Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 31980 del 06/12/2019

Cassazione civile sez. II, 06/12/2019, (ud. 09/10/2019, dep. 06/12/2019), n.31980

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. GORJAN Sergio – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26762/2015 proposto da:

STUDIO NAPOLI CENTRO SRL, elettivamente domiciliato in Napoli, via F.

Biundo n. 54, presso lo studio degli avv.ti RENATO ANGELONE,

GIOVANNA PAGNOZZI;

– ricorrente –

contro

B.A., elettivamente domiciliato in Roma, via della Frezza

n. 59, presso lo studio dell’avv.to Emilio Paolo Sandulli che lo

rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3249/2015 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 16/07/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

09/10/2019 dal Consigliere Dott. LUCA VARRONE.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. B.A. veniva condannato dal Tribunale di Napoli al pagamento di Euro 26.108 nei confronti dello Studio Napoli Centro S.r.l. a titolo di penale per la mancata accettazione della proposta di acquisto formulata da C.F. conforme alle condizioni di vendita indicate nell’incarico conferito al mediatore.

Il Tribunale aveva accolto la domanda ritenendo provata la pretesa creditoria dello Studio Napoli Centro in quanto dalla documentazione prodotta dal mediatore risultava che C.F. in data 5 giugno 2006 aveva effettuato una proposta di acquisto dell’immobile di proprietà del B., che aveva affidato la vendita allo Studio Napoli Centro. La proposta era pienamente conforme alle condizioni di vendita indicate nel contratto di mandato conferito al mediatore. Pertanto, condannava il B. a corrispondere allo studio Napoli la penale prevista nel contratto corrispondente al 2,9% del prezzo indicato per la vendita dell’immobile di Euro 900.000.

2. Avverso tale decisione proponeva impugnazione il B..

3. La Corte d’Appello di Napoli accoglieva l’appello e, in riforma della sentenza del Tribunale, rigettava la domanda proposta dallo Studio Napoli Centro S.r.l..

In via preliminare, la Corte d’Appello riteneva provata l’iscrizione all’albo dei mediatori della società attrice e rigettava il primo motivo di appello. Il giudice del gravame, invece, accoglieva il secondo motivo di impugnazione, in quanto la proposta ricevuta dal B. non era conforme alle condizioni di vendita indicate nell’incarico, perchè prevedeva una data finale per la stipula del definitivo e il versamento del saldo del prezzo in data successiva a quella indicata nell’incarico. In giudizio il mediatore aveva prodotto due differenti proposte di acquisto, datate entrambe 5 giugno 2006, una conforme e una non conforme alle condizioni indicate dal B.. A fronte dell’eccezione di questi di aver ricevuto solo la proposta non conforme che legittimava, pertanto, il suo rifiuto alla stipula, il mediatore doveva dare prova di aver comunicato anche la proposta conforme alle indicazioni del mandato. Tale prova mancava in atti e, dunque, il motivo di appello, a fronte dell’eccezione del B. di non aver ricevuto la proposta conforme, doveva essere accolto, essendo legittimo il rifiuto alla conclusione dell’affare.

5. Studio Napoli centro S.r.l. ha proposto ricorso per cassazione avverso la suddetta sentenza sulla base di due motivi di ricorso.

6. B.A. si è costituito con controricorso.

7. Entrambe le parti in prossimità dell’udienza hanno presentato memoria con la quale hanno insistito nelle rispettive richieste.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo di ricorso è così rubricato: violazione degli artt. 1328 e 1755 c.c. e segg., c.c. violazione degli artt. 1362 e 1366 c.c., violazione dell’art. 115 c.p.c., commi 1 e 2, motivazione insufficiente. Omesso esame di un documento decisivo per la controversia. Art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5.

Il ricorrente, premessa la distinzione tra la mediazione di cui all’art. 1754 c.c. e quella del mediatore professionista, con riferimento specifico alle cosiddette agenzie immobiliari a carattere societario, afferma che la corte distrettuale avrebbe dovuto valutare l’intero comportamento delle parti del contratto di mediazione e avrebbe dovuto valutare se la comunicazione della ricorrente di aver ritirato una proposta conforme alle condizioni del proponente-mandante inviata il 10 giugno 2006 e pervenuta il successivo 13 giugno fosse satisfattiva o meno, atteso che l’obbligazione del mediatore-mandatario consiste nel comunicare al venditore il deposito dell’accettazione dell’aspirante acquirente e non quello di inviare copia della stessa.

2. Il secondo motivo di ricorso è così rubricato: violazione e falsa applicazione degli artt. 1326,1362 e 1363 c.c., in combinato disposto con gli artt. 1754 c.c. e segg., difetto di motivazione, art. 360 c.p.c., n. 3.

