Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 31954 del 11/12/2018

Cassazione civile sez. III, 11/12/2018, (ud. 17/07/2018, dep. 11/12/2018), n.31954

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. CIGNA Mario – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. GIANNITI Pasquale – rel. Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 27803-2016 proposto da:

P.C., MA.SA.CA., MA.CI.,

MA.RO., MA.MA., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA

GIUSEPPE DONATI, 32, presso lo studio dell’avvocato ROBERTO MARINO,

che li rappresenta e difende giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

V.V., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA SILVIO

PELLICO, 41, presso lo studio dell’avvocato MARIA TAMILIA, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato ANTONIO FERDINANDO DE

SIMONE giusta procura a margine del controricorso;

SOC. CATTOLICA DI ASSICURAZIONE COOP. A R.L., in persona del

procuratore della società dott. B.A., elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA OSLAVIA 7, presso lo studio dell’avvocato

LORETTA INNAMORATI, che la rappresenta e difende giusta procura in

calce al controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 6077/2015 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 03/11/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

17/07/2018 dal Consigliere Dott. PASQUALE GIANNITI.

Fatto

RILEVATO

CHE:

1.La Corte di Appello di Roma con sentenza n. 6077/2015 – in accoglimento dell’appello principale proposto da Società Cattolica di Assicurazione Coop. a.r.l. nei confronti di V.V., MA.Ci., P.C., MA.Ma., MA.Ro. e MA.Sa.Ca., quali eredi del minore deceduto MA.St.; nonchè in accoglimento dell’appello incidentale proposto dal V. nei confronti della compagnia assicuratrice e degli eredi MA. e in rigetto dell’appello proposto dagli eredi MA. – ha riformato la sentenza n. 23766/2008 del Tribunale di Roma, e, per l’effetto, ha respinto la domanda risarcitoria proposta dagli eredi MA. nei confronti della Società Cattolica e di V.V..

Era accaduto che il (OMISSIS) il minore MA.St. viaggiava, quale trasportato, su di un ciclomotore, condotto dal minore M.P.. Il ciclomotore, mentre stava percorrendo (OMISSIS), era stato urtato da un’autovettura, condotta dal proprietario V.V., il quale, proveniente dall’opposto senso di marcia, aveva improvvisamente svoltato a sinistra per immettersi in Via (OMISSIS), senza indicatore direzionale e senza accorgersi della presenza del ciclomotore. A seguito dell’impatto, il minore trasportato era stato sbalzato dal ciclomotore ed era finito contro il marciapiede riportando gravissime lesioni, per le quali era stato immediatamente ricoverato e per le quali era poi deceduto il (OMISSIS).

I coniugi MA.Ci. e P.C., in proprio e quali esercenti la potestà genitoriale sui minori Ma., Ro. e Sa.Ca., in qualità ognuno di erede legittimo del minore MA.St., avevano convenuto in giudizio la Società Cattolica di Assicurazione Coop. a. r.l. e V.V. affinchè – previa declaratoria dell’esclusiva responsabilità di quest’ultimo per il sinistro avvenuto il (OMISSIS) alle ore 22,30 sulla (OMISSIS) – lo stesso fosse condannato, in solido con la propria compagnia di assicurazione, al risarcimento dei danni subiti in conseguenza della morte del minore, MA.St..

Si erano costituiti in giudizio V.V. e la Società Cattolica di Assicurazione Coop. a.r.l. contestando la dinamica dell’incidente ed in particolare affermando che il ciclomotore stava procedendo ad alta velocità, era sprovvisto di illuminazione anteriore, posteriore e direzionale, non era dotato di un sistema frenante idoneo ed i due ragazzi non indossavano il casco di protezione.

Il Tribunale di Roma con sentenza n. 23766/2008, argomentando sulla base delle risultanze contenute nella perizia espletata in sede di incidente probatorio davanti al giudice penale e sulla base degli ulteriori elementi di giudizio acquisiti nel giudizio civile, aveva dichiarato il V. ed il M. responsabili del sinistro, qualificabile come reato ai sensi dell’art. 589 c.p., rispettivamente nella misura del 25h e del 75%; aveva altresì rilevato il concorso di colpa del danneggiato sulle conseguenze letali del sinistro, quantificandolo nella misura del 25%; aveva ritenuto non provato il danno patrimoniale lamentato dagli attori, mentre aveva riconosciuto il risarcimento del danno morale.

