Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3197 del 12/02/2014


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Civile Sent. Sez. 6 Num. 3197 Anno 2014
Presidente: GOLDONI UMBERTO
Relatore: PROTO CESARE ANTONIO

SENTENZA
sul ricorso 21328-2011 proposto da:
BUSI ORVILE BSURVL31E03A038P, elettivamente domiciliato in
ROMA, VIA APPIA NUOVA 96, presso lo studio dell’avvocato
ROLF° PAOLO, rappresentato e difeso dall’avvocato BEZZI
DOMENICO, giusta delega a margine del ricorso;
– ricorrente contro
SCOVOLI MARIO & C. SNC in persona del legale rappresentante
pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA SISTINA 121,
presso lo studio dell’avvocato BONOTTO MARCELLO, che la

Data pubblicazione: 12/02/2014

rappresenta e difende unitamente all’avvocato NIASCAGNI
GIANPIERO, giusta mandato a margine del ricorso;

– controricorrente avverso la sentenza n. 605/2011 della CORTE D’APPELLO di

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
10/12/2013 dal Consigliere Relatore Dott. CESARE ANTONIO
PROTO;
udito per la controricorrente l’Avvocato Marcello Bonotto che si
riporta agli scritti.
E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. AURELIO
GOLIA chc ha chiesto il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con citazione del 5/10/2006 la società Scovoli Mario s.n.c.,
proprietario di un lotto su quale era stato edificato un magazzino con
retrostante portico realizzato sul confine, conveniva in giudizio Busi
Orvile, proprietario confinante il quale, a dire della società attrice,
aveva realizzato un magazzino, chiuso su tutti i lati, in aderenza al
proprio portico.
La società deduceva l’illegittimità della costruzione del confinante
perché realizzata in violazione delle norme sulle distanze dai confini e
tra fabbricati di cui all’art. 60.4 NTA del PRG del Comune di
Casaloldo (MN) che imponevano al confinante di costruire alla
distanza di 10 metri dalla preesistente costruzione.
Ciò prernexxo, l’attrice chiedeva la un -RIAI-1m tìrì Bn id firlyrnire

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BRESCIA del 30.3.2011, depositata il 25/05/2011;

propria costruzione sino a 5 metri del confine o sino a dieci metri dal
proprio porticato sul confine.
Busi sosteneva invece di avere diritto a costruire in aderenza ai sensi

dell’attrice ad arretrare la sua costruzione sino a 5 metri dal confine o
sino a dieci metri della propria costruzione.
Con sentenza del 26/1/2010 il Tribunale di Mantova, sezione
distaccata di Castiglione delle Stiviere, condannava Busi a demolire la
sua costruzione o ad arretrarla fino a dieci metri dalla costruzione
dell’attrice.
Il Tribunale riteneva:
– che la costruzione sul confine dell’attrice fosse legittima perché
realizzata in esecuzione di un progetto unitario interessante più lotti e
sottoscritto dai due soggetti che all’epoca erano proprietari delle
particelle confinanti (la Corte di Appello precisa che l’art. 60.4.1 delle
NTA del PRG del Comune di Casaloldo consentiva tale edificazione
sul confine);
– che invece Busi non poteva costruire sul confine perché l’art. 60.4
lett. b delle NTA imponeva la distanza di dieci metri dal confine tra
fabbricati che insistono sullo stesso lotto.
L’appello di Busi era rigettato dalla Corte di Appello di Brescia con
sentenza del 25/5/2011 sulla base dei seguenti motivi:
– il progetto unitario, presentato dalla società, originaria dante causa

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dell’art. 877 c.c. e in via riconvenzionale chiedeva la condanna

(proprietaria del mappale 243 comprensivo dei subalterni 303 e 304) e
da altro soggetto (ditta Centro Batteria, proprietario del mappale 244)
aveva ad oggetto un edificio esistente sul mappale 244 e l’edificio,

sostenersi che vi fosse un progetto unitario di costruzione in aderenza
fra il mappale 243 sub 303 e il subalterno 304 dello stesso mappale,
così che quando la società proprietaria del mappale 243 ha venduto
alla società Scovoli il subalterno 303 con annesso capannone aveva
deliberatamente lasciato inedificato il subalterno 304 poi acquistato
dalla Bertani immobiliare e da questa venduto al Busi;
– l’appellante non poteva neppure dolersi dell’applicazione della
disposizione dell’art. 60.4 lett. b che prescrive la distanza di 10 metri
invece che cinque tra fabbricati che insistono sullo stesso lotto perché,
contrariamente a quanto da lui sostenuto, i due fabbricati insistevano
effettivamente sullo stesso lotto in quanto erano confinanti tra loro ed
ubicati su un appezzamento di terreno in zona edificabile
originariamente appartenente ad unico proprietario;
– neppure poteva trovare applicazione l’art. 7.4.4 della NTA che
ammette la costruzione in aderenza in caso di pareti non finestrate
perché la costruzione del vicini non era riconducibile all’ipotesi di
parete non finestrata in quanto era costituita da un portico aperto a
pilastri che per effetto dell’illegittima costruzione veniva
completamente chiuso.

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edificando sul mappale 243 sub 303 sul confine; pertanto non poteva

Busi ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi al quale
resiste con controricorso la società Scovoli.
Questa Corte, all’esito dell’udienza camerale ha ritenuto opportuna, in

pubblica udienza; la società Scovoli s.n.c. ha depositato memoria.

