Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 31987 del 06/12/2019

Cassazione civile sez. VI, 06/12/2019, (ud. 02/10/2019, dep. 06/12/2019), n.31987

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFFERRI Andrea – Presidente –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – rel. Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23750-2018 proposto da:

E.O., elettivamente domiciliato in ROMA, V.LE ANGELICO 38,

presso lo studio dell’avvocato ROBERTO MAIORANA, che lo rappresenta

e difende;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, C.F. (OMISSIS), in persona del Ministro pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 149/2018 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA,

depositata l’01/03/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 02/10/2019 dal Consigliere Relatore Dott.ssa TRICOMI

LAURA.

Fatto

RITENUTO

CHE:

Con ricorso del D.Lgs. n. 25 del 2008, ex art. 35, E.O., nato in Nigeria, chiedeva al Tribunale di Perugia che gli venisse riconosciuta una delle diverse misure di protezione internazionale, erroneamente denegate dalla Commissione territoriale. Il giudice adito rigettava la domanda.

L’impugnazione proposta dinanzi alla Corte di appello di Perugia veniva rigettata.

Il ricorrente aveva narrato di essere fuggito dalla Nigeria perchè, a seguito della morte del padre, lo zio gli aveva richiesto insistentemente i titoli di proprietà di alcuni terreni e, al suo rifiuto, lo aveva aggredito con un machete.

La Corte territoriale, pur confermando la valutazione compiuta in primo grado di non particolare attendibilità delle dichiarazioni del richiedente in quanto generiche e non circostanziate, ha escluso che le ragioni addotte potessero rientrare nelle fattispecie normativamente previste per il riconoscimento della protezione in quanto riconducibili a vicende familiari e private. Ha valutato quindi le condizioni socio/politiche della Nigeria, escludendo la sussistenza di una situazione di violenza generalizzata nel Paese ed ha negato la protezione umanitaria non ravvisando peculiari situazioni personali di vulnerabilità.

Il richiedente ha proposto ricorso per cassazione con cinque mezzi; il Ministero dell’Interno ha replicato con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1.1. Con il primo motivo si denuncia la nullità della sentenza di appello per omessa motivazione e/o motivazione apparente e si sostiene che la laconicità della motivazione non consente di ritenere che alla affermazione della condivisione della sentenza di primo grado si sia pervenuti attraverso l’esame e la valutazione dei motivi di gravame.

1.2. Il motivo, che deduce un error in procedendo ai sensi del n. 4, è inammissibile perchè avrebbe dovuto illustrare con la dovuta specificità quanto dedotto in secondo grado, in modo da consentire al giudice di legittimità di apprezzare la portata della censura, ma ciò non è avvenuto risultando il motivo astratto e generico.

Come questa Corte ha già avuto modo di chiarire, infatti, “La Corte di cassazione, allorquando sia denunciato un “error in procedendo”, è anche giudice del fatto ed ha il potere di esaminare direttamente gli atti di causa; tuttavia, non essendo il predetto vizio rilevabile “ex officio”, è necessario che la parte ricorrente indichi gli elementi individuanti e caratterizzanti il “fatto processuale” di cui richiede il riesame e, quindi, che il corrispondente motivo sia ammissibile e contenga, per il principio di autosufficienza del ricorso, tutte le precisazioni e i riferimenti necessari ad individuare la dedotta violazione processuale.” (Cass. n. 2771 del 02/02/2017; Cass. n. 1170 del 23/01/2004) e ciò, nel caso di specie, non è avvenuto.

2.1. Con il secondo motivo si deduce, in relazione alla mancata concessione della protezione sussidiaria, l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, individuato nella condizione di pericolosità e nella situazione di violenza generalizzata esistenti in Nigeria, oltre che l’omessa consultazione e valutazione delle fonti informative

Il ricorrente lamenta che la Corte di appello abbia escluso la sussistenza di una situazione di pericolo per la sicurezza individuale in Nigeria senza avere preso in considerazione le fonti informative sulla situazione politico/sociale.

2.2. Col terzo motivo si denuncia l’omesso e/o errato esame delle dichiarazioni del ricorrente e delle allegazioni portate in giudizio per la valutazione della condizione personale del ricorrente.

Il ricorrente si duole che, a prescindere dalla valutazione di non credibilità della vicenda personale narrata, non siano state considerate le condizioni del Paese di provenienza, non si sia tenuto conto della integrazione sociale in Italia, non si sia applicato il principio dell’onere probatorio attenuato.

2.3. Con il quarto motivo si denuncia la mancata concessione della protezione sussidiaria a cui il richiedente sostiene di avere diritto in ragione delle condizioni socio politiche del paese di origine e la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, l’omesso esame delle fonti informative, l’omessa applicazione dell’art. 10 Cost..

2.4. I motivi, che trattato tutti temi connessi alla domanda di protezione sussidiaria, possono essere trattati congiuntamente e vano dichiarati inammissibili per difetto di specificità e perchè non rispondono al modello legale.

