Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 31974 del 06/12/2019

Cassazione civile sez. II, 06/12/2019, (ud. 06/03/2019, dep. 06/12/2019), n.31974

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. BERTUZZI Mario – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 10928/2015 proposto da:

A. E P. DI C.A. E D.P. SNC, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA APUANIA 12, presso lo studio dell’avvocato

SALVATORE MUCCIO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

ARTIGIANO FIORENTINO DI C.C., elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA COSSERIA 5, presso lo studio dell’avvocato LAURA TRICERRI,

che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato ENRICO DANZI;

– contrioricorrente incidentale –

avverso la sentenza n. 428/2014 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 31/01/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

06/03/2019 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE GRASSO.

Fatto

RITENUTO

che la vicenda che viene qui in esame può sintetizzarsi nei termini seguenti:

– il Tribunale accolse la domanda avanzata dalla s.n.c. A. e P. di C.A. e D.P., che aveva convenuto in giudizio C.C., chiedendone la condanna al pagamento di Euro 2.705,00 per lavori di restauro e lucidatura mobili, nonchè di Euro 10.100,00, quale corrispettivo di un contratto estimatorio riguardante mobili e arredi e rigettò quella riconvenzionale, con la quale il convenuto aveva chiesto condannarsi la società attrice alla restituzione dei mobili a questa consegnati in conto vendita o, in alternativa, al pagamento del controvalore;

– la Corte d’appello, decidendo sull’impugnazione del C., limitò l’accoglimento della domanda della A. e P. al pagamento di Euro 3.200,00, oltre IVA, quale compenso per lavori di restauro e lucidatura e accolse la domanda dell’appellante, condannando l’appellata a restituire i “beni di cui al doc. 1 (…) o alla corresponsione dell’equivalente prezzo”, maggiorato dell’IVA e degli interessi al tasso legale;

– la A. e P. ricorre, sulla base di due motivi di censura, ulteriormente illustrati da memoria, avverso la decisione di secondo grado e il C. resiste con controricorso, in seno al quale propone ricorso incidentale fondato su unitaria censura;

ritenuto che con il primo motivo la società ricorrente denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 2719,2720,2730 e 2697 c.c., nonchè artt. 214 e 215 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, assumendo che:

– ingiustamente la Corte d’appello aveva censurato il ragionamento del Tribunale a riguardo della valutazione del materiale documentale, in quanto l’attrice aveva dimostrato di aver consegnato un certo numero di mobili al C., che non li aveva poi restituiti, producendo il documento di trasporto n. 45 del 4/10/2004, che indicava analiticamente i beni in parola, firmato dal solo trasportatore (tale O.), il quale, sentito come teste, aveva confermato di avere in diverse occasioni effettuato trasporti per l’una e per l’altra parte in causa;

– il C., a sua volta, aveva depositato il documento di trasporto n. 30 dell’8/10/2004, che indicava la medesima lista di mobili, restituiti alla A. e P.;

– il C. con la comparsa di costituzione aveva ammesso l’esistenza dell’originale del documento di trasporto attestante la consegna dei mobili dalla A. e P. a lui, la veridicità della vicenda e del contesto negoziale e ciò costituiva piena confessione, ex art. 2730 c.c.;

– invece il documento di trasporto prodotto dal C., privo di firme del committente e del destinatario, prodotto in fotocopia, tempestivamente disconosciuta, non poteva assumere valore alcuno, non avendo il convenuto provveduto a depositare l’originale o ad avvalersi di qualsivoglia strumento di prova utile a dimostrare “la veridicità delle copie prodotte”.

Diritto

CONSIDERATO

che la doglianza non può essere accolta per il convergere di almeno due ragioni, ognuna delle quali idonea a sorreggere l’assunto:

a) la doglianza è priva della necessaria specificità, in quanto, ai sensi dell’art. 366 c.p.c., n. 6, gli evocati documenti di trasporto non sono stati posti nella disponibilità conoscitiva della Corte (difetto di autosufficienza);

b) da quel che emerge dagli atti in questa sede apprezzabili non consta che la ricorrente abbia disconosciuto la fotocopia ai sensi dell’art. 2719 c.c., contestandone, quindi, la conformità all’originale, ma, ben diversamente, denunziato la non rispondenza rispetto al reale di quanto annotato sul documento, di talchè la censura si risolve in un inammissibile contestazione del vaglio probatorio;

ritenuto che con il secondo motivo la A. e P. deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 2697,2719,2720,2730 c.c., nonchè degli artt. 214 e 215 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, assumendo che:

– la Corte locale aveva affermato che “il documento di trasporto (prodotto dal C.), pur discutibile nella sua compilazione e, quindi attendibilità, era stato in qualche modo riconosciuto da A.C. il quale aveva confermato la restituzione di tre dei beni ivi indicati. Il documento peraltro conteneva l’espressa indicazione anche di altri beni dei quali A. negava la restituzione, ma in tal caso avrebbe dovuto far constatare la circostanza al trasportatore e, quindi, contestare il fatto direttamente e immediatamente al C.. Il documento fa piena prova nella sua interezza e, quindi, la Corte ritiene che i beni in esso indicati, stante l’assenza di immediate contestazioni, erano stati ricevuti dalla A. e P. s.n.c.”;

