Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 320 del 09/01/2014


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 320 Anno 2014
Presidente: SALME’ GIUSEPPE
Relatore: NAZZICONE LOREDANA

Data pubblicazione: 09/01/2014

SENTENZA

sul ricorso 27072-2008 proposto da:
LAUDANI ALFIO UMBERTO

(c.f. LDNLFA38A05C402W),

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA PORTUENSE
104, presso la sig.ra ANTONIA DE ANGELIS,
rappresentato e difeso dall’avvocato CATANZARO
LOMBARDO ANTONINO, giusta procura a margine del
2013

ricorso;
– ricorrente –

1518

contro

COMUNE DI RAGALNA (C.F. 02183980875), in persona

1

del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato
in ROMA, VIA DEI GRACCHI 186, presso l’avvocato
MAGNANO DI SAN LIO MARCELLO, rappresentato e difeso
dall’avvocato ALI MICHELE, giusta procura a margine
del controricorso;
controricorrente

avverso la sentenza n. 930/2007 della CORTE
D’APPELLO di CATANIA, depositata il 25/09/2007;
udita la relazione della causa svolta nella
pubblica udienza del 16/10/2013 dal Consigliere
Dott. LOREDANA NAZZICONE;
udito, per il controricorrente, l’Avvocato MAGNANO
DI SAN LIO MARCELLO, con delega avv. ALI’ MICHELE
che si riporta;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MAURIZIO VELARDI che ha concluso per
il rigetto del ricorso.

..,

o

2

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con lodo arbitrale dell’ottobre 1998 il Comune di
Ragalna (Catania) fu condannato al pagamento della somma
di L. 44.907.190, oltre interessi, in favore dell’arch.
Alfio Umberto Laudani, quale residuo corrispettivo per la

di una strada.
Il lodo fu impugnato per nullità dal comune con atto
di citazione notificato il 14 maggio 1999, a mezzo del
quale l’ente dedusse l’erronea composizione del collegio
arbitrale, chiedendo quindi la risoluzione del contratto
per inadempimento del professionista, la restituzione
delle somme corrisposte e la condanna del medesimo al

risarcimento del danno.
Annullato il lodo in sede rescindente e disposta la
prosecuzione dell’istruttoria per l’espletamento di una
consulenza tecnica d’ufficio, la Corte d’appello di
Catania con sentenza del 25 settembre 2007 ha risolto il
contratto per inadempimento e condannato il
professionista alla restituzione del compenso
indebitamente percepito, pari ad

e

93.143,99, oltre

interessi dalla data della domanda.
La corte territoriale ha ritenuto il Laudani
inadempiente alle proprie obbligazioni per non avere
tenuto conto dell’andamento altimetrico del terreno, la
cui conformazione era risultata diversa da quella
..

indicata in progetto (in particolare, per la “sorpresa

3
o

Il consI rel. est.
Lored
i one

progettazione e la direzione dei lavori di sistemazione

geologica” rappresentata dal ritrovamento di un banco di
roccia alto sei metri e lungo novanta), mentre
l’approvazione tecnica ottenuta non eliminava la
responsabilità, ma palesava soltanto un esame disattento
da parte dell’organo che vi aveva provveduto; anche

l’attività di direzione dei lavori è stata giudicata
inadeguata, non avendo il professionista seguito il
cantiere, tanto da consentire l’esecuzione di scavi di
ingente quantità di materiale prima di assumere le
necessarie decisioni.
Avverso la sentenza ha proposto ricorso per
cassazione il Laudani, affidato a quattro motivi.
Resiste il Comune di Ragalna con controricorso.
Entrambe le parti hanno depositato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. – Con il primo motivo, si denunzia la violazione
ter,

e la falsa applicazione degli art. 816, 816

342,

345, 346 e 163 c.p.c., in relazione all’art. 360, primo
comma, n. 3, c.p.c., per avere la corte d’appello
disposto una c.t.u. sulle opere, sebbene questa non fosse
stata richiesta dal Comune nei termini stabiliti.
1.1. – Il motivo non ha pregio.
Ai sensi dell’art. 830 c.p.c. – nel testo di cui
alla legge 5 gennaio 1994, n. 25, anteriore alle
modifiche introdotte dall’art. 24 del d.lgs. 2 febbraio
2006, n. 40 ed applicabili ai procedimenti arbitrali
introdotti dopo il 2 marzo 2006 – la corte di appello,

