Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3196 del 18/02/2016


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 3196 Anno 2016
Presidente: BUCCIANTE ETTORE
Relatore: GIUSTI ALBERTO

ha pronunciato la seguente

appalto

SENTENZA
I

sul ricorso proposto da:
TORELLI DOTTORI s.p.a., in persona del legale rappresentante
pro tempore, rappresentata e difesa, in forza di procura speciale in calce al ricorso, dagli Avv. Pasquale Mario Tigano,
Daniele Bendia e Marco Claudio Ramazzotti, con domicilio eletto nello studio di quest’ultimo in Roma, viale Liegi, n. 7;
– ricorrente –

Data pubblicazione: 18/02/2016

contro
REGIONE MARCHE, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa, in forza di procura speciale a margine del
controricorso, dagli Avv. Paolo Costanzi e Michele Romano, con
domicilio eletto nello studio di

quest’ultimo

in Roma, via

Domenico.Morichini, n. 41;

/1‘

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controricorrente

avverso la sentenza della Corte d’appello di Ancona n. 267/10
in data 3 aprile 2010.
Udita la relazione della causa svolta nell’udienza pubblica

Giusti;
uditi gli Avv. Marco Claudio Ramazzotti e Michele Romano;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. Alberto Celeste, che ha concluso per
il rigetto del ricorso.
Ritenuto in fatto
l. – La Torelli Dottori s.p.a. (già Torelli Dottori & C.
s.p.a.) conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Ancona
la Regione Marche deducendo che: con contratto in data 20 maggio 1990, l’associazione temporanea di Imprese Adriatica Edilstrade s.p.a. e la Torelli Dottori & C. s.p.a. avevano assunto
l’appalto del primo stralcio funzionale del primo lotto di realizzazione del Centro Intermodale delle Marche in Jesi-zona
Coppetella; la committente CE.M.I.M. s.p.a. si era resa inadempiente alle obbligazioni assunte con il contratto di appalto non pagando le obbligazioni contratte; la stessa CE.M.I.M.
era stata dichiarata fallita dal Tribunale di Ancona con sentenza in data 21 gennaio 1994, essendo il credito
dell’appaltatrice pari a lire 1.328.794.922.

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del 25 gennaio 2016 dal Consigliere relatore Dott. Alberto

L’attrice sosteneva che per tale credito doveva ritenersi
obbligata la Regione Marche perché: con la legge regionale 23
giugno 1986, n. 15, era stata stabilita la partecipazione della Regione alla società consortile CE.M.I.M.; con la legge re-

della società consortile nella progettazione, realizzazione e
gestione di un centro merci intermodale regionale; il Centro
Intermodale doveva considerarsi opera pubblica regionale, dovendo la Regione finanziare il progetto; la società CE.M.I.M.
aveva agito nell’ambito di una delega della Regione; in ogni
caso la Regione aveva omesso di vigilare sulla CE.M.I.M.
La società Torelli Dottori chiedeva quindi la condanna
della Regione al pagamento dell’intera somma per la quale la
Torelli Dottori era stata ammessa al passivo del fallimento
della CE.M.I.M.
La Regione Marche si costituiva, resistendo.
Il Tribunale di Ancona, con sentenza resa pubblica mediante deposito in cancelleria il 13 agosto 2004, rigettava la domanda, rilevando che il contratto stipulato tra la Torelli
Dottori e la CE.M.I.M. era un contratto civilistico che non
prevedeva alcun intervento della Regione, neppure a garanzia
delle obbligazioni assunte dalla società consortile, la quale,
avendo una sua autonomia gestionale e patrimoniale, rispondeva
in modo esclusivo in ordine al contratto di appalto stipulato.