– il ragionamento non viene condiviso dalla ricorrente, la quale chiarisce che: a) l’ A. aveva dichiarato che i mobili erano stati consegnati alla società da lui rappresentata “solo in parte e comunque solo successivamente al 08/10/2004”; inoltre, il legale rappresentante della ricorrente, sempre in sede d’interrogatorio formale, visionato il documento del C., ne aveva disconosciuto la firma di ricezione in calce; b) da ciò si sarebbe dovuto ricavare che, nel mentre la consegna dalla A. e P. al C. aveva trovato conferma nelle stesse ammissioni di quest’ultimo, quella inversa, dal C. all’ A. e P. era rimasta sfornita di prova, non avendo l’ A. dichiarato di aver ricevuto tre mobili e, anzi, avendo precisato che la restituzione parziale era avvenuta in epoca successiva all’8/10/2004; c) confrontando la testimonianza di P.V. (padre di D.) era agevole rendersi conto che la restituzione (dal C. alla A. e P.) dei tre mobili, di cui discorre la sentenza, concerneva altra e diversa vicenda; d) la sentenza aveva finito con l’assegnare valore ricognitorio a un documento non originale e di dubbio significato, in violazione dell’art. 2720 c.c.;

e) aveva fatto falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., addossando l’onere della prova alla società attrice, ignorando che l’ A. aveva disconosciuto “sotto tutti i profili” il documento;

considerato che la doglianza merita di essere accolta, al di là dell’inconferente riferimento agli artt. 214 e 215 c.p.c., in quanto l’affermazione della Corte locale sopra trascritta conduce ad una non condivisibile interpretazione dei principi in materia di onere della prova:

a) il documento di trasporto prodotto dal C., privo delle firme del mittente e del ricevente, siglato dal solo vettore, costituisce scrittura proveniente dal terzo, la quale può assumere solo un significato indiziario (cfr. Sez. L., n. 11105, 14/8/2001);

b) nella specie, una tale efficacia, la quale, peraltro, per assurgere a prova necessiterebbe comunque di corroborazione, non trova conferma nella deposizione del vettore, il quale non è stato in grado di fornire precisi riferimenti, essendosi limitato ad affermare di aver effettuato diversi trasporti per conto della ricorrente e del resistente, con reciproco invio di mobili;

c) non trova conforto nella legge l’asserto secondo il quale il documento faceva prova nella sua interezza, con la conseguenza che avrebbero dovuto intendersi consegnati alla A., non solo i tre mobili che quest’ultima aveva ammesso di aver ricevuto, ma tutti quelli indicati nel documento, ostandovi la ragione esposta alla precedente lettera b) e l’ingiustificata apoditticità dell’asserto, il quale non trova supporto normativo di sorta;

d) l’affermazione, poi, secondo la quale era onere del ricevente “contestare il fatto direttamente e immediatamente a C.” viola l’art. 2697 c.c., perchè presupponendo quel che non risulta essere stato provato, e cioè il documento di trasporto, prodotto dal C., fosse stato rilasciato, in altra copia, alla ricorrente al momento della consegna dei mobili, che essa dichiara aver ricevuto solo in parte, inverte il canone legale sul carico probatorio, trasferendo, contra legem, l’onere di dimostrare la consegna dei beni dal mittente al destinatario;

considerato che, pertanto, la sentenza deve essere sul punto cassata, cosicchè il Giudice del rinvio proceda a nuovo esame adeguandosi al seguente principio di diritto: “il documento di trasporto firmato dal solo vettore, costituente scrittura proveniente dal terzo, come tale assumendo mero valore indiziario, necessita di corroborazione ai sensi dell’art. 2729 c.c., ove non puntualmente confermata dalla deposizione del compilatore o da altre dichiarazioni testimoniali, di talchè da solo non soddisfa l’onere probatorio, che l’art. 2697 c.c., pone a carico del mittente, in ordine alla consegna di determinati beni al destinatario”

ritenuto che con il motivo incidentale il C. lamenta omessa pronuncia, in violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, in quanto:

– con l’atto costitutivo di primo grado il convenuto aveva chiesto, in via riconvenzionale, condannarsi l’attrice “a restituire (…) i mobili descritti nel doc. 1 (…) ovvero, alternativamente, a pagare il prezzo nelle rispettive misure indicate nel documento stesso o in quella, maggiore o minore, eventualmente accertata in corso di causa, il tutto previa fissazione di relativo termine ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 1183 c.c.”;

– la Corte di Milano non aveva scrutinato la domanda di fissazione del termine, incorrendo, quindi, in omissione di pronunzia;

considerato che la doglianza resta assorbita dall’accoglimento del secondo motivo del ricorso principale;

considerata l’opportunità di rimettere al Giudice del rinvio il regolamento delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

accoglie il secondo motivo e rigetta il primo del ricorso principale, dichiara assorbito quello incidentale, cassa in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per il regolamento delle spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Milano, altra sezione.

Così deciso in Roma, il 6 marzo 2019.

Depositato in Cancelleria il 6 dicembre 2019

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA