Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3196 del 12/02/2014


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 3196 Anno 2014
Presidente: GOLDONI UMBERTO
Relatore: PROTO CESARE ANTONIO

ORDINANZA
sul ricorso 3820-2012 proposto da:
GERACI ANTONIO GRCNTN71M29A145X, MELONI
NEVIANA MLNNVN74R67D969G, elettivamente domiciliati in
ROMA, VIA ROMEO ROMEI 15, presso lo studio degli avvocati
PESATURO ATTILIO e PESATURO LUDOVICA, che li
rappresentano e difendono, giusta procura speciale in calce al ricorso;
– ricorrenti contro
ORLANDI ARNALDO, elettivamente domiciliato in RONIA, presso
la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato
GAVINO FEDERICO, giusta mandato in calce al controricorso;
– controricorrente nonchè contro
CAPIZZI LIBORIO;

9802-

Data pubblicazione: 12/02/2014

- intimato avverso la sentenza n. 1191/2011 della CORTE D’APPELLO di
GENOVA del 23.11.2011, depositata 11 29/11/2011;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

PROTO.
E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. AURELIO
GOLIA.
Ritenuto che ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. il relatore nominato per
l’esame del ricorso ha depositato la seguente relazione

“Osserva in fatto
Con citazione del 18/10/1999 Orlandi Arnaldo citava in giudizio
Capizzi Liborio e Meloni Neviana e Geraci Antonio e, premesso che il
primo in data 6/9/1999 aveva venduto agli altri due un appartamento
con box al prezzo di lire 280.000.00, proponeva revocatoria ordinaria,
ex art. 2901 c.c., dell’atto di vendita.
L’attore assumeva che l’atto era preordinato a sottrarre il bene dalla
garanzia del proprio credito accertato con sentenza del Tribunale di
Savona in data 19/4/1999 che aveva condannato il Capizzi, in solido
con altri, al pagamento della somma di lire 1.579.123.500 a titolo di
risarcimento danni; il bene era stato venduto dopo la notifica di
precetto e dopo il pignoramento che aveva dato esito assai modesto e
che costituiva l’unico cespite immobiliare del Capizzi; assumeva
inoltre che elementi indiziari rivelavano univocamente la
consapevolezza degli acquirenti del pregiudizio che l’atto arrecava alle
ragioni del creditore.
Il debitore nonché i terzi acquirenti resistevano in giudizio.

Ric. 2012 n. 03820 sez. M2 – ud. 10-12-2013
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10/12/2013 dal Consigliere Relatore Dott. CESARE ANTONIO

Il Tribunale di Savona rigettava la domanda ritenendo non provata la
consapevolezza degli acquirenti del pregiudizio che l’atto arrecava alla
ragioni del creditore.
La sentenza, su appello del Capizzi, era riformata dalla Corte di
Appello di Genova con sentenza del 29/11/2011 che dichiarava

La Corte di Appello rilevava che la “partecipatio fraudis” degli acquirenti,
doveva ritenersi provata dai seguenti elementi indiziari:
– il preliminare era stato stipulato il 25/5/1999, in prossimità
temporale rispetto alla sentenza di condanna ragionevolmente
prevedibile;
– le somme corrisposte dai promissari acquirenti all’atto della stipula
del preliminare erano destinate all’estinzione di un mutuo e alla
cancellazione dell’ipoteca gravante sull’immobile;
– non era stabilito un termine per la conclusione del definitivo e,
verosimilmente, la mancata previsione del termine era attribuibile
all’intento di attendere la sentenza che doveva decidere sulla domanda
di condanna;
– a distanza di pochi giorni dalla sentenza e dal precetto il Capizzi
vendeva l’immobile;
– nel rogito il venditore dichiarava che il prezzo era già stato pagato, e
ne rilasciava quietanza; la dichiarazione era sicuramente falsa perchè gli
stessi acquirenti avevano poi affermato di avere richiesto un mutuo ad
una banca per il pagamento del prezzo e di avere richiesto alla banca di
sospendere l’erogazione del mutuo dopo la notifica della citazione con
la quale era stata proposta la revocatoria ordinaria, quando ormai
erano decorsi oltre tre mesi dalla vendita;
– la notizia della liquidazione dell’ingentissimo risarcimento era stata
data dal quotidiano il Secolo XIX e, quindi, aveva avuto facile
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l’inefficacia dell’atto di vendita.

diffusione in un ambito locale ristretto come quello del Comune di
Albenga dove risiedeva il Geraci.
Meloni e Geraci propongono ricorso per cassazione affidato a tre
motivi.
Resiste con controricorso l’Orlandi.

