Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 31957 del 11/12/2018

Cassazione civile sez. III, 11/12/2018, (ud. 27/09/2018, dep. 11/12/2018), n.31957

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

Dott. GUIZZI Stefano Giaime – Consigliere –

Dott. GORGONI Marilena – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 4594/2017 R.G. proposto da:

COMUNE DI (OMISSIS), in persona del Sindaco pro tempore,

rappresentato e difeso dall’Avv. Giuseppe Innocenti, con domicilio

eletto in Siracusa, presso lo studio di quest’ultimo;

– ricorrente –

contro

T.G.;

– intimato –

e contro

PROVINCIA REGIONALE DI SIRACUSA, oggi LIBERO CONSORZIO COMUNALE DI

SIRACUSA;

– intimata –

avverso la sentenza n 1400/2016 dei Tribunale di Siracusa, depositata

il 29 giugno 2016.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 27 settembre

2018 dal Consigliere Marilena Gorgoni.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Il Comune di (OMISSIS) propone ricorso per cassazione avverso la sentenza del Tribunale di Siracusa n. 1400/2016, depositata il 29 giugno 2016, fondato su un solo motivo, illustrato da memoria.

Nessuna attività difensiva è svolta da T.G. e dalla Provincia di Siracusa.

A seguito dell’impatto dell’auto guidata da T.G. con un cane randagio, parte di un branco, sulla strada provinciale 95, a circa 4 km dal centro abitato di (OMISSIS), T.G. riportava danni fisici ed all’auto, dei quali chiedeva il risarcimento alla Provincia Regionale di Siracusa, convenuta in giudizio dinanzi al Giudice di Pace di Siracusa. Avendo la Provincia eccepito il proprio difetto di legittimazione passiva, l’attore veniva autorizzato a chiamare in causa il Comune di (OMISSIS). Il Giudice di Pace rigettava la domanda attorea, ritenendo che sulla Provincia Regionale di Siracusa non gravasse l’obbligo di recintare le proprie strade e che il Comune di (OMISSIS), ai sensi dell’art. 2043 c.c., dovesse considerarsi esente da responsabilità avendo provato di avere assolto l’obbligo di vigilanza sui cani randagi.

L’attore proponeva appello dinanzi al Tribunale di Siracusa, il quale, con la sentenza qui impugnata, riteneva ricorrente la responsabilità del Comune, non avendo esso provato in maniera adeguata di avere adempiuto l’obbligo di repressione e prevenzione del randagismo, e lo condannava a risarcire i danni subiti da T.G. oltre alla refusione delle spese processuali.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con un unico motivo, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, l’Amministrazione ricorrente lamenta la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2051 e 2043 c.c., nonchè della L.R. Sicilia n. 15 del 2000, artt. 11 e 14.

1.1. Il Comune deduce che:

– sulla scorta del combinato disposto della L.R. Sicilia n. 15 del 2000, artt. 11 e 14, sui Comuni e sulle Province è posto l’obbligo non di reprimere il randagismo, come affermato nella sentenza impugnata, ma di tutelare gli animali randagi e di prevenire il randagismo, attraverso l’istituzione dell’anagrafe canina;

– non vi è un obbligo che imponga al Comune la repressione del randagismo nè il conseguente controllo capillare dell’intero territorio comunale;

– la norma applicabile alla fattispecie concreta, l’art. 2043 c.c., imponeva al danneggiato l’onere di provare la colpa del comune asseritamente danneggiante;

– il Comune aveva provato di aver assolto gli obblighi imposti dalla legislazione regionale in materia di randagismo;

– il comportamento tenuto dal Comune non era stato contra ius.

2. Il motivo è fondato.

2.1. La giurisprudenza di questa Corte in fattispecie analoghe ha preteso che il danneggiante si facesse carico dell’onere di individuare non in astratto, bensì in concreto, il comportamento colposo ascritto all’amministrazione comunale. Non basta, infatti, che la normativa regionale individui nel Comune il soggetto (o meglio: uno dei soggetti) avente(i) il compito di controllo e di gestione del fenomeno del randagismo e neanche quello più specifico di provvedere alla cattura ed alla custodia degli animali randagi (tra le più recenti cfr. Cass. 28/06/2018, n. 17060; Cass. 14/05/2018, n. 11591; Cass. 31/07/2017, n. 18954), occorrendo che chi si assume danneggiato, in base alle regole generali, alleghi e dimostri il contenuto della condotta obbligatoria esigibile dall’ente e la riconducibilità dell’evento dannoso al mancato adempimento di tale condotta obbligatoria, in base ai principi sulla causalità omissiva.

