Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 31955 del 06/12/2019

Cassazione civile sez. lav., 06/12/2019, (ud. 23/10/2019, dep. 06/12/2019), n.31955

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 19098/2014 proposto da:

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, C.F.

(OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA n. 29 presso

l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli

avvocati SERGIO PREDEN, LUIGI CALIULO e ANTONELLA PATTERI;

– ricorrente –

contro

G.M., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PIEMONTE 39,

presso lo studio dell’avvocato ALESSANDRA GIOVANNETTI, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato ADOLFO BIOLE’;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 349/2013 della CORTE D’APPELLO di GENOVA,

depositata il 15/07/2013, R.G.N. 878/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

23/10/2019 dal Consigliere Dott. LUIGI CAVALLARO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MASTROBERARDINO Paola, che ha concluso per l’accoglimento del

ricorso;

udito l’Avvocato ALESSANDRA GIOVANNETTI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con sentenza depositata il 15.7.2013, la Corte d’appello di Genova, in parziale riforma della pronuncia di primo grado, ha dichiarato ripetibili le somme erogate dall’INPS a G.M. a titolo di pensione di reversibilità nel periodo 1.1.1997-26.11.1998, confermando la sentenza impugnata nella parte in cui aveva escluso la ripetibilità dell’indebito maturato nel periodo successivo, fino al 31.12.2001.

La Corte, in particolare, ha ritenuto che – contrariamente a quanto sostenuto dall’INPS nell’atto di appello l’applicabilità alla fattispecie delle disposizioni di cui alla L. n. 88 del 1989, art. 52 e L. n. 412 del 1991, art. 13, fosse ormai irretrattabile in ragione del giudicato derivante da altra sentenza resa inter partes dal Tribunale di Genova, che aveva reputato irripetibile, in ragione delle disposizioni citate, l’indebito formatosi sulla stessa pensione nel periodo 1.1.2002-31.10.2004.

Avverso tale pronuncia ha ricorso per cassazione l’INPS, deducendo un unico motivo di censura. G.M. ha resistito con controricorso, illustrato con memoria,

eccependo preliminarmente l’inammissibilità

dell’impugnazione anche per intervenuta acquiescenza.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con l’unico motivo di censura, l’Istituto ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione della L. n. 448 del 2001, art. 38, commi 7 e segg., L. n. 88 del 1989, art. 52 e L. n. 412 del 1991, art. 13, per avere la Corte territoriale ritenuto irripetibili le somme percepite dall’odierna controricorrente nel periodo compreso tra il 27.11.1998 e il 31.12.2000 sul presupposto che la disciplina dell’indebito dovesse avere pro tempore riguardo non soltanto alla L. n. 448 del 2001, art. 38, ma altresì alla L. n. 88 del 1989, art. 52 e L. n. 412 del 1991, art. 13, contrariamente a quanto affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte con sentenza n. 4809 del 2005.

Il motivo è inammissibile.

Come si evince dalla lettura della sentenza impugnata, la Corte territoriale ha ritenuto che l’applicabilità in specie delle disposizioni anzidette discendesse da un precedente giudicato inter partes, costituito in particolare dalla sentenza del Tribunale di Genova n. 220/2008, con la quale era stato ritenuta l’irripetibilità dell’indebito formatosi sulla stessa pensione nel periodo 1.1.2002-31.10.2004: ad avviso dei giudici di merito, infatti, trattandosi di accertamento concernente un punto di diritto comune ad entrambe le cause e costituente premessa logica della statuizione passata in giudicato, esso non poteva più essere rimesso in discussione nel presente giudizio (cfr. pag. 6 della sentenza impugnata, ove il richiamo a Cass. nn. 11365 del 2006 e 4241 del 2013). E non avendo l’Istituto ricorrente in alcun modo censurato codesta motivazione, che costituisce l’autentica ratio decidendi della sentenza impugnata ai fini che qui interessano, non può che darsi continuità al principio di diritto secondo cui la proposizione con il ricorso per cassazione di censure prive di specifica attinenza al decisum della sentenza impugnata comporta l’inammissibilità del motivo di ricorso, non potendo quest’ultimo essere configurato quale impugnazione rispettosa del canone di cui all’art. 366 c.p.c., n. 4 (Cass. n. 17125 del 2007; nello stesso senso, più recentemente, Cass. nn. 11637 del 2016 e 24765 del 2017).

Il ricorso, pertanto, va dichiarato inammissibile. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo. Tenuto conto della declaratoria d’inammissibilità del ricorso, sussistono inoltre i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, previsto per il ricorso.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano in Euro 5.200,00, di cui Euro 5.000,00 per compensi, oltre spese generali in misura pari al 15% e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 23 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 6 dicembre 2019

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