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gionale 29 luglio 1988, n. 32, era stato definito lo scopo

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2. – La Corte d’appello di Ancona, con sentenza depositata
il 3 aprile 2010, ha respinto il gravame proposto dalla Torelli Dottori, ponendo a suo carico le spese processuali.
2.1. – La Corte d’appello ha rilevato che la Regione Mar-

che, pur interessata alla realizzazione delle opere oggetto
del contratto, non è intervenuta nel contratto per garantire
alcuna delle parti contraenti, né tanto meno ha determinato un
assoggettamento del contratto a regole diverse da quelle privatistiche di diritto comune: la Regione, risultando estranea
al contratto stipulato tra la Torelli Dottori e la CE.M.I.M.,
non può considerarsi stipulante del contratto stesso per la
sua partecipazione alla società consortile.
Escluso che nella specie sia configurabile una concessione
traslativa dell’esercizio di funzioni pubbliche proprie del
concedente, la Corte d’appello ha osservato che la CE.M.I.M.,
società consortile per azioni, non è una società che agisce
per la Regione, tanto è vero che è stata soggetta a fallimento, e che non induce a diversa conclusione la circostanza che
la Regione o altri enti pubblici possano averle concesso contributi e finanziamenti.
3.

– Per la cassazione della sentenza della Corte

d’appello la Torelli Dottori ha proposto ricorso, con atto
notificato il 19 maggio 2011, sulla base di undici motivi.
L’intimata Regione Marche ha resistito con controricorso.

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,11
-44-

In prossimità dell’udienza la ricorrente ha depositato una
memoria illustrativa.
Considerato in diritto
1. – Con il primo motivo la ricorrente denuncia la nulli-

ciata violazione da parte del giudice di primo grado degli
artt. 81, 99 e 112 cod. proc. civ. in punto di erroneamente
ravvisati difetti di legitimatio ad causam.
1.1. – Il motivo è infondato.
Non ricorre il vizio di omessa pronuncia, nonostante la
mancata decisione su un punto specifico, quando la decisione
adottata comporti una statuizione implicita di rigetto sul medesimo (Cass., Sez. I, 8 marzo 2007, n. 5351; Cass., Sez.
lav., 4 agosto 2014, n. 17580).
E’ questa la situazione che ricorre nella specie.
La Corte d’appello ha infatti evidentemente rilevato che
il Tribunale – allorché, dopo aver affermato che il contratto
stipulato tra la Torelli Dottori e la CE.M.I.M. era un contratto civilistico che non prevedeva alcun intervento della
Regione neppure a garanzia delle obbligazioni assunte dalla
società consortile, ha concluso nel senso della declaratoria
della carenza di legittimazione attiva della Torelli Dottori e
passiva della Regione Marche – ha inteso riferirsi, non già
alla legítimatio ad causam

(consistente nella titolarità del

potere e del dovere di promuovere o subire un giudizio in or,
– 5

tà della sentenza per omessa pronuncia in ordine alla denun-

dine al rapporto sostanziale dedotto in causa, mediante la deduzione di fatti in astratto idonei a fondare, secondo la prospettazione dell’attore, il diritto azionato), ma alla titolarità della situazione giuridica sostanziale, attiva e passiva.

dice relativa al merito della lite, la Corte d’appello ha dato
una risposta implicita al motivo di gravame là dove ha confermato la soluzione cui era pervenuto il Tribunale in punto di
estraneità della Regione al contratto stipulato tra la Torelli
Dottori e la CE.M.I.M. e alle obbligazioni dallo stesso discendenti, giudicando prive di fondamento le deduzioni
dell’appellante volte a collegare l’ente Regione con
l’intercorso contratto di appalto.
2. – Il secondo mezzo (violazione e falsa applicazione degli artt. 1, 2, 3, 4 e 5 della legge della Regione Marche 23
giugno 1986, n. 15, degli artt. l, 2 e 3 della legge della Regione Marche 29 luglio 1988, n. 32, dell’art. 20 della legge
della Regione Marche 18 maggio 1987, n. 24, dell’art. 23 della
legge della Regione Marche 4 giugno 1988, n. 17, della legge
della Regione Marche 2 agosto 1989, n. 21, della legge della
Regione Marche 26 aprile 1990, n. 27, della legge della Regione Marche 30 maggio 1991, n. 13) lamenta l’erroneo disconoscimento di un rapporto di delegazione intersoggettiva tra la Regione Marche e la società consortile CE.M.I.M. Dalle citate
leggi regionali, ad avviso della ricorrente, si ricaverebbe

