiamante p.v.c. in precedenza notificato alla
società contribuente e, quindi, dalla stessa
conosciuto.
Avverso tale sentenza, il Fallimento ha proposto
riscorso per cassazione in quattro motivi.
L’Agenzia ha resistito con controricorso.
Motivi della decisione
Con il primo motivo di ricorso, il Fallimento
della società contribuente – deducendo

“violazione

dell’art. 7, 1 comma 1. n. 212/2000, dell’art. 42, 2 e
3 coma d.p.r. n. 600/1973 e dell’art. 56, 2 e 5 comma

3

poiché l’Amministrazione Finanziaria non avrebbe tenuto

R.G. 18.310/07
d.p.r. n.

633/1972 – –

censura la decisione impugnata

per aver ritenuto legittima la motivazione degli atti
impositivi, ancorché pedissequamente riproducente
contenuti di p.v.c. precedentemente notificato.
Con il secondo motivo di ricorso, il Fallimento
violazione dell’art. 112 c.p.e. nonché

violazione o falsa applicazione dell’art. 32, comma l
nn. 2 e 7, d.p.r. 633/1972, degli artt. 52 e 89 d.p.r.
917/1986

(nel testo in vigore fino al 31.12.2003)

nonché dei principi

generali

che

impongono

la

tassazione del reddito d’impresa al netto degli oneri
censura la decisione

sostenuti per produrlo

impugnata, sotto il profilo dell’omessa pronunzia e
sotto quello della violazione di legge, in relazione al
fatto che l’accertamento era stato operato su
movimentazioni bancarie senza alcuna valorizzazione dei
riscontri presenti in contabilità e, comunque, senza
che si tenesse conto dei costi ragionevolmente occorsi
per la produzione dei redditi accertati.
Con il terzo motivo di ricorso, il Fallimento
deducendo

nullità

sentenza

della

per violazione

dell’art. 112 c.p.c. nonché violazione o falsa
applicazione dell’art. 6, 8 comma d.lgs. 471/1997,
dell’art. 3, coma 3 d.lgs. 472/1997, dell’art. 41,
comma 6 d.p.r. 633/1972 (abrogate dall’art. 16, l comma

4

deducendo

R.G. 18.310107
lett. a, d.lgs. 471/1997) e del principio generale del

favor rei

censura la decisione impugnata, sotto il

profilo dell’omessa pronunzia e sotto quello della
violazione di legge, con riguardo all’applicazione,
con riguardo alla mancata regolarizzazione degli

acquisti in nero con emissione di autofattura, della
sanzione di cui all’art. 41, comma 6, d.p.r. 633/1972
(abrogato dall’art. 16 d.lgs. 471/1997) anziché della
sanzione di cui 6, coma 8, del citato d.lgs., così
violando il principio del

favor rei di cui all’art. 3

d.lgs. 472/1997.
Con il quarto motivo di ricorso, il Fallimento
deducendo nullità della sentenza per violazione
dell’art. 112 c.p.c. nonché violazione dell’art. 12
d.lgs. 472/1997 – censura la decisione impugnata, sotto
il profilo dell’omessa pronunzia e sotto quello della
violazione di legge, per l’omessa applicazione, a
violazioni della stessa indole relative a più periodi
d’imposta, della sanzione unica prevista dalla
disposizione evocata, così nuovamente violando il
principio del

favor

rei di cui all’art. 3 d.lgs.

472/1997.
Il primo motivo di ricorso è infondato.
Invero – atteso che l’obbligo di motivazione, ai
sensi dell’art. 56 d.p.r. 633/1972, è soddisfatto ogni

iv/\

R.G. 18.310/07

qualvolta l’Amministrazione abbia posto il contribuente
in grado di conoscere la pretesa tributaria nei suoi
elementi essenziali e, quindi, di contestarne
efficacemente

l’an

ed il

quantum debeatur –

deve

osservarsi che è pacificamente riconosciuta la

quanto contenuto in altro atto conosciuto dal
contribuente, il che certamente si verifica, ove, come
nella specie, l’avviso di accertamento faccia
regolarmente notificato o

riferimento ad un p.v.c.
consegnato all’intimato

(Cass.