Osserva in diritto
1. Con il primo motivo di ricorso il ricorrenti deducono la violazione
degli artt. 1362 e 1367 c.c. e sostengono che la Corte di Appello
avrebbe interpretato l’art. 6 del contratto nel senso di non conferirgli
alcun effetto; l’art. 6, al contrario, prevedeva la stipula dell’atto
definitivo al momento del saldo del prezzo e l’art. 1 del contratto
fissava al 31 Ottobre 1999 il termine ultimo per il pagamento del
prezzo.
1.1 Il motivo, quanto alla dedotta violazione delle regole di
ermeneutica contrattuale, è inammissibile in quanto non è in
contestazione il contratto perché la domanda di inefficacia nei
confronti del terzo ai sensi dell’art. 2901 c.c. non riguarda la validità
del contratto tra le parti e non implica la necessità di interpretare il
contratto per renderlo conforme alla loro volontà contrattuale,
pacificamente diretta alla vendita.
L’ interpretazione del contratto, dunque, non attiene al thema dedidendi e
la Corte di Appello non ha svolto attività interpretativa, ma, nella
circostanza che nel preliminare non era stabilito un termine per la
stipulazione del contratto definitivo, ha ravvisato un elemento
indiziario che, insieme, ad altri integrava il quadro indiziario della

partecipati° fraudis degli acquirenti.

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E’ rimasto intimato il Capizzi.

In ordine al preteso errore, inoltre, il motivo è carente per genericità in
quanto non è né allegato al ricorso il testo contrattuale, né ne è
riportato il contenuto.
L’eventuale errore della Corte avrebbe dovuto, semmai, formare

volesse ritenere una implicita deduzione di tale vizio, la circostanza
non solo sarebbe totalmente irrilevante in considerazione degli
ulteriori e plurimi elementi indiziari evidenziati dalla Corte di Appello,
ma addirittura controproducente per la tesi dei ricorrenti.
Infatti, anche a volere ritenere che il termine per la stipulazione del
contratto fosse effettivamente fissato al 31 Ottobre 1999 proprio
l’anticipazione del definitivo rispetto alla data di stipulazione del
definitivo (la stipulazione del contratto incontestatamente è avvenuta il
6/9/1999 e, quindi, dopo la notifica del precetto al venditore sull’anteriorità del precetto rispetto alla vendita v. pag. 3 della sentenza
di appello dove si valorizza il brevissimo tempo intercorrente tra il
precetto di pagamento e la vendita) aggraverebbe il quadro indiziario.

è avvenuto
Infine, tenuto conto che si è accertato che il
senza il pagamento del prezzo, anche sotto il profilo
dell’interpretazione del contratto, deve ritenersi che la clausola di
contestualità tra trasferimento e pagamento del prezzo sia stata di
comune accordo resa inefficace, con ciò dovendosi confermare,
seppure con diversa motivazione, la valutazione della Corte di
Appello.
2. Con il secondo motivo il ricorrenti deducono la violazione e falsa
applicazione dell’art. 115 comma secondo c.p.c. e sostengono:
– che la notizia della condanna all’ingentissimo risarcimento liquidato
all’Orlandi, pubblicata in data 21/8/1999 sul Secolo XIX non poteva
essere considerata “fatto notorio locale”;
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A\

oggetto di impugnazione per vizio di motivazione, ma, anche se si

- che la Corte di Appello avrebbe individuato il fatto notorio secondo
criteri contrastanti con quelli elaborati dalla giurisprudenza di questo
Corte di legittimità, secondo i quali il fatto notorio è solo il fatto
acquisito con grado di certezza tale da apparire indubitabile e
incontestabile;
che questi caratteri non potevano essere individuati nella