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In questa prospettiva, essendo la decisione del primo giu-

che: il Centro Merci Intermodale – CE.M.I.M. è un’opera pubblica; il progetto CE.M.I.M. è un’opera pubblica regionale; la
Regione Marche finanzia interamente il suddetto progetto, con
finanziamenti concessi a rendicontazione; la Regione Marche

soggetti ammessi a costituirne la compagine sociale.
Il terzo motivo denuncia insufficiente motivazione, avuto
riguardo all’omessa valutazione di leggi della Regione Marche
in punto di erroneo disconoscimento di un rapporto di delegazione intersoggettiva tra la Regione Marche e la società consortile CE.M.I.M.
2.1. – Il secondo ed il terzo mezzo – da esaminare congiuntamente, stante la stretta connessione – sono infondati.
La legislazione della Regione Marche (in particolare, la
legge regionale 23 giugno 1986, n. 15, e la legge regionale 29
luglio 1988, n. 32) ha previsto: la partecipazione della Regione alla società consortile per azioni, secondo le norme del
codice civile, denominata Centro merci intermodale delle Marche (CE.M.I.M.); l’individuazione dei soggetti che possono es-

partecipa la società consortile CE.M.I.M., pure individuando i

serne soci (la Finanziaria regionale Marche, le camere di commercio, gli enti locali delle Marche, l’Azienda autonoma ferrovie dello Stato, gli istituti di credito, le imprese industriali, artigianali e commerciali operanti nella Regione); lo
scopo della società (la progettazione, la realizzazione e la
gestione di un centro merci intermodale regionale, consistente

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otu,

in un sistema unitario di opere, infrastrutture e servizi,
complessivamente preordinati alla ricezione, custodia, magazzinaggio e smistamento di merci, materie prime, prodotti intermedi e finiti secondo il criterio dell’integrazione fra le

Comune di Jesi); la pubblica utilità, l’indifferibilità e
l’urgenza delle opere necessarie per la realizzazione del centro; l’autorizzazione della Giunta regionale a compiere gli
atti necessari per l’acquisizione al patrimonio della Regione
di azioni della società; la riserva alla Regione della nomina
di alcuni componenti del consiglio di amministrazione e del
collegio sindacale; l’erogazione di contributi al CE.M.I.M.
per l’espropriazione delle aree.
Dalla disciplina legislativa regionale si ricava che la
Regione Marche si é avvalsa di una società privata, da essa
stessa partecipata e finanziata, per la realizzazione e la ge-

stione di un’opera (il centro merci intermodale regionale)
programmata nell’interesse pubblico.
Nessuna norma di legge regionale prevede però
l’assunzione, in capo alla Regione, delle obbligazioni contratte nei confronti dei terzi dalla società consortile
CE.M.I.M., né una responsabilità dello stesso Ente pubblico
territoriale a titolo di garanzia per l’adempimento delle medesime.

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varie modalità di trasporto, da realizzare nel territorio del

La distinta personalità di cui la società è dotata e la
sua conseguente autonomia patrimoniale rispetto ai propri soci
(e, quindi, rispetto all’ente pubblico Regione partecipante)
comportano, secondo i principi, che delle obbligazioni assunte

