Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 31995 del 11/12/2018

Cassazione civile sez. lav., 11/12/2018, (ud. 18/09/2018, dep. 11/12/2018), n.31995

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI CERBO Vincenzo – Presidente –

Dott. DE GREGORIO Federico – Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – rel. Consigliere –

Dott. BOGHETICH Elena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 17243-2016 proposto da:

F.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA G. PISANELLI 2,

presso lo studio dell’avvocato STEFANO DI MEO, che lo rappresenta e

difende unitamente all’avvocato PAOLO FILOMENO LANNUTTI, giusta

delega in atti;

– ricorrente –

contro

TELECOM ITALIA S.P.A. C.F. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, L.G.

FARAVELLI 22, presso lo studio degli avvocati ARTURO MARESCA, ENZO

MORRICO, FRANCO RAIMONDO BOCCIA, ROBERTO ROMEI, che la rappresentano

e difendono giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 93/2016 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 28/01/2016 R.G.N. 953/2015;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

18/09/2018 dal Consigliere Dott. GABRIELLA MARCHESE;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SANLORENZO RITA, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;

udito l’Avvocato STEFANO DI MEO;

udito l’Avvocato CARLO BOZZI per delega verbale Avvocato ARTURO

MARESCA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Corte d’appello di Bologna, con sentenza nr. 93 del 2016, in parziale accoglimento del reclamo proposto da TELECOM ITALIA spa avverso la sentenza del Tribunale di Parma, pronunciando in merito al licenziamento intimato a F.G., assumeva la tardività della contestazione e, per l’effetto, riconosceva al lavoratore la sola tutela indennitaria di cui alla L. n. 300 del 1970, art. 18, comma 6.

Ha proposto ricorso per cassazione, F.G., affidato ad un unico motivo (con cui ha dedotto, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione della L. n. 300 del 1970, art. 18: la tardività della contestazione, secondo il ricorrente, comporterebbe la tutela di cui al medesimo art. 18, comma 4).

Ha resistito, con controricorso, TELECOM ITALIA S.p.A. che ha eccepito, in via preliminare, l’inammissibilità del ricorso in quanto tardivo.

Nelle more della fissata adunanza camerale, la parte datoriale ha depositato memoria.

Il Collegio, all’esito dell’adunanza camerale del 20.4.2018, ha emesso ordinanza interlocutoria, disponendo informazioni presso la cancelleria della Corte di appello di Bologna; la decisione del ricorso è stata rinviata all’odierna udienza; Telecom Italia Spa ha depositato memoria ex art. 378 cod. proc. civ..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Risulta fondata e deve essere accolta in limine litis l’eccezione formulata dalla controricorrente d’inammissibilità del ricorso per superamento del termine di 60 gg. previsto dalla L. n. 92 del 2012, art. 1, comma 62.

Il ricorso per cassazione è stato notificato il 27.7.2016 mentre la sentenza della Corte d’appello del 28.1.2016 è stata comunicata ai difensori costituiti, a mezzo pec, il 29.1.2016 a cura della cancelleria (come risulta dalla certificazione in atti).

A tale riguardo, ovvero sul tema della specialità delle norme in tema di effetti della comunicazione nel c.d. rito Fornero ai fini della decorrenza del termine per impugnare, con specifico riferimento al ricorso per cassazione, questa Corte ha già avuto modo di affermare che il termine di sessanta giorni per la proposizione del ricorso per cassazione, di cui alla L. n. 92 del 2012, art. 1 comma 62 decorre dalla semplice comunicazione del provvedimento, trattandosi di previsione speciale che, in via derogatoria, comporta la decorrenza del termine da detto incombente, su cui non incide la modifica dell’art. 133 c.p.c., comma 2, nella parte in cui stabilisce che “la comunicazione non è idonea a far decorrere i termini per le impugnazioni di cui all’art. 325 cod. proc. civ.”, norma attinente al regime generale della comunicazione dei provvedimenti da parte della cancelleria (così Cass. nr. 19177 del 2016 e, da ultimo, Cass. nr. 6059 del 2018 e Cass. nr. 19505 del 2018).

Il ricorso risulta, dunque, inammissibile ex art. 375 cod. proc. civ. ed in tal senso va emessa la relativa declaratoria.

Le spese del giudizio, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

L’inammissibilità del ricorso determina la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, previsto dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 4.500,00 per compensi, Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 18 settembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 11 dicembre 2018

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