4
Il co
Loreda

r

est.
ne

quando accoglie l’impugnazione, dichiara con sentenza la
nullità del lodo e pronuncia anche sul merito se la causa
è in condizione di essere decisa, mentre dispone il
prosieguo dell’istruttoria

«se per la decisione del

merito è necessaria una nuova istruzione».

compone – anche secondo la disciplina

ratione temporis

applicabile – di due fasi, la prima rescindente,
finalizzata all’accertamento della nullità del lodo e la
seconda rescissoria, che fa seguito all’annullamento e
nella quale al giudice dell’impugnazione è attribuita la
facoltà di riesame del merito delle domande, nei limiti
del petitum e della

causa petendi

dedotti innanzi agli

arbitri (fra le molte, Cass., sez. I, 17 luglio 2012, n.
12199 e 8 ottobre 2010, n. 20880).
Questa Corte ha più volte affermato (cfr. Cass.,
sez. lav., 26 settembre 2005, n. 18766; sez. H, 10 marzo
1986, n. 1592) che, nel giudizio di impugnazione del lodo
arbitrale il quale pervenga alla fase rescissoria, la
corte d’appello ben può disporre una consulenza tecnica,
la quale, proprio come nel giudizio ordinario di
cognizione (al cui riguardo l’affermazione è pacifica:
es. Cass., sez. lav., 21 aprile 2010, n. 9461), non è
rimessa alla disponibilità delle parti, ma alla
discrezionalità del giudice del merito secondo il suo
prudente apprezzamento, essendo volta all’acquisizione di
un parere tecnico necessario, o quanto meno utile, per la

5
Il c
Lored

1. est.
zicone

Dunque, il giudizio di impugnazione arbitrale si

valutazione di elementi probatori già acquisiti o per la
soluzione di questioni che comportino specifiche
conoscenze.
Ben può assurgere, inoltre, la consulenza stessa a
fonte oggettiva di prova, quando si risolva anche in uno

strumento di accertamento di situazioni rilevabili solo
con il concorso di determinate cognizioni o
strumentazioni tecniche (Cass., sez. lav., 19 gennaio
2011, n. 1149; sez. Il, 30 maggio 2007, n. 12695; sez.
III, 19 gennaio 2006, n. 1020).
Anche nel giudizio rescissorio, pertanto, la nomina
del consulente rientra nel potere discrezionale del
giudice, che può provvedervi senza alcuna richiesta delle
parti, onde una tale richiesta, ove formulata, va intesa
come mera sollecitazione all’esercizio di quel potere e
non può mai considerarsi tardiva.
2. – Il secondo motivo denunzia la violazione e la
falsa applicazione degli art. da 1176 a 1187, 1453 e
1455, 1703-1730 e 2222-2238 c.c., nonché degli art. 6 e
12 della legge della regione Sicilia 29 aprile 1985, n.
21, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c.,
e l’omessa, contraddittoria ed insufficiente motivazione
su di un fatto controverso e decisivo, ai sensi del n. 5
di detta norma, per avere la sentenza impugnata ritenuto
il professionista inadempiente alle proprie obbligazioni,
sebbene il progetto generale dal medesimo redatto sia
stato approvato dal Co.re.co . e reputato idoneo

6
Il co
Lored

etst.