2.2. L’applicazione dell’art. 2043 c.c., in luogo di quella di cui all’art. 2052 c.c., quest’ultimo ritenuto invocabile nelle ipotesi in cui ricorre non tanto la proprietà (tant’è che in essa incorre anche il semplice utente) quanto il potere/dovere di custodia, ossia la concreta possibilità di vigilanza e controllo del comportamento degli animali (Cass. 25/11/2005, n. 24895), impone, infatti, che la responsabilità dell’ente si affermi solo previa individuazione del concreto comportamento colposo ad esso ascrivibile e cioè che gli siano imputabili condotte, a seconda dei casi, genericamente o specificamente colpose che abbiano reso possibile il verificarsi dell’evento dannoso.

2.3. Entro questo perimetro va verificato il tipo di comportamento esigibile volta per volta e in concreto dall’ente preposto dalla legge al controllo e alla gestione del fenomeno del randagismo, sì da dedurne la eventuale responsabilità sulla base dello scarto tra la condotta concreta e la condotta esigibile, quest’ultima individuata secondo i criteri della prevedibilità e della evitabilità e della mancata adozione di tutte le precauzioni idonee a mantenere entro l’alea normale il rischio connaturato al fenomeno del randagismo.

2.4. Premessa la prevedibilità dell’attraversamento della strada da parte di un animale randagio, essendo esso un evento puramente naturale, la esistenza di un obbligo in capo all’ente comunale di impedirne il verificarsi avrebbe dovuto essere valutata secondo criteri di ragionevole esigibilità, tenendo conto che per imputare a titolo di colpa un evento dannoso non basta che esso sia prevedibile, ma occorre anche che esso sia evitabile in quel determinato momento ed in quella particolare situazione con uno sforzo proporzionato alle capacità dell’agente. Ebbene, pur considerando che nel caso di specie veniva chiesto alla P.A. di esercitare un controllo sugli animali randagi e, quindi, pur potendosi in astratto imputare alla stessa una colpa per l’evento dannoso occorso, quel che il giudice di merito non ha accertato – e dovrà accertare in sede di rinvio – è se, tenuto conto di tutte le circostanze del caso concreto, come allegate e provate dall’attore in responsabilità, esso fosse anche evitabile con uno sforzo ragionevole, essendo incontestato che l’impatto tra l’auto della vittima ed il cane avvenne assai fuori dal centro abitato.

2.5. Non basta, invero, che un evento sia prevedibile per imputarne il verificarsi a titolo di colpa a chi, come nel caso di specie, ha un obbligo di controllo, occorrendo anche che esso sia evitabile, in considerazione delle circostanze soggettive e oggettive del caso concreto. Ne deriva che è onere di colui che agisca facendo valere la responsabilità omissiva altrui quello di dimostrare o almeno di allegare la ricorrenza di una colpa non solo specifica – violazione del precetto – ma anche generica, in quanto postulante l’indagine circa le modalità concrete della condotta attraverso i criteri di prevedibilità ed evitabilità. Non a caso, in concreto, questa Corte ha ritenuto che per affermare la responsabilità dell’ente preposto sia necessaria la prova della esigibilità di uno specifico comportamento attivo idoneo, ove opportunamente adottato, ad evitare l’evento. Si è detto, esemplificando che il danneggiato avrebbe dovuto provare che era stata segnalata al comune la presenza abituale di animali randagi nel luogo dell’incidente, lontano dalle vie cittadine, ma rientrante nel territorio di competenza dell’ente preposto, ovvero che vi fossero state nella zona richieste d’intervento dei servizi di cattura e di ricovero, demandati alla ASL e al Comune, rimaste inevase.

2.5. E tanto nell’ottica che, se bastasse, per invocarne la responsabilità, l’individuazione dell’ente preposto alla cattura dei randagi ed alta custodia degli stessi, la fattispecie cesserebbe di essere regolata dall’art. 2043 c.c., e finirebbe per essere del tutto disancorata dalla colpa, rendendo la responsabilità dell’ente una responsabilità sottoposta a principi analoghi se non addirittura più rigorosi di quelli previsti per le ipotesi di responsabilità oggettiva da custodia di cui agli artt. 2051,2052 e 2053 c.c..

3. Ne consegue l’accoglimento del ricorso.

4. La sentenza viene cassata con rinvio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso e rinvia la controversia al Tribunale di Siracusa in persona di altro giudice, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Terza Civile della Corte di Cassazione, il 27 settembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 11 dicembre 2018

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