Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 31988 del 06/12/2019

Cassazione civile sez. VI, 06/12/2019, (ud. 02/10/2019, dep. 06/12/2019), n.31988

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – rel. Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23556-2018 proposto da:

S.A., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la

CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato CEPPI FABRIZIO;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO (OMISSIS), COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL

RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE di FIRENZE SEZIONE

DISTACCATA di PERUGIA;

– intimati –

avverso la sentenza n. 95/2018 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA,

depositata il 15/02/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 02/10/2019 dal Consigliere Relatore Dott. TRICOMI

LAURA.

Fatto

RITENUTO

Che:

Con ricorso D.Lgs. n. 25 del 2008, ex art. 35, S.A., nato in Guinea Bissau, chiedeva al Tribunale di Perugia che gli venisse riconosciuta una delle diverse misure di protezione internazionale, erroneamente denegate dalla Commissione territoriale. Il giudice adito rigettava la domanda.

L’impugnazione proposta dinanzi alla Corte di appello di Perugia veniva rigettata.

Il ricorrente aveva narrato di essere fuggito dalla Guinea Bissau perchè aveva avuto una relazione con una ragazza minorenne che era rimasta incinta ed era successivamente morta di parto; la famiglia della ragazza aveva osteggiato la relazione e successivamente lo aveva denunciato alla polizia; aveva quindi dichiarato di temere delle ritorsioni.

La Corte territoriale, pur confermando la valutazione di non particolare attendibilità delle dichiarazioni del richiedente in quanto generiche e non circostanziate compiuta in primo grado, ha escluso che le ragioni addotte potessero rientrare nelle fattispecie normativamente previste per il riconoscimento della protezione in quanto riconducibili a vicende familiari e private. Ha valutato quindi le condizioni socio/politiche della Guinea Bissau, escludendo la sussistenza di una situazione di violenza generalizzata nel Paese ed ha negato la protezione umanitaria non ravvisando peculiari situazioni personali di vulnerabilità.

Il richiedente ha proposto ricorso per cassazione con un mezzo; il Ministero dell’Interno ha replicato con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. Con l’unico motivo si lamenta la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 e art. 32, comma 3, e del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, nonchè l’omessa compiuta valutazione della condizione personale del ricorrente D.Lgs. n. 25 del 2008, ex art. 32, comma 3.

Il motivo è inammissibile.

Va richiamata per tutti la giurisprudenza di legittimità secondo la quale il vizio della sentenza previsto dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, dev’essere dedotto, a pena d’inammissibilità del motivo, giusta la disposizione dell’art. 366 c.p.c., n. 4, non solo con l’indicazione delle norme che si assumono violate e/o della giurisprudenza di cui si sollecita l’applicazione, ma anche, e soprattutto, mediante specifiche argomentazioni intellegibili ed esaurienti, intese a motivatamente dimostrare in qual modo determinate affermazioni in diritto contenute nella decisione impugnata debbano ritenersi in contrasto con le indicate norme regolatrici della fattispecie o con l’interpretazione delle stesse fornite dalla giurisprudenza di legittimità, diversamente impedendo alla corte regolatrice di adempiere al suo compito istituzionale di verificare il fondamento della lamentata violazione (Cass. n. 24298 del 29/11/2016).

Risulta, quindi, inidoneamente formulata la deduzione di errori di diritto individuati per mezzo della sola preliminare indicazione delle singole norme pretesamente violate o di precedenti giurisprudenziali, ma non dimostrati per mezzo di una critica delle soluzioni adottate dal giudice del merito nel risolvere le questioni giuridiche poste dalla controversia, operata mediante specifiche e – puntuali contestazioni nell’ambito di una valutazione comparativa con le diverse soluzioni prospettate nel motivo e non attraverso la mera contrapposizione di queste ultime a quelle desumibili dalla motivazione della sentenza impugnata.

Va peraltro confermato il principio secondo il quale, in tema di protezione internazionale, l’attenuazione del principio dispositivo derivante dalla “cooperazione istruttoria”, cui il giudice del merito è tenuto, non riguarda il versante dell’allegazione, che anzi deve essere adeguatamente circostanziata, ma la prova, con la conseguenza che l’osservanza degli oneri di allegazione si ripercuote sulla verifica della fondatezza della domanda (Cass. n. 3016 del 31/01/2019).

A ciò va aggiunto che, in disparte dagli effetti del D.L. 4 ottobre 2018, n. 113, convertito in legge, con modificazioni, dalla L. 10 dicembre 2018, n. 132, art. 1, comma 1, risulta dirimente il difetto di qualsivoglia allegazione individualizzante in punto di vulnerabilità nel giudizio di merito, senza che la insussistenza dei presupposti accertata dalla Corte di appello trovi una adeguata e puntuale replica nell’illustrazione del motivo di ricorso, formulato in termini generali.

Resta da aggiungere che la riscontrata non individualizzazione dei motivi umanitari e di ragioni di vulnerabilità diverse da quelle poste a base della richiesta di altre forme di protezione non può esser surrogata dalla situazione generale del Paese, perchè altrimenti si finirebbe per prendere in considerazione non già la situazione particolare del singolo soggetto, ma piuttosto quella del suo Paese d’origine in termini del tutto generali ed astratti (cfr. Cass. n. 15071/2019 in motiv.).

2. In conclusione il ricorso va dichiarato inammissibile.

Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis (Cass. S.U. n. 23535 del 20/9/2019).

P.Q.M.

– Dichiara inammissibile il ricorso;

– Dà atto, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 2 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 6 dicembre 2019

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