dall’ufficio tecnico provinciale, ed il progetto di I
stralcio sia stato approvato dall’ufficio tecnico del
comune, come prescritto dalle menzionate norme regionali;
nonostante, inoltre, sul professionista gravi una mera
obbligazione di mezzi e la responsabilità professionale
ex art. 2236 c.c., che è

onere del committente provare.
2.1. – Il motivo è infondato.
Ai fini della valutazione dell’inadempimento del
professionista, cui una pubblica amministrazione comunale
abbia affidato la progettazione di un’opera pubblica,
l’eventuale approvazione da parte degli organi tecnici
degli enti territoriali non vale, di per sé, ad attestare
l’esatto adempimento della prestazione, ma può
costituire, al più, un singolo indizio, suscettibile di
essere contraddetto da risultanze contrarie, acquisite
anche a mezzo di consulenza tecnica d’ufficio; ciò
specialmente quando, come risulta nel caso di specie, le
carenze progettuali (a causa dell’inadeguata valutazione
della durezza del terreno) siano emerse durante i lavori
e dunque solo dopo l’approvazione dei progetti da parte
degli uffici tecnici.
Vige, invero, anche nei rapporti contrattuali con la
pubblica amministrazione il principio secondo cui, in
tema di prova dell’inadempimento di un’obbligazione, il
creditore che agisca per la risoluzione contrattuale, per
il risarcimento del danno ovvero per l’adempimento deve

7
Il co

Loreda

I. est.

con

sia limitata alla colpa grave

soltanto provare la fonte (negoziale o legale) del suo
diritto ed il relativo termine di scadenza, limitandosi
alla mera allegazione della circostanza
dell’inadempimento della controparte, mentre il debitore
convenuto è gravato dell’onere della prova del fatto

adempimento, ed anche nel caso in cui sia dedotto
l’inesatto adempimento al creditore istante sarà
sufficiente la mera allegazione dell’inesattezza in
questione, gravando ancora una volta sul debitore l’onere
di dimostrare il contrario (Cass., sez. III, 12 febbraio
2010, n. 3373; sez. H, 19 aprile 2007, n. 9351).
Pertanto, nell’ipotesi di affidamento dell’incarico
di progettazione da parte dell’ente pubblico, ove il
committente deduca l’inadeguatezza del progetto ai fini
dei rimedi contro l’inadempimento del contratto, spetta
al progettista l’onere di dimostrare di avere bene
adempiuto; trattandosi di materia tecnica, la valutazione
del c.t.u. può costituire l’ausilio necessario alla
soluzione di questioni di tal natura, senza che
l’approvazione di un organo tecnico interno (non avente,
per definizione, poteri rappresentativi dell’ente) possa
precludere tale accertamento.
2.2. – Né coglie nel segno l’affermazione secondo
cui sul progettista grava un’obbligazione di mezzi, così
come parimenti non si presta a censura la decisione
impugnata, laddove ha riscontrato l’inadempimento del

8
rel. est.
or ana azzicone

estintivo dell’altrui pretesa, costituito dall’avvenuto

medesimo per non aver considerato la struttura geologica
del terreno, non predicabile invero quale ipotesi di
colpa lieve ai sensi dell’art. 2236 c.c.
L’obbligazione di redigere un progetto di ingegneria
o di architettura, pur avendo ad oggetto una prestazione

risultato, perché ha per oggetto la sua realizzabilità,
impegnando il professionista alla prestazione di un
progetto concretamente utilizzabile dal punto di vista
tecnico e giuridico, onde legittimamente l’ente pubblico
committente ha diritto di non corrispondere il compenso
al professionista quando egli abbia fornito un progetto
in concreto non utilizzabile (Cass., sez. I, 2 febbraio
2007, n. 2257; sez. I, 29 novembre 2004, n. 22487; sin da
sez. II, 21 marzo 1997, n. 2540), con la conseguenza che
l’irrealizzabilità dell’opera, per erroneità o
inadeguatezza, anche per colpa lieve, del progetto
affidatogli costituisce inadempimento dell’incarico ed
abilita il committente a rifiutare il compenso.
È, dunque, immune da vizi la decisione impugnata,
che ha adeguatamente ed esaurientemente motivato, sulla
scorta dei rilievi tecnici richiesti al consulente,
l’irrealizzabilità dell’opera alla stregua dei progetti
redatti dall’odierno ricorrente.
3. – Con il terzo motivo, il ricorrente lamenta la
violazione e falsa applicazione degli art. 2033-2040,
1443-1663, 1353-1359, 2697 c.c., nonché dell’art. 11

9
Il co
est.
LoredanaÀzzione

d’opera professionale, costituisce obbligazione di

della legge della regione Sicilia 29 aprile 1985, n. 21 e
dell’art. 12 del r.d. 25 maggio 1985

[rectius,

1895], n.

350, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c.,
per avere la sentenza impugnata ritenuto che non sia
stato concesso il finanziamento dell’opera – richiesto

al compenso – in quanto sussistente solo con riguardo al
cd. primo stralcio e non per il progetto generale,
laddove, secondo il ricorrente, quel finanziamento vale
di per sé ad integrare la condizione richiesta dal
contratto, posto che, come egli assume,

“il finanziamento

di un tronco costituisce avveramento della condizione per
l’intero progetto senza del quale non può esistere il
tronco”.
Inoltre, l’art. 2033 c.c. è invocabile solo in
ipotesi di caducazione del contratto e non quando questo
sia rimasto inefficace, mentre il comune non ha mai
provato l’errore scusabile che lo ha indotto al
pagamento, come era suo onere. Censura, infine, la
decorrenza degli interessi dal pagamento e non dalla
domanda, in presenza della buona fede presunta
dell’accipiens.
3.1. – Il motivo è in parte inammissibile ed in
parte infondato.
Sotto il primo profilo, il quesito di diritto non
opera riferimento alcuno alla prima parte della censura,
concernente il mancato avveramento della condizione del

10
I. est.
Loredan a icone

dall’art. 12 del capitolato quale condizione del diritto

finanziamento dell’opera, ma unicamente agli ulteriori
due profili afferenti l’interpretazione ed applicazione
dell’art. 2033 c.c. Pertanto, esso è incompleto ed
inidoneo a veicolare la censura in questione, dal momento
che il rispetto dell’art. 366

bis

c.p.c. esige una

l’errore e la pronuncia corretta sul punto sottoposto
all’attenzione della Corte (per tale esigenza, fra le
altre, Cass., ord., sez. un., 19 maggio 2008, n. 12645).
3.2. – Più in generale, la prima parte della censura
proposta – come è reso icasticamente evidente dallo
stesso richiamo ad interi nuclei di disciplina – non
attiene al vizio di violazione di legge, di cui al n. 3,
ma a quello motivazionale contemplato dal n. 5 dell’art.
360, primo comma, c.p.c.
Come più volte chiarito dalla S.C., il vizio di
violazione di legge consiste nella deduzione di una
erronea ricognizione, da parte del provvedimento
impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma
di legge e, quindi, implica necessariamente un problema
interpretativo della stessa; viceversa, l’allegazione come prospettato nella specie da parte del ricorrente di una erronea ricognizione della fattispecie concreta, a
mezzo delle risultanze di causa, è esterna all’esatta
interpretazione delle norme di legge e impinge nella
tipica valutazione del giudice del merito, la cui censura
è possibile, in sede di legittimità, sotto l’aspetto del
11
11 c1.rA est.
azzicone
Lored

adeguata sintesi, da sola sufficiente ad indicare

vizio di motivazione, tutte le volte in cui (a differenza
che per la prima ipotesi) sia contestata la valutazione
delle risultanze di causa. Da una parte, dunque, si pone
la violazione di legge in senso proprio a causa della
erronea ricognizione della astratta fattispecie

