Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 31961 del 06/12/2019

Cassazione civile sez. VI, 06/12/2019, (ud. 12/09/2019, dep. 06/12/2019), n.31961

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Mario – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 1411/2018 R.G. proposto da:

P.D., rappresentato e difeso dagli Avv.ti Mario Pettorino e

Nicola Lauro;

– ricorrente –

contro

D.C.C., Milano Assicurazioni S.p.A., Assicurazioni

Generali S.p.a.;

– intimati –

avverso la sentenza del Tribunale di Napoli, n. 5920/2017, depositata

il 22 maggio 2017;

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12 settembre

2019 dal Consigliere Dott. Iannello Emilio.

Fatto

RILEVATO

che:

1. Il Tribunale di Napoli ha rigettato l’appello interposto da P.D. confermando la sentenza con la quale il Giudice di pace di Ischia aveva dichiarato improponibile la domanda risarcitoria dallo stesso proposta per i danni subiti a seguito del sinistro stradale occorsogli in data 13/2/2006.

Conformemente alla decisione di primo grado ha infatti ritenuto che l’istante non avesse ottemperato al disposto dell’art. 145 cod. ass., non avendo inviato richiesta di risarcimento nel rispetto delle formalità e dei contenuti di cui all’art. 148 cod. ass..

Ha in particolare rilevato che l’appellante non aveva inviato l’attestazione medica comprovante l’avvenuta guarigione con o senza postumi permanenti, di modo che la società di assicurazione non aveva avuto la possibilità di formulare un’offerta.

2. Avverso tale decisione il P. propone ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo.

Gli intimati non svolgono difese nella presente sede.

3. Essendo state ritenute sussistenti le condizioni per la trattazione del ricorso ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., il relatore designato ha redatto proposta, che è stata notificata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza della Corte.

Considerato che:

1. Con l’unico motivo di ricorso il P. svolge due distinte censure.

1.1. Con la prima lamenta l’errore di diritto cui sarebbe incorso il giudice a quo per aver fatto applicazione di norme (artt. 145,148 e 149 cod. ass.) non applicabili alla fattispecie poichè entrate in vigore successivamente al sinistro e alla data di notifica della lettera di messa in mora.

Rileva in particolare che l’art. 150 cod. ass. rinvia ad un decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro delle attività produttive, la disciplina di dettaglio del sistema, con particolare riferimento: ai criteri di determinazione del grado di responsabilità delle parti (attraverso una tabella di ripartizione della responsabilità, analoga a quella oggi vigente nel sistema CID, recante la casistica più diffusa delle situazioni riscontrabili in caso di scontro tra due veicoli); ai contenuti e alle modalità della presentazione della denuncia del sinistro e agli adempimenti necessari per il risarcimento del danno; alle modalità, alle condizioni e agli adempimenti a carico dell’impresa di assicurazione; ai limiti e alle condizioni di risarcibilità dei danni accessori.

Osserva quindi che tale regolamento, adottato con D.P.R. 18 luglio 2006, n. 254, art. 15 stabilisce che esso troverà applicazione per “i sinistri verificatisi a partire dall’1/2/2007”.

1.2. Con una seconda censura il ricorrente lamenta inoltre “vizio di motivazione; motivazione apparente e contraddittoria; omesso esame; travisamento”, osservando che “la nota della Milano ass.ni, richiamata dal Tribunale, si limita a chiedere la descrizione delle circostanze, l’indicazione del luogo, giorno e ora in cui le cose danneggiate sono disponibili per l’ispezione, l’età del danneggiato, il codice fiscale, e la sua attività lavorativa (voci spuntate), tutte circostanze – afferma – già ottemperate, come emerge dalla semplice visione della richiesta di risarcimento stragiudiziale”.

Rileva inoltre che il Tribunale “non ha considerato e valutato, come sarebbe stato agevole fare, semplicemente sfogliando i documenti allegati alla produzione attorea (n. 7 foliario), che i due certificati medici prontamente inviati alla compagnia di assicurazione, sono la sola ed unica documentazione medica in possesso del ricorrente, tant’è che è solo su di essa che si è sviluppata la domanda risa rcitoria”.

4. Entrambe le censure sono inammissibili.

4.1. La prima perchè non si confronta con il contenuto della sentenza.

Questa invero, diversamente da quanto postulato in ricorso, non fa applicazione degli artt. 149-150 cod. ass. (che riguardano la procedura di risarcimento diretto, non seguita nella fattispecie) bensì dell’art. 148 cod. ass., in combinato disposto con l’art. 145 cod. ass., entrambi in vigore dal 1 gennaio 2006 e dunque pacificamente applicabili alla fattispecie.

