Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 31998 del 11/12/2018

Cassazione civile sez. lav., 11/12/2018, (ud. 26/09/2018, dep. 11/12/2018), n.31998

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –

Dott. DE GREGORIO Federico – Consigliere –

Dott. LORITO Matilde – Consigliere –

Dott. LEO Giuseppina – Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 9866-2016 proposto da:

C.A., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA OSLAVIA 7,

presso lo studio dell’avvocato SARA D’ONOFRIO, che lo rappresenta e

difende giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

RAI – RADIOTELEVISIONE ITALIANA S.P.A., già RAI – RADIOTELEVISIONE

ITALIANA – SOCIETA’ PER AZIONI C.F. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

C. ACHILLINI 45, presso lo studio dell’avvocato MARINA LA RICCA, che

la rappresenta e difende giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2838/2015 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 14/04/2015, R.G.N. 8288/2013.

Fatto

RILEVATO CHE:

la Corte di appello di Roma, con sentenza nr. 2838 del 2015, in sede rescissoria, ferma nel resto la sentenza della Corte di appello di Roma nr. 5982 del 2010, condannava la RAI – Radiotelevisione Italiana Spa – al pagamento, in favore di C.S., in virtù dello ius superveniens, dell’indennità onnicomprensiva di cui alla L. n. 182 del 2010, art. 32, commi 5-7, in misura pari a 12 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, oltre interessi;

per quanto solo rileva nella presente sede, la Corte territoriale compensava interamente tra le parti le spese di tutti i gradi del giudizio, incluso quello di legittimità, osservando, al riguardo, che il contrasto nella giurisprudenza di merito e le novità legislative in materia giustificavano, nei termini anzidetti, la regolazione delle spese;

ha proposto ricorso per cassazione C.A., affidato ad un unico motivo; ha resistito con controricorso, illustrato con memoria, la società.

Diritto

CONSIDERATO CHE:

con l’unico motivo di ricorso – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 – è dedotta violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 cod. proc. civ. per avere la Corte territoriale compensato interamente le spese dei giudizi di merito e di legittimità, nonostante la lavoratrice fosse sempre risultata vittoriosa;

il motivo è infondato;

è noto che il potere discrezionale del giudice di disporre la compensazione delle spese di lite è stato nel tempo sottoposto a limiti più stringenti: dalla formulazione originaria dell’art. 92 cod. proc. civ. che prevedeva la compensazione in caso di soccombenza reciproca o giusti motivi, si è passati, con la riforma di cui alla L. 28 dicembre 2005, n. 263 (art. 2, comma 1), alla necessità di indicare esplicitamente nella motivazione i giusti motivi di compensazione e, quindi, con il testo introdotto dalla L. 18 giugno 2009, n. 69 (art. 45, comma 11), alla possibilità di disporre la compensazione, fuori dal caso di soccombenza reciproca, per “altre gravi ed eccezionali ragioni, esplicitamente indicate nella motivazione”. Da ultimo, con la modifica introdotta con il D.L. 12 settembre 2014, n. 132 (art. 13, comma 1), convertito, con modificazioni, nella L. 10 novembre 2014, n. 162, la possibilità di compensazione è stata limitata alla “soccombenza reciproca” o al “caso di assoluta novità della questione trattata o mutamento della giurisprudenza, rispetto alle questioni dirimenti”. Tuttavia, la Corte Costituzionale, con sentenza 19 aprile 2018, nr. 77, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 92, comma 2 “nella parte in cui non prevede che il giudice possa compensare le spese tra le parti, parzialmente o per intero, anche qualora sussistano altre analoghe gravi ed eccezionali ragioni”;

nella fattispecie di causa è applicabile il testo originario dell’art. 92 cod. proc. civ., giacchè il ricorso di primo grado è stato depositato nell’anno 2005;

le Sezioni Unite di questa Corte (Cass., sez. un., nr. 19701 del 2010), nell’interpretare la disciplina transitoria di cui alla L. n. 263 del 2005, art. 2, comma 4, a tenore della quale la disciplina di compensazione delle spese prevista dal precedente comma 1 si applica ai procedimenti instaurati successivamente al 1 marzo 2006, hanno chiarito che il procedimento è unico e che la disciplina delle spese resta regolata dalla norma vigente alla data di introduzione del giudizio di primo grado (in termini: Cass. n. 10213 del 2017);

trova, perciò, applicazione il principio più volte affermato da questa Corte, secondo cui la scelta di compensare, in tutto o in parte, le spese processuali è riservata al prudente apprezzamento del giudice di merito, purchè motivata da considerazioni giuridiche o di fatto; a titolo meramente esemplificativo, questa Corte ha ritenuto idonea a soddisfare il requisito della motivazione l’indicazione, nel provvedimento, “di oscillazioni giurisprudenziali sulla questione decisiva, ovvero di oggettive difficoltà di accertamenti in fatto, idonee a incidere sulla esatta conoscibilità a priori delle rispettive ragioni delle parti, o di una palese sproporzione tra l’interesse concreto realizzato dalla parte vittoriosa e il costo delle attività processuali richieste, ovvero, ancora, di un comportamento processuale ingiustificatamente restio a proposte conciliative plausibili in relazione alle concrete risultanze processuali” (così Cass., sez. un., nr. 20598 del 2008; sostanzialmente conformi le successive: Cass. nr. 3715 del 2009; Cass. nr. 6970 del 2009; Cass. n. 17868 del 2009; Cass. nr. 24531 del 2010; Cass. nr. 7763 del 2012; Cass. nr. 1997 del 2015); giustificazioni, viceversa, divenute insufficienti nella vigenza dei successivi e più rigorosi sistemi;

i motivi esplicitati dai giudici di merito (novità legislative e contrasto nella giurisprudenza di merito), sostanzialmente sovrapponibili a quelli ritenuti da questa Corte come idonei a sorreggere la decisione di compensazione delle spese, giustificano dunque il decisum (si aggiunga, quanto alla ragione individuata nel contrasto giurisprudenziale, come non spetti al Collegio l’accertamento dell’effettiva esistenza dello stesso, trattandosi di questione di fatto estranea al presente giudizio che involge unicamente questione di violazione di legge), sicchè la sentenza impugnata è immune dai rilievi mossi;

il ricorso va, quindi, respinto, con aggravio delle spese del presente grado di legittimità, come da liquidazione in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 3.500,00 per compensi professionali, Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nell’Adunanza camerale, il 26 settembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 11 dicembre 2018

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