in ragione della carente o contraddittoria ricostruzione
della fattispecie concreta (Cass., sez. lav., 16 luglio
2010, n. 16698; sez. lav., 26 marzo 2010, n. 7394; sez.
III, 4 marzo 2010, n. 5207).
Nel caso di specie il ricorrente, quanto al primo
argomento del motivo, lamenta la valutazione della
sentenza impugnata relativa alla circostanza di fatto
dell’assenza del finanziamento dell’opera, posta come
condizione del diritto al compenso: il che appunto
integra censura alla valutazione operata dal giudice del
merito, deducibile solo ai sensi del n. 5 dell’art. 360,
primo comma, c.p.c. Il ricorrente sollecita, in realtà,
un riesame del merito della causa e una ripetizione del
giudizio di fatto, non consentiti in sede di legittimità.
3.3. – La restante parte del complesso motivo è
infondata.
Va premesso che costituisce principio costante
quello della liceità della clausola apposta ad una
convenzione tra un ente pubblico territoriale ed un
professionista, cui il primo abbia affidato la
progettazione di un’opera pubblica, che condizioni il

12
Lored

rel. est.
cone

normativa; dall’altra, l’erronea applicazione della legge

pagamento del compenso per la prestazione resa alla
concessione di un finanziamento per la realizzazione
dell’opera (così, fra le altre, Cass., sez. I, 10 ottobre
2011, n. 20742; sez. I, 2 dicembre 2005 n. 26257; sez.
un., 19 settembre 2005 n. 18450).

verificarsi diviene esigibile il credito per il compenso
professionale, che non deve adempiersi prima che l’ente
finanziatore abbia corrisposto quanto previsto per
l’opera stessa (tra le altre, Cass., sez. III, 13 marzo
2012, n. 3957; sez. I, 28 dicembre 2010 n. 26202; sez. I,
22 aprile 2010, n. 9642).
Ancora di recente, si è ribadito che la clausola con
cui, in una convenzione tra un ente pubblico territoriale
ed un professionista al quale il primo abbia affidato la
progettazione di un’opera pubblica, il pagamento del
compenso per la prestazione resa è condizionato alla
concessione di un finanziamento per la realizzazione di
detta opera, deve qualificarsi come condizione legale del
contratto, il cui mancato avveramento preclude
l’azionabilità del credito, atteso che, in tema di
contratti stipulati dai comuni, è principio inderogabile
quello della necessità dell’impegno di spesa (Cass., sez.
I, 17 luglio 2013, n. 17465); ed, inoltre, che la
clausola contrattuale in questione non limita la
responsabilità del committente il progetto, giacché non
influisce sulle conseguenze del suo eventuale

13
Il c
Loreda

1. est.
1icone

Si tratta, invero, di legittima condizione, al cui

inadempimento, ma piuttosto delimita il contenuto del
mandato conferito, facendo derivare i diritti del
mandatario dal progetto finanziato e non dal progetto
solo redatto (Cass., sez. I, 3 luglio 2013, n. 16620).
Ne deriva l’inesigibilità del credito professionale

erogatore, e che il pagamento, eseguito in mancanza di
tale condizione, costituisce un indebito oggettivo.
Infondato si palesa, dunque, anche l’assunto del
ricorrente circa l’inapplicabilità dell’art. 2033 c.c. ai
negozi inefficaci: avendo la norma per presupposto la
mancanza di una causa giustificatrice della prestazione,
essa invero si applica a tutte le ipotesi in cui il
vincolo obbligatorio non sia mai sorto, oppure sia venuto
meno successivamente in seguito ad annullamento,
risoluzione, rescissione od inefficacia del titolo
stesso, e, tuttavia, sulla sua base sia stato eseguito un
pagamento (si tratta di principio del tutto pacifico:
cfr. sez. n, 3 luglio 2013, n. 16629, in tema di
sopravvenuta inefficacia del contratto preliminare di
compravendita; sez. III, 28 maggio 2013, n. 13207; e sin
da sez. n, 21 luglio 1979, n. 4398 e 17 gennaio 1977,
n. 228).
La scusabilità, del resto, non costituisce un
requisito della fattispecie, sulla base del chiaro tenore
della norma.