7370/11, 2462/07, 21184/05,
D’altro

canto,

è,

4523/12,

16108/11,

6232/03).
altresì,

ricorrente

nella

giurisprudenza di questa Corte l’affermazione secondo
cui la motivazione

“per relationem”

degli atti

impositivi, con rinvio alle conclusioni contenute in
p.v.c. redatto nell’esercizio dei poteri di polizia
tributaria, non è illegittima per mancanza di autonoma
valutazione da parte dell’Agenzia degli elementi
acquisiti dai verbalizzanti, giacché siffatta
motivazione rivela semplicemente la condivisione, da
parte dell’Agenzia che li fa propri, dei rilievi

contenuti nel p.v.c.

e tale comportamento, avuto

riguardo alla circostanza che si tratta di rilievi già
noti al contribuente, non arreca alcun pregiudizio al

possibilità di motivare un atto impositivo, richiamando

R.G. 18.310/07

corretto svolgimento del contraddittorio (cfr. Cass.
21119/11, 8183/11, 2907/10).
Il secondo motivo di ricorso è inammissibile, nella
prospettiva di cui agli artt. 346 c.p.c. e 56 d.lgs.
546/1992, poiché reintroduce doglianza trascurata dal

del giudizio di appello, nel quale il Fallimento, ora
ricorrente per cassazione, non si è costituito.
Invero, la commissione provinciale ha accolto il
ricorso della società contribuente esclusivamente sotto
il profilo dell’illegittimità degli atti impositivi per
difetto motivazione, non esprimendosi in merito alle
altre doglianze. E la mancata riproposizione in sede di
appello delle eccezioni non esaminate dalla commissione
provinciale preclude, ora, al Fallimento di censurare
la sentenza di secondo grado per omessa pronuncia sulle
eccezioni non riproposte, che, quindi, devono
intendersi rinunciate, con conseguente formazione di
giudicato interno.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte cui qui
si ritiene di dover dare continuità infatti, la norma
(stabilita dall’art. 346 c.p.c. e riprodotta, per il

giudizio di appello davanti alla commissione tributaria
regionale, dall’art.

56 d.lgs. 546/1992) per cui le

domande e le eccezioni, non accolte dalla sentenza di

giudice di primo grado e non riproposta nell’ambito

R.G. 18.310/07

primo grado e non espressamente riproposte in appello,
si intendono rinunciate, si applica anche alla parte
che non si sia costituita nel giudizio di appello

(cfr.

Casa. 25313/10, 238/09 9217/07, 7316/03).
Nella richiamata preclusione non incorrono invece (con

di

legge) le doglianze

prospettate nel terzo e nel quarto motivo di ricorso,
entrambe fondate sulla mancata applicazione delle sanzioni
con riferimento alla legge più favorevole.
In tema di sanzioni amministrative per violazione di
norme tributarie, questa Corte ha, invero, già avuto modo di
puntualizzare che l’art. 3 d.lgs. 472/1997 (che dispone:
“se la legge in vigore al momento in cui è stata commessa la
violazione e le leggi posteriori stabiliscono sanzioni di
entità diversa, si applica la legge più favorevole, salvo che
il provvedimento di irrogazione sia divenuto definitivo”) nell’estendere (a far tempo dal 1.4.1998) il principio del
favor

rei anche al settore tributario

ne ha sancito

l’applicazione retroattiva all’unica condizione che

il

E

ciò

provvedimento sanzionatorio non sia “definitivo”.

comporta che – salvo che il caso d’intervenuta definitività
del provvedimento sanzionatorio – le più favorevoli norme

sanzionatorie

sopravvenute devono essere applicate, anche

d’ufficio, in ogni stato e grado del giudizio e pure in sede
di legittimità, atteso che, nella valutazione del

riguardo alle dedotte violazioni

R.G. 18.310/07
legislatore, fuori dall’ipotesi di sanzione definitiva, la

natura e lo scopo qquisirAmente pubblicistici del
del

favor rei

prInztipv

devono prevalere sulle preclusioni sancite

dalle ordinarie regole in tema d’impugnazione (v. Cass.
8243/08, 1055/08).
fondate,

tali

deglianze

vanno,

peraltro,

accolte.

Alla stregua delle considerazioni che precedono,
s’impongono il rigetto del primo motivo di ricorso, la
declaratoria d’inammissibilità del secondo e
raccoglimento dei due ulteriori motivi di ricorso.
La sentenza impugnata va, dunque, cassata, in
relazione ai motivi accolti, con rinvio della causa,
anche per la regolamentazione delle spese di questo
giudizio di legittimità, ad altra sezione della
Commissione tributaria regionale della Toscana.
P.Q.M.
La

Corte:

rigetta

il

primo

motivo,

dichiara

inammissibile il secondo e l’accoglie il terzo ed il
quarto motivo di ricorso; cassa la sentenza impugnata,
in relazione ai motivi accolti, e rinvia la causa,
anche per la regolamentazione delle spese del giudizio
di legittimità, ad altra sezione della Commissione
tributaria regionale della Toscana.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 5

Essendo

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