Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 31989 del 06/12/2019

Cassazione civile sez. VI, 06/12/2019, (ud. 02/10/2019, dep. 06/12/2019), n.31989

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFFERRI Andrea – Presidente –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – rel. Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 31025-2018 proposto da:

S.H., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso

la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato VALENTINA SASSANO;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, C.F. (OMISSIS), in persona del Ministro pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

avverso il decreto n. R.G. 9495/2018 del TRIBUNALE di TORINO,

depositato il 25/09/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 02/10/2019 dal Consigliere Relatore Dott.ssa TRICOMI

LAURA.

Fatto

RITENUTO

CHE:

Con ricorso del D.Lgs. n. 25 del 2008, ex art. 35, S.H., nato in Senegal Nigeria, chiedeva al Tribunale di Torino che gli venisse riconosciuta una delle diverse misure di protezione internazionale, erroneamente denegate dalla Commissione territoriale. Il giudice adito rigettava la domanda.

Il ricorrente aveva narrato di essere fuggito dal Senegal per motivi religiosi, temendo ritorsioni nei suoi confronti.

Il Tribunale non ha ritenuto credibile il racconto.

Ha valutato quindi, ai fini della domanda di protezione sussidiaria, le condizioni socio/politiche del Senegal, escludendo la sussistenza di una situazione di violenza generalizzata nel Paese ed ha negato la protezione umanitaria non ravvisando peculiari situazioni personali di vulnerabilità.

Il richiedente ha proposto ricorso per cassazione con due mezzi; il Ministero dell’Interno ha replicato con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. Con il primo motivo si lamenta la violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8. Il ricorrente si duole del mancato riconoscimento della protezione sussidiaria e sostiene che il Tribunale abbia erroneamente valutato la situazione generale del Senegal.

Il motivo è inammissibile.

Il Tribunale, previa specifica indicazione delle fonti ufficiali di conoscenza (Amnesty International per gli anni 2015/2016 e anni 2017/2018; sito della Farnesina Viaggiare sicuri) e della situazione politico/sociale ivi rappresentata, ha escluso in concreto il dedotto rischio del ricorrente di subire, in caso di rientro in Senegal, un danno grave nel senso di cui all’art. 14, lett. c), negando la significatività degli elementi informativi acquisiti ai fini della esistenza di una condizione generalizzata di conflitto armato interno o internazionale e tale motivazione risulta rispondente ai requisiti minimi richiesti, mentre la censura si risolve in una impropria sollecitazione alla rivalutazione dei fatti.

2. Con il secondo motivo si denuncia dell’art. 5 TUI, comma 6. Il ricorrente si duole del mancato riconoscimento della protezione umanitaria e sostiene che il Tribunale abbia erroneamente valutato la assenza di ragioni di vulnerabilità, assumendo che la deprivazione culturale ed il mancato inserimento in Italia conseguitone sarebbero ragioni idonee a fondare il riconoscimento della protezione richiesta.

Il motivo è inammissibile.

Giova ricordare, in tema di protezione umanitaria, che la condizione di vulnerabilità che giustifica il riconoscimento di tale forma di protezione deve essere ancorata a “una valutazione individuale, caso per caso, della vita privata e familiare del richiedente in Italia, comparata alla situazione personale che egli ha vissuto prima della partenza e cui egli si troverebbe esposto in conseguenza del rimpatrio” (Cass. 23 febbraio 2018, n. 4455, in motivazione), dovendosi apprezzare la situazione particolare del singolo soggetto, non quella del suo paese d’origine in termini generali ed astratti.

E’ del tutto evidente che in presenza di un racconto non circostanziato e non credibile – come da accertamento del Tribunale non impugnato -non esista alcuna possibilità di comparazione con la situazione in cui il richiedente aveva vissuto prima dell’allontanamento.

A ciò va aggiunto che risulta dirimente il difetto di qualsivoglia allegazione individualizzante in sede di merito in punto di vulnerabilità diversa da quella esaminata, senza che la insussistenza dei presupposti accertata dal giudice del merito e sostanzialmente confermata dal ricorrente – trovi una adeguata e puntuale replica nell’illustrazione del motivo di ricorso, formulato in termini generali,

Resta da aggiungere che la riscontrata non individualizzazione dei motivi umanitari e di ragioni di vulnerabilità diverse da quelle poste a base della richiesta di altre forme di protezione non può esser surrogata dalla situazione generale del Paese, perchè altrimenti si finirebbe per prendere in considerazione non già la situazione particolare del singolo soggetto, ma piuttosto quella del suo Paese d’origine in termini del tutto generali ed astratti (cfr. Cass. n. 15071/2019 in motiv.).

3. In conclusione il ricorso va dichiarato inammissibile.

Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza nella misura liquidata in dispositivo.

Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis (Cass. S.U. n. 23535 del 20/9/2019).

P.Q.M.

– Dichiara inammissibile il ricorso;

– Condanna il ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 2.100,00=, oltre spese prenotate a debito;

– Dà atto, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 2 ottobre 2019.

Depositato in cancelleria il 6 dicembre 2019

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