14
Il
Lored

. et.
icohe

fino al finanziamento dell’opera da parte dell’ente

La decorrenza degli interessi, infine, è stata
stabilita nella sentenza impugnata dal momento della
domanda e non – contrariamente all’assunto del ricorrente
– dal pagamento, onde la censura in questione è
inammissibile.

violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., in
relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, e l’omesso
esame di un documento ai sensi dell’art. 360, primo
comma, n. 5 c.p.c., in quanto, limitatamente alla somma
di L. 14.621.221 del cd. primo stralcio, il progetto è
stato finanziato, onde, avendo il comune richiesto la
restituzione unicamente delle somme pagate per il
progetto generale non finanziato e solo la risoluzione
per inadempimento per le somme relative al cd. primo
stralcio, la domanda restitutoria non poteva essere
accolta con riguardo a tale ulteriore importo.
4.1. – Nella parte in cui denuncia il vizio di
ultrapetizione, il motivo doveva essere ricondotto non
nell’ambito del vizio di violazione di una norma di
diritto sostanziale

ex

art. 360, primo comma, n. 3,

c.p.c. o del vizio di motivazione

ex

art. 360, primo

comma, n. 5, c.p.c., ma all’interno del motivo di cui
all’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., risolvendosi
nella violazione del principio di corrispondenza tra il
chiesto e il pronunciato, di cui all’art. 112 c.p.c.

15
Ilco
Loredan

/ e st.
ic e

4. – Con il quarto motivo, il ricorrente lamenta la

Pertanto, come statuito dalle Sezioni Unite con
sentenza del 24 luglio 2013, n. 17931, il ricorso per
cassazione va dichiarato inammissibile, in quanto il
ricorrente non solo ha menzionato motivi non pertinenti
ed omesso di menzionare quello di cui all’art. 360, primo

cod. proc. civ., ma ha sostenuto che la motivazione è
omessa o insufficiente e si è limitato ad argomentare
sulla violazione di legge, senza alcun inequivoco
riferimento alla nullità della decisione derivante
dall’omissione.
4.2. – Inoltre, il motivo, per la parte in cui non è
inammissibile, mira in sostanza a censurare la condanna
alla restituzione dell’intera somma versata, comprendente
anche quella relativa al progetto di cd. primo stralcio
finanziato, deducendo accanto alla mancata domanda del
comune al riguardo altresì il mancato esame della
fattura.
Il motivo non coglie nel segno, dal momento che la
corte del merito ha condannato il professionista alla
restituzione dell’intero importo ricevuto, portato dalla
fattura del 12 luglio 1991 (per mero errore materiale ivi
indicata come del

“7 12 1991”),

dopo aver rilevato che

l’art. 12 della convenzione escludeva qualsiasi compenso,
e persino il rimborso spese, in caso di progetto non
approvato.

16

comma, n. 4 cod. proc. civ., in relazione all’art. 112

In tal modo, la lineare motivazione dà conto del
diritto alla restituzione, così come vantato dal comune
che aveva chiesto appunto la

“restituzione di tutto

guanto fin oggi percepito in dipendenza del superiore
incarico”

(cfr. la domanda proposta alla corte del merito

sentenza).
Dunque, da un lato, il mancato finanziamento integra
il difetto della condizione contrattuale, certamente
idoneo a legittimare la qualificazione come indebito
oggettivo della somma percepita per il progetto generale;
dall’altro lato, con riguardo all’importo afferente il
cd. progetto stralcio, è l’inadempimento all’incarico a
fondare la pronuncia risolutoria e la condanna alla
ripetizione.
5. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano
come nel dispositivo, ai sensi del d.m. 12 luglio 2012,
n. 140, applicabile anche alle prestazioni professionali
eseguite nel vigore delle previgenti tariffe (Cass., sez.
un., 12 ottobre 2012, n. 17405).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente
Laudani Alfio Umberto al pagamento delle spese di lite in
favore del controricorrente Comune di Ragalna, che
liquida in C 15.200,00, di cui

e

oltre agli accessori come per legge.

17

200,00 per esborsi,

e le conclusioni formulate in appello, riportate anche in

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del

16 ottobre 2013.

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