Il ricorrente evidenzia che la natura giuridica delle proposte e delle accettazioni che le parti lasciano al mandatario professionista, ai fini dell’esatto adempimento della prestazione di mediazione, non costituiscono un rapporto obbligatorio e, tantomeno, un preliminare ma comunque determinano il sorgere del diritto del mediatore alla provvigione per aver comunque concluso l’affare, essendo questo il fulcro del mandato.

Pertanto, la Corte d’Appello, dando rilievo essenziale all’asserita proposta conforme non trasmessa e omettendo ogni indagine sulla comunicazione dell’avvenuta accettazione dell’altra proposta, sarebbe incorsa in una falsa applicazione dell’art. 1326 c.c., che resta estranea al rapporto mandante-mandatario-mediatore e che non incide sull’inadempimento di quest’ultimo.

2.1 I due motivi di ricorso, che possono essere trattati congiuntamente stante la loro evidente connessione, sono infondati.

In primo luogo, deve osservarsi che l’agenzia immobiliare aveva agito in virtù di una clausola del contratto, definita come penale, della quale, tuttavia, non riporta il contenuto, non consentendo a questa Corte di stabilire quale fosse la pattuizione stabilita tra le parti.

In secondo luogo, nella sentenza si fa un preciso riferimento al fatto che la società Studio Napoli Centro non solo non aveva documentato la comunicazione della proposta conforme al B. ma neppure aveva chiesto di provare tale circostanza. Pertanto, a fronte dell’eccezione del B. di non aver ricevuto tale comunicazione di una proposta conforme e in mancanza di prova del contrario, correttamente la Corte d’Appello ha ritenuto che il rifiuto alla stipula del contratto e, dunque, alla conclusione dell’affare, fosse legittimo in quanto rivolto ad una proposta non conforme a quella oggetto dell’incarico all’agenzia immobiliare.

2.2 Con i motivi in esame, pertanto, il ricorrente richiede una sostanziale rivalutazione dei fatti di causa pur risultando non contestato che la proposta del giugno 2006 inviata al B. non era conforme ed in mancanza di altri elementi dai quali desumere che vi fosse stata una successiva comunicazione di un’altra proposta, questa volta conforme e sostitutiva della precedente, con accoglimento integrale delle condizioni di vendita indicate dal B., circostanza non confermata neanche dal terzo acquirente.

Peraltro, la questione relativa alla successiva comunicazione di una proposta conforme non risulta affrontata dalla Corte d’Appello e il ricorrente non censura l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio ma lamenta la violazione dell’art. 1326 c.c., sul presupposto non dimostrato dell’avvenuta comunicazione di una proposta conforme che avrebbe reso illegittimo il rifiuto a concludere l’affare da parte del B..

2.3 In ogni caso deve evidenziarsi che, ai fini dell’adempimento dell’obbligazione del mediatore, non è sufficiente la mera comunicazione del ritiro di una proposta conforme se a tale comunicazione non segue l’effettivo invio della suddetta proposta o altra modalità con la quale il mediatore renda concreta ed effettiva la proposta di acquisto conforme alle condizioni di vendita che il proprietario di un immobile aveva stabilito all’atto di conferimento dell’incarico di mediazione. Peraltro, tra gli adempimenti propri del mediatore vi è anche quello di rendere noti tutti gli elementi utili ai fini della conclusione dell’affare (Sez. 3, Sentenza n. 16382 del 2009) e tale obbligo non può certo dirsi soddisfatto mediante la mera comunicazione di aver ricevuto una proposta conforme alle aspettative del venditore.

Infine, deve precisarsi che il proprietario può sempre legittimamente rifiutarsi di concludere l’affare che l’agenzia di vendita immobiliare gli propone e, in tal caso, è necessario verificare i termini del contratto per valutare se nonostante la mancata conclusione dell’affare l’agenzia immobiliare abbia diritto ad un compenso. Tale compenso non può mai essere quello dovuto in caso di conclusione dell’affare. Spetta al giudice stabilire se la previsione di un diverso ed ulteriore compenso determini uno squilibrio fra i diritti e gli obblighi delle parti in modo tale che la clausola che lo prevede sia vessatoria, ai sensi dell’art. 1469 bis c.p.c., comma 1 (ora art. 33, comma 1, codice del consumo), salvo che in tale pattuizione non sia chiarito che, in caso di mancata conclusione dell’affare, il compenso è dovuto per l’attività sino a quel momento esplicata (Sez. 3, Sent. n. 22357 del 2010).

Nella specie, invece, come si è detto, il ricorrente non riporta i termini del contratto e non chiarisce quale fosse il compenso dovuto per la conclusione dell’affare e quale quello previsto per la clausola definita come penale, il che preclude a questa Corte la possibilità di stabilire quale fosse la natura della pattuizione intercorsa tra le parti.

5. Il ricorso è rigettato.

6. Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

7. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 5.500 più Euro 200 per esborsi.

ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente principale di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 9 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 6 dicembre 2019

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