pubblicazione di un breve articolo nella pagina locale di un singolo
quotidiano;
– che la pubblicazione era avvenuta nel mese di Agosto quando molte
persone possono trovarsi in vacanza all’estero o in zone dell’Italia nelle
quali l’edizione savonese non è distribuita;
– che nella notizia giornalistica il nome dell’Orlandi era riportato in
modo erroneo e così anche il nome della ditta della quale era socio il
Capizzi.
2.1 Il motivo è manifestamente infondato perché in nessuna parte
della motivazione la Corte di Appello ha fatto riferimento al fatto
notorio, ma ha valutato la notizia giornalistica solo come elemento
indiziario che confermava la consapevolezza, da parte degli acquirenti,
del pregiudizio che arrecavano alle ragioni del creditore, desunta dai
plurimi indizi già evidenziati nella motivazione (ossia il trasferimento
avvenuto senza pagamento del prezzo, la data di stipula del contratto,
avvenuta solo pochi giorni dopo la notifica del precetto).
Le contestazioni sulla valenza indiziaria della pubblicazione
giornalistica locale sono inammissibili in quanto attengono al merito
della valutazione e non risultano sollevate nel giudizio di Appello;
sotto altro profilo sono del tutto irrilevanti: non rileva la circostanza
della (semplicemente asserita) indicazione della denominazione della
ditta o del nome del soggetto a favore del quale era pronunciata la
condanna, perché rileva unicamente la (non contestata) esatta
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indicazione del nome del debitore, coincidente con la persona del
venditore e non rileva il periodo feriale nel quale è apparsa la notizia
perché i ricorrenti non deducono di essersi trovati in luoghi diversi
dall’ambito locale nel quale era pubblicata la notizia.
3. Con il terzo motivo i ricorrenti deducono il vizio di motivazione e

dichiarazione di avvenuto pagamento del prezzo e l’affermazione della
Corte di Appello secondo la quale essi avrebbero sospeso il
pagamento d’accordo con il venditore in attesa di conoscere l’esito
della causa perché, all’atto del rogito la causa era già decisa conclusa e
l’azione revocatoria non era pendente.
3.1 II motivo, nel quale si deduce il vizio di motivazione è infondato in
quanto non attinge la ratio decidendi secondo la quale deve essere
valorizzata, ai fini della prova indiziaria, l’anomalia del comportamento
delle parti ravvisata nell’immediata immissione in possesso degli
acquirenti malgrado il mancato pagamento del prezzo; la Corte
territoriale ha infatti posto in evidenza che “In ogni caso, al 20/12/1999
(data della comunicazione con la quale gli acquirenti comunicavano
alla Banca di sospendere l’erogazione del mutuo) erano trascorsi oltre tre

mesi dalla data della vendita, ma il venditore, pur avendo trasferito il possesso
dell’immobile agli acquirenti, non aveva ancora ricevuto il saldo preuo di lire
245.000.000…”; pertanto il pagamento del prezzo era effettivamente
sospeso (rispetto alla previsione contrattuale di contestualità tra
pagamento e trasferimento), mentre sarebbe stato normale che il
prezzo fosse pagato contestualmente al trasferimento.
La motivazione neppure sotto l’evidenziato profilo, è carente, ma,
anzi, viene evidenziato un ulteriore elemento indiziario di grande
rilevanza.

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sostengono che non vi sarebbe una logica relazione tra la falsa

4. In conclusione, il ricorso può essere trattato in camera di consiglio,
in applicazione degli artt. 376, 380 bis e 375 c.p.c., per essere
dichiarato manifestamente infondato”.

***
Considerato che il ricorso è stato fissato per l’esame in camera di

alla parte costituita che non ha replicato e non è comparsa;
Considerato che il collegio ha condiviso e fatto proprie le
argomentazioni e la proposta del relatore,
Che le spese di questo giudizio di Cassazione, liquidate come in
dispositivo, seguono la soccombenza dei ricorrenti Meloni Neviana e
Geraci Antonio; non v’è luogo a pronunciare sulle spese tra i ricorrenti
e l’intimato Capizzi Liborio tenuto conto che quest’ultimo non ha
svolto difese.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna Meloni Neviana e Geraci
Antonio a pagare a Orlandi Arnaldo le spese di questo giudizio di
cassazione che liquida in euro 3.500,00 per compensi oltre euro 200,00
per esborsi.
Così deciso in Roma, il 10/12/2013.

consiglio e che sono state effettuate le comunicazioni sia al P.G. sia

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