Motivi della decisione
1. Con il primo motivo il ricorrente deduce il vizio di motivazione e la
violazione e falsa applicazione dgli artt. 873 e 874 c.c. e dell’art. 60.4
lett. a delle N.T.A. del Comune di Casaloldo.
Busi sostiene:
– che la Corte avrebbe erroneamente interpretato

la norma

regolamentare che consente la costruzione a confine con progetto
unitario che interessi più lotti;
– che al momento dell’intervento il mappale 243 non era frazionato e
aveva un unico proprietario e, quindi, il progetto edilizio unitario
riguardava l’intero mappale, comprensivo delle particelle risultanti dal
successivo frazionamento;
– che l’unità progettuale deve essere valutata con riferimento allo stato
originario dei luoghi, della normativa e della volontà dell’originario
proprietario il quale, edificando sull’area del mappale 243 che sarebbe
poi diventata la particella 303 della società Scovoli e sul confine di
quella che sarebbe divenuta la particella 304 del Busi, voleva lasciare
all’acquirente della particella 304 la possibilità di costruire sul confine;

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relazione alle tematiche proposte, la trattazione della causa alla

l’interpretazione della Corte di appello finirebbe per azzerare il valore
della particella 304 in quanto l’acquirente, di fatto si troverebbe
impossibilitato a sfruttare il 796 mq.

Il progetto unitario, poi approvato, riguardava solo la costruzione che
era stata realizzata su due mappali confinanti, ossia il mappale 243, sul
quale doveva essere realizzata la costruzione e il mappale 244 sul quale
era già stato edificato un edificio; le parti, con l’accordo, si erano
riconosciute il diritto di costruire sul confine e in aderenza alla
costruzione realizzata sul mappale 244.
La stesso ricorrente dichiara che il mappale 243 non era ancora
frazionato; ne discende che neppure poteva ritenersi esistente un
confine tra il subalterno 303 e il subalterno 304, ma in ogni caso deve
escludersi, come giustamente rilevato dalla Corte di Appello, che
l’accordo per la costruzione in aderenza e sul confine, intervenuto tra il
proprietario del mappale 243 (Creazioni by Jordan) e il proprietario del
mappale 244 (Centro Batteria) potesse spiegare alcun effetto a favore
dell’acquirente (Busi, del tutto estraneo all’accordo suddetto) della
particella 304 risultante da un successivo frazionamento.
2. Con il secondo motivo il ricorrente deduce il vizio di motivazione
della sentenza e conseguente errata applicazione dell’art. 60.1 lett. a) e
b) delle NTA per avere ritenuto che gli edifici (della società Scovoli e
del Busi) fossero stati realizzati su un unico lotto; la Corte di Appello

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1.1 Il motivo è manifestamente infondato.

sarebbe incorsa in una contraddizione identificando la nozione di lotto
con quella di unità edilizia e poi ritenendo che le due unità edilizie
insistessero su un unico lotto; siccome le due costruzioni insistevano

distanza prescritta era di cinque metri e non di dieci.
La nozione di lotto, nella fattispecie, secondo il ricorrente, doveva
coincidere con ciascuna particella appartenente si diversi proprietari,
ossia la particella 303 e la particella 304 e pertanto l’arretramento
doveva essere limitato a cinque metri e non a dieci.
2.1 La Corte di Appello ha ritenuto l’unicità del lotto rilevando che i
due fabbricati, confinanti tra loro, insistevano su un appezzamento di
terreno in zona edificabile e originariamente appartenente ad un unico
proprietario.
La motivazione sull’unicità del lotto è adeguata e coerente con la
nozione urbanistica di lotto per la quale il lotto è la porzione unitaria di
terreno per l’utilizzazione edificatoria dei suoli e può essere costituito
anche da più particelle catastali, purché aventi la medesima
destinazione urbanistica; in altri termini la definizione di lotto, ai fini
urbanistici è funzionale alla determinazione delle possibilità edificatorie
di un terreno e alla determinazione della volumetria assentibile in quel
terreno, il che giustifica la previsione di una maggiore distanza tra
costruzioni all’interno di un medesimo lotto.

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su due lotti diversi, in applicazione dell’art. 60.4 lett. a) delle NTA la

Da questi principi non si è discostata la Corte di Appello e il motivo di
ricorso è, pertanto del tutto infondato.
3. Con il terzo motivo il ricorrente deduce il vizio di motivazione e la

applicazione la norma regolamentare sulla distanza tra pareti finestrate,
dovrebbe trovare applicazione la norma civilistica dell’art. 873 c.c. che
impone di mantenere una distanza, tra le costruzioni di tre metri e non
di dieci.
3.1 Il motivo è manifestamente infondato perché la norma di cui
all’art. 60.4.2 della NTA fissa in via generale la distanza tra fabbricati
insistenti su di un unico lotto nella misura di non meno di 10 metri e
questa norma è stata applicata; la norma di cui all’art. 7.4.4 delle NTA
(che la Corte di Appello afferma invocata dal Busi) consente la
costruzione a confine in presenza di parete non finestrata o di
porzione di parete non finestrata.
La Corte di Appello, tuttavia, ha correttamente rilevato che la deroga
ivi prevista alla norma generale non poteva essere applicata al caso di
specie in quanto non ricorreva l’ipotesi di parete finestrata o non
funestata, ma di una costruzione (il portico) in presenza della quale
l’altra costruzione doveva essere tenuta alla distanza di dieci metri.
4. In conclusione, assorbita ogni altra questione, il ricorso deve essere
rigettato per manifesta infondatezza con la condanna del ricorrente, in

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violazione dell’art.873 c.c. e sostiene che, non potendo trovare

quanto soccombente, al pagamento delle spese di questo giudizio di
cassazione liquidate come in dispositivo.
P. Q.N1.

Scovoli Mario & C. s.n.c. le spese di questo giudizio di cassazione che
liquida in euro 3.500,00 per compensi oltre curo 200,00 per esborsi
Così deciso in Roma, il 10/12/2013.

La Corte rigetta il ricorso e condanna Busi Orvile a pagare alla società

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