La decisione impugnata ha confermato, sul punto, quanto accertato dal Tribunale ed ha respinto la domanda di protezione sussidiaria ribadendo la prima decisione: ebbene le censure, formulate in termini del tutto astratti, mediante la riproduzione di norme e precedenti giurisprudenziali, ma non dei pregressi atti di giudizio nei loro passaggi significati ed individualizzanti il tema in esame, non consentono di comprendere se la questione posta circa il mancato esame delle fonti informative, la critica alla ritenuta non credibilità della dichiarazioni ed alla valutazione della situazione socio/politica del Paese di provenienza sia stata tempestivamente proposta con i motivi di appello avverso la prima decisione, ed in che termini, ovvero se le stesse siano nuova.

Invero “Qualora con il ricorso per cassazione siano prospettate questioni di cui non vi sia cenno nella sentenza impugnata, è onere della parte ricorrente, al fine di evitarne una statuizione di inammissibilità per novità della censura, non solo di allegare l’avvenuta loro deduzione innanzi al giudice di merito, ma anche, in ossequio al principio di specificità del motivo, di indicare in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla S.C. di controllare “ex actis” la veridicità di tale asserzione prima di esaminare il merito della suddetta questione.” (Cass. n. 15430 del 13/06/2018).

Il ricorrente inoltre formula la doglianza in termini del tutto astratti, senza indicare da quale fonte -dallo stesso tempestivamente dedotta – i giudici del merito avrebbero potuto trarre informazioni rilevanti al fine del riconoscimento della protezione sussidiaria, con evidenti ricadute sulla ammissibilità del motivo.

3. Con il quinto motivo si lamenta la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, in merito al rifiuto della protezione umanitaria, invocando la tutela del diritto alla salute ed all’alimentazione, e del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19 che vieta l’espulsione dello straniero che possa essere perseguitato nel suo Paese di origine.

Il motivo è inammissibile.

Va richiamata per tutti la giurisprudenza di legittimità secondo la quale il vizio della sentenza previsto dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, dev’essere dedotto, a pena d’inammissibilità del motivo, giusta la disposizione dell’art. 366, n. 4, c.p.c., non solo con l’indicazione delle norme che si assumono violate e/o della giurisprudenza di cui si sollecita l’applicazione, ma anche, e soprattutto, mediante specifiche argomentazioni intellegibili ed esaurienti, intese a motivatamente dimostrare in qual modo determinate affermazioni in diritto contenute nella decisione impugnata debbano ritenersi in contrasto con le indicate norme regolatrici della fattispecie o con l’interpretazione delle stesse fornite dalla giurisprudenza di legittimità, diversamente impedendo alla corte regolatrice di adempiere al suo compito istituzionale di verificare il fondamento della lamentata violazione (Cass. n. 24298 del 29/11/2016).

Risulta, quindi, inidoneamente formulata la deduzione di errori di diritto individuati per mezzo della sola preliminare indicazione delle singole norme pretesamente violate o di precedenti giurisprudenziali, ma non dimostrati per mezzo di una critica delle soluzioni adottate dal giudice del merito nel risolvere le questioni giuridiche poste dalla controversia, operata mediante specifiche e puntuali contestazioni nell’ambito di una valutazione comparativa con le diverse soluzioni prospettate nel motivo e non attraverso la mera contrapposizione di queste ultime a quelle desumibili dalla motivazione della sentenza impugnata.

A ciò va aggiunto che, in disparte dagli effetti del D.L. n. 113 del 4 ottobre 2018, convertito in legge, con modificazioni, dalla L. 10 dicembre 2018, n. 132, art. 1, comma 1, risulta dirimente il difetto di qualsivoglia allegazione individualizzante in punto di vulnerabilità nel giudizio di merito, senza che la insussistenza dei presupposti accertata dalla Corte di appello trovi una adeguata e puntuale replica nell’illustrazione del motivo di ricorso, formulato in termini generali.

Resta da aggiungere che la riscontrata non individualizzazione dei motivi umanitari e di ragioni di vulnerabilità diverse da quelle poste a base della richiesta di altre forme di protezione non può esser surrogata dalla situazione generale del Paese, perchè altrimenti si finirebbe per prendere in considerazione non già la situazione particolare del singolo soggetto, ma piuttosto quella del suo Paese d’origine in termini del tutto generali ed astratti (cfr. Cass. n. 15071/2019 in motiv.).

4. In conclusione il ricorso va dichiarato inammissibile.

Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza nella misura liquidata in dispositivo.

Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis (Cass. S.U. n. 23535 del 20/9/2019).

P.Q.M.

– Dichiara inammissibile il ricorso;

– Condanna il ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 2.100,00=, oltre spese prenotate a debito;

– Dà atto, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115,mart. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 2 ottobre 2019.

Depositato in cancelleria il 6 dicembre 2019

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