dalla società e derivanti da contratti, dalla stessa stipulati
agendo in nome proprio, strumentalmente preordinati alla realizzazione di tali opere, è chiamata a rispondere, nei confronti dei terzi, unicamente la società.
Non è pertinente il richiamo operato dalla ricorrente
all’istituto della delegazione intersoggettiva.
Allorché la Regione affidi ad una società privata, dalla
stessa partecipata e finanziata, la realizzazione e la gestione di opere programmate nell’interesse pubblico, il rapporto
non può definirsi di delegazione amministrativa, che è istituto peculiare del diritto pubblico e può configurarsi soltanto
tra enti pubblici diversi (delegazioni intersoggettive) o tra
organi diversi dello stesso ente pubblico (delegazione interorganica). Ricorre, semmai, la figura della concessione cosiddetta traslativa, caratterizzata dal trasferimento, in tutto o in parte, alla società concessionaria dell’esercizio delle funzioni oggettivamente pubbliche proprie del concedente e
necessarie per la realizzazione delle opere. In quest’ultima
ipotesi, peraltro, si verificano, nei rapporti esterni, effetti analoghi a quelli della delegazione amministrativa, poiché,
nell’espletamento dei compiti affidatigli, il concessionario

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0/1,

agisce in nome proprio ed è direttamente responsabile nei confronti dei terzi per le obbligazioni strumentalmente preordinate alla esecuzione delle opere oggetto della concessione,
con la conseguenza che è unicamente la società concessionaria,

nascenti dai contratti di appalto dalla stessa stipulati per
la realizzazione dell’opera pubblica (Cass., Sez. I, 3 novembre 1983, n. 6474; Cass., Sez. I, 2 settembre 1997, n. 8399).
Va ribadito il principio già espresso da questa Corte con
la sentenza 22 luglio 2005, n. 15486: ove un’Amministrazione
regionale affidi in concessione la realizzazione di un’opera
pubblica ad una società a totale partecipazione pubblica regionale, con il compito, per quest’ultima, di sostituirsi
all’Amministrazione concedente nello svolgimento dell’attività
organizzativa, direttiva ed esecutiva necessaria e di curare,
in nome e per conto proprio, la detta realizzazione
dell’opera, unico titolare delle obbligazioni nascenti dal
contratto di appalto stipulato, al detto fine, dalla concessionaria diviene la concessionaria medesima, stante la totale

e non il concedente, obbligato al pagamento delle obbligazioni

estraneità dell’Amministrazione concedente all’attività negoziale svolta dalla concessionaria appaltante (con conseguente
esclusione della configurabilità di una posizione di obbligato
solidale in capo alla prima), a nulla rilevando né il fatto
che la realizzazione dell’opera risponda ad un interesse esclusivo dell’Amministrazione concedente, né, ancora, la cir-

– 10 –

ani

costanza che, nei rapporti interni con la concessionaria,
l’Amministrazione abbia assunto su di sé l’onere economico
della costruzione dell’opera, o comunque l’impegno di apprestare i mezzi finanziari per farvi fronte (essendo l’una e

P.A. alla concessionaria nei rapporti di natura privata da
detto soggetto instaurati con i terzi).
3. – Il quarto motivo denuncia violazione dell’art. 37
cod. proc. civ. in punto di giurisdizione. Premette la ricorrente che l’affermazione, contenuta nella sentenza, secondo
cui “pacifica è la giurisprudenza di legittimità
nell’affermare come la giurisdizione sulla controversia avente
ad oggetto la responsabilità di un soggetto privato che abbia
agito come funzionario di fatto di un ente pubblico ovvero
che abbia commesso mancanze nei confronti della pubblica amministrazione sono devoluti alla giurisdizione della Corte dei
conti”, appare verosimilmente del tutto incidentale e priva di
effettiva portata decisoria. Diversamente ritenendo, la statuizione sarebbe erronea perché, non avendo la Regione Marche,
in sede di appello, sollevato questioni di sorta o tantomeno
svolto appello incidentale avanti alla Corte d’appello di Ancona, era precluso alla Corte territoriale il rilievo officioso dell’ipotetico difetto di giurisdizione dell’AGO.
3.1. – Il motivo è inammissibile, perché investe un mero
abiter dictum, ossia un inciso di portata meramente parenteti-

l’altra circostanza inidonee a provocare la sostituzione della

ca e privo di diretta incidenza sul percorso motivazionale che
sorregge il merito della decisione.