E’ utile rammentare che tali disposizioni riproducono, con modificazioni, rispettivamente, la L. 24 dicembre 1969, n. 990, art. 22, e il D.L. 23 dicembre 1976, n. 857, art. 3, convertito con modificazioni dalla L. 26 febbraio 1977, n. 39, e poi più volte modificato.

Quest’ultima disposizione, in particolare, aveva un contenuto pressochè identico e disegnava la procedura di risarcimento in termini e secondo fasi del tutto analoghe a quelle ora dettate dall’art. 148 cod. ass., al quale non può pertanto attribuirsi alcuna portata innovativa.

Non può dunque dubitarsi del contenuto immediatamente precettivo delle dette norme e della loro piena applicabilità, in quanto entrate in vigore il 1 gennaio 2006, al sinistro de quo.

Il regolamento evocato dal ricorrente (cui fa rinvio l’art. 150 cod. ass., emanato con D.P.R. 18 luglio 2006, n. 254, ed entrato in vigore, per espressa disposizione di cui all’art. 15, “il 1 gennaio 2007” e applicabile “ai sinistri verificatisi a partire dal 1 febbraio 2007”) è diretto invece a disciplinare i tempi ed il quomodo della innovativa procedura di indennizzo diretto di cui all’art. 149 cod. ass., che, come detto, non risulta applicata nella fattispecie e non può pertanto venire in rilievo.

4.2. La seconda censura si espone poi, evidentemente, ad un preliminare rilievo di inammissibilità per la palese inosservanza dell’onere di specifica indicazione degli atti e/o documenti su cui il ricorso si fonda, imposto dall’art. 366 c.p.c., n. 6.

Mette conto al riguardo rammentare che indicare in modo specifico gli atti e i documenti richiamati in ricorso, secondo quanto richiesto dall’art. 366 c.p.c., n. 6, vuol dire, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte:

a) trascriverne il contenuto, oppure riassumerlo in modo esaustivo;

b) indicare in quale fase processuale siano stati prodotti;

c) indicare a quale fascicolo siano allegati, e con quale indicizzazione (v. in tal senso, ex multis, Cass. Sez. U. 05/07/2013, n. 16887; Cass. 28/09/2016, n. 19048; 15/07/2015, n. 14784; Cass. 07/02/2011, n. 2966).

Nessuno di questi tre oneri può considerarsi compiutamente assolto dal ricorrente atteso che: il ricorso indica il contenuto dei documenti richiamati (nota della Milano Ass.ni, certificati medici, richiesta di risarcimento stragiudiziale) solo attraverso una generica e soggettiva descrizione di quello che ne dovrebbe essere l’esito valutativo; non indica con quale atto ed in quale fase processuale i documenti richiamati siano stati prodotti.

4.3. La censura peraltro tende nella sostanza a sollecitare inammissibilmente una mera rivalutazione delle risultanze istruttorie, impingendo pertanto nell’attività tipicamente di merito della ricognizione del fatto, ben al di là dei limiti del solo mezzo di critica al riguardo consentito dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (“omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti”).

E’ noto, infatti, che secondo l’interpretazione consolidatasi nella giurisprudenza di legittimità, tale norma, se da un lato ha definitivamente limitato il sindacato del giudice di legittimità ai soli casi d’inesistenza della motivazione in sè (ossia alla mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico, alla motivazione apparente, al contrasto irriducibile fra affermazioni inconciliabili o alla motivazione perplessa e obiettivamente incomprensibile), dall’altro chiama la Corte di cassazione a verificare l’eventuale omesso esame, da parte del giudice a quo, di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza (rilevanza del dato testuale) o dagli atti processuali (rilevanza anche del dato extratestuale), che abbia costituito oggetto di discussione e abbia carattere decisivo (cioè che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia), rimanendo escluso che l’omesso esame (tanto meno l’asserita erronea lettura) di elementi istruttori, in quanto tale, integri la fattispecie prevista dalla norma, là dove il fatto storico rappresentato sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè questi non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie astrattamente rilevanti (Cass. Sez. U. del 07/04/2014, nn. 8053 e 8054; v. anche Cass. Sez. U. 22/09/2014, n. 19881).

5. Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile.

Non avendo gli intimati svolto difese nella presente sede, non v’è luogo a provvedere sul regolamento delle spese.

Ricorrono le condizioni di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, per l’applicazione del raddoppio del contributo unificato.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 12 settembre 2019

Depositato in cancelleria il 6 dicembre 2019

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