4. – Con il quinto motivo la ricorrente denuncia la violazione dell’art. 2615, secondo comma, cod. civ. La ricorrente

creditore, prevede la concorrente e solidale responsabilità
della parte non stipulante là dove l’obbligazione sia stata
assunta dal consorzio (anche) per conto (nell’interesse) del
consorziato.
Il sesto motivo lamenta insufficiente motivazione in punto
di erroneo disconoscimento della concorrente responsabilità ex
art. 2615, secondo comma, cod. civ. della Regione Marche.
4.1. – Entrambi i motivi sono infondati.
E’ inapplicabile la disciplina dettata dal secondo comma
dell’art. 2615, secondo comma, cod. civ., prevedente la responsabilità concorrente dei singoli consorziati per le obbligazioni assunte in nome del consorzio, ma per conto e
nell’interesse dei singoli consorziati.
Si è infatti qui di fronte ad una società consortile costituita secondo il tipo della società per azioni, nella quale
un soggetto pubblico (la Regione Marche) ha assunto una partecipazione al relativo capitale sociale secondo le norme del
codice civile, concedendo a quest’ultima finanziamenti a titolo di contributo per la realizzazione del centro merci intermodale regionale. In tale società consortile, il regime della

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invoca l’applicazione di questa norma, la quale, a tutela del

responsabilità patrimoniale dei soci resta affidato alle norme
che disciplinano il tipo di società di capitali scelto, e
quindi a quella recata dall’art. 2325 cod. civ., in virtù del
quale nella società per azioni per le obbligazioni sociali ri-

5. – Con il settimo mezzo (violazione e falsa applicazione
degli artt. 1, 2, 3, 4 e 5 della legge della Regione Marche 23
giugno 1986, n. 15, degli artt. 1, 2 e 3 della legge della Regione Marche 29 luglio 1988, n. 32, dell’art. 20 della

legge

della Regione Marche 18 maggio 1987, n. 24, dell’art. 23 della
legge della Regione Marche 4 giugno 1988, n. 17, della

legge

della Regione Marche 2 agosto 1989, n. 21, della legge della
Regione Marche 26 aprile 1990, n. 27, della legge della Regione Marche 30 maggio 1991, n. 13) si lamenta che siano stati
erroneamente esclusi obblighi di controllo gravanti in veste
di delegante sulla Regione Marche nei confronti della società
consortile CE.M.I.M. in veste di delegata nonché l’erroneo disconoscimento degli obblighi di vigilanza gravanti sulla Regione Marche nei confronti della predetta società consortile.
La ricorrente invoca l’applicazione del principio secondo cui
alla responsabilità diretta dell’ente delegato si associa la
responsabilità concorrente e solidale della P.A. delegante nel
caso in cui essa sia rimasta sostanzialmente inerte, senza esercitare adeguati controlli sull’attività del delegato o del
concessionario, atteso che tale comportamento omissivo è suf-

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sponde soltanto la società con il suo patrimonio.

ficiente ad integrare una corresponsabilità della P.A. a mente
dei principi generali in tema di illecito e di compartecipazione nella causalità dell’evento.
L’ottavo mezzo denuncia insufficiente motivazione, avuto

in punto di erroneo disconoscimento degli obblighi di controllo e di vigilanza gravanti sulla Regione Marche nei confronti
della società consortile CE.M.I.M.
Il nono motivo denuncia violazione e falsa applicazione
degli artt. 2043 e 2049 cod. civ. in ordine all’attività di
controllo e di vigilanza della Regione Marche nei confronti
della CE.M.I.M. Richiamato il principio secondo cui l’attività
della P.A. deve svolgersi nei limiti posti non solo dalla legge, ma anche della norma primaria del nemlnem laedere,

la ri-

corrente deduce che la Corte d’appello avrebbe dovuto accertare la sussistenza dell’evento dannoso, rappresentato dalla
mancata estinzione di obbligazioni pecuniarie, qualificare
l’accertato danno come danno ingiusto, avuto riguardo anche
all’obbligo di controllo-vigilanza della Regione Marche; accertare la riferibilità dell’evento dannoso alla condotta omissiva della P.A.; stabilire l’imputabilità dell’evento dannoso a dolo o colpa della P.A. Avrebbe inoltre errato la Corte
d’appello ad escludere la riferibilità alla P.A. (Regione Marche) dell’illecito operato dai suoi dipendenti, consistente

– 14 –

riguardo all’omessa valutazione di leggi della Regione Marche,

nella distrazione dei finanziamenti dalla loro specifica destinazione.
Il decimo motivo denuncia insufficiente motivazione in
punto di erroneo disconoscimento dell’applicabilità degli

lo e di vigilanza della Regione Marche nei confronti della
CE.M.I.M.
L’undicesimo motivo lamenta omessa motivazione in punto di
erronea mancata ammissione delle richieste istruttorie
deltappellante per l’asserito loro carattere esplorativo.
5.1. – I motivi

da esaminare congiuntamente, stante la

stretta connessione – sono infondati.
Si è già visto che la legislazione regionale demanda alla
società consortile Centro merci intermodale delle Marche la
progettazione, la realizzazione e la gestione del centro, da
realizzare nel Comune di Jesi.
Tale ente di diritto privato è perfettamente autonomo, sia
come struttura che nella formazione della volontà, dai propri
soci, e quindi rispetto alla Regione Marche partecipante.
E’ la società che nei confronti dei terzi risponde direttamente dei danni cagionati nella realizzazione dell’opera di
pubblica utilità o a seguito dell’inadempimento dei contratti
stipulati, derivino gli stessi danni da attività legittima ovvero

(ed a maggior ragione, atteso anche il carattere persona-

le della relativa responsabilità) da illecito aquiliano.

– 15 –

artt. 2043 e 2049 cod. civ. in ordine all’attività di control-

Correttamente la Corte d’appello ha escluso che dei danni
cagionati a terzi, ed eventualmente derivanti dalla

mala ge-

stio degli organi sociali o comunque da atti illeciti imputabili o a tali organi o a dipendenti, possa essere chiamato a

ha essa stessa risentito del danno inferto al patrimonio della
società partecipata, avendo esso inciso sul valore o sulla
redditività della partecipazione sociale; sia perché la vigilanza della Regione – anche per il tramite della nomina di alcuni componenti del consiglio di amministrazione e del collegio sindacale – non attiene, nello specifico, ai rapporti della stessa società con i terzi e alle responsabilità che ne derivano, non essendo posta a presidio degli interessi di coloro
che con la società hanno contrattato.
Quanto poi alla responsabilità della Regione ai sensi
dell’art. 2049 cod. civ. per l’attività dei suoi dipendenti,
la Corte d’appello l’ha esclusa sul rilievo che la Regione si
è costituita parte civile nel procedimento penale nei confronti di tali dipendenti, e richiamando il principio in forza del
quale gli atti e comportamenti di un pubblico dipendente non
sono riferibili all’amministrazione, se dettati da fini assolutamente estranei ad essa e non legati da un nesso di necessaria occasionalità con le funzioni del dipendente stesso. La
censura che il ricorso muove alla decisione impugnata è, sul
punto, assolutamente generica.

– 16 –

rispondere l’ente pubblico partecipante: sia perché la Regione

t

6. – Il ricorso è rigettato.
Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
condanna la ricorrente al

rimborso delle spese processuali sostenute dalla Regione controricorrente, che liquida in complessivi euro 10.200, di cui
euro 10.000 per compensi, oltre a spese generali e ad accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione civile della Corte suprema di Cassazione, il 25

La Corte rigetta il ricorso e

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