La sentenza del giudice di primo grado era stata impugnata dalla compagnia assicuratrice e dal V., i cui appelli sono stati accolti dalla Corte territoriale che con la impugnata sentenza ha ritenuto non provata la condotta colposa del V. (per non aver rispettato il diritto di precedenza); ha ritenuto che nel caso di specie non opera la presunzione, prevista dall’art. 2054, comma 2, risultando dagli atti processuali “plurimi elementi idonei ad accertare l’effettivo e concreto svolgimento del sinistro” ed in particolare la regolarità della condotta di guida del V. e l’esclusiva responsabilità del M., conducente del ciclomotore, nella verificazione del sinistro (neppure evocato in giudizio).

2. Avverso la sentenza della Corte territoriale propongono ricorso gli eredi MA..

Resistono con distinti controricorsi la compagni assicuratrice ed il V..

Diritto

RITENUTO

CHE:

1. Il ricorso è affidato a due motivi.

Precisamente, i ricorrenti eredi MA.:

-con il primo motivo di ricorso, denunciano, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione dell’art. 2054 c.c., comma 2, e degli artt. 140,141,145 e 154C.d.S., in relazione al principio di massima prudenza ed al mancato accertamento in concreto della condotta di guida ai fini della esclusione della presunzione di responsabilità prevista dalla citata norma del codice civile. Deducono che, in tema di responsabilità derivante da circolazione stradale, il Giudice che abbia accertato la colpa di uno dei conducenti non può, per ciò solo, ritenere superata la presunzione posta a carico anche dell’altro dall’art. 2054 c.c., comma 2, ma è tenuto ad accertare in concreto se questo ultimo abbia o meno tenuto una condotta di guida irreprensibile (e, dunque, se il conducente abbia usato la massima prudenza e fatto tutto il possibile per evitare il danno). Lamentano che nella specie la Corte territoriale ha omesso di accertare in concreto se il conducente V. abbia tenuto una condotta di guida regolare ed abbia fatto tutto il possibile in punto di prevedibilità ed evitabilità del sinistro stradale in esame.

-con il secondo motivo di ricorso, denunciano, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3, 4 e 5, violazione e falsa applicazione dell’art. 111 Cost., comma 6, art. 132 c.p.c., comma 1, n. 4; nonchè l’omesso esame di un fatto decisivo e controverso. Lamentano che la Corte territoriale, ha erroneamente ritenuta superata la presunzione di responsabilità di cui all’art. 2054 c.c., comma 2, negando ogni incidenza causale della condotta di guida del V. nella determinazione del sinistro; ha fornito una motivazione fondata su mere ipotesi, tanto da risultare del tutto apparente e/o mancante; ha escluso la presunzione di responsabilità, prevista dall’art. 2054 c.c., comma 2, senza esaminare la condotta di guida del conducente antagonista; ha ritenuto che il V., conducente dell’Opel Astra, non aveva potuto notare il sopraggiungere del ciclomotore (che precedeva di notte, ad altra velocità e senza dispositivi di illuminazione) a causa della sua differente posizione e dei suoi diversi incombenti rispetto a quelli dei testimoni.

2.1 motivi – che si trattano congiuntamente, in quanto entrambi relativi alla presunta corresponsabilità del V. nella causazione del sinistro – sono inammissibili.

Occorre premettere che, per consolidata giurisprudenza di questa Corte (peraltro correttamente richiamata nella sentenza impugnata), la presunzione di colpa, prevista dall’art. 2054 c.c., comma 2, costituisce criterio di distribuzione della responsabilità, che opera soltanto nel caso in cui non sia stato possibile accertare le modalità del sinistro ovvero non sia stato possibile stabilire con certezza l’incidenza delle singole condotte colpose nella causazione dell’evento.

Ipotesi questa che non ricorre nel caso di specie, nel quale, contrariamente a quanto dedotto dal ricorrente, la Corte territoriale è correttamente pervenuta al superamento della presunzione di responsabilità, prevista dall’art. 2054 c.c., dopo aver accertato l’effettivo e concreto svolgimento del sinistro, sulla base delle seguenti argomentazioni:

-il giudice di primo grado, sulla base delle dichiarazioni rese dai testi S. e Va. agli agenti della polizia municipale in sede di sommarie informazioni e dal teste S. anche in sede di giudizio, aveva ritenuto non superata la menzionata presunzione sul presupposto che il V., nell’impegnare l’incrocio, non aveva rispettato il diritto di precedenza;

-contrariamente a quanto ritenuto dal primo giudice, le dichiarazioni rese dai suddetti testi non davano contezza del fatto che il ciclomotore poteva essere avvisato in tempo utile per non effettuare la manovra di svolta ovvero per sgomberare per tempo l’incrocio; ciò in quanto il ciclomotore non era dotato di un sistema di illuminazione funzionante e, pertanto, i testi avevano potuto aver visto il ciclomotore sopraggiungere soltanto pochi istanti prima dell’impatto con la Opel, condotta dal V. (quando cioè l’evento era inevitabile);

-precisamente, dal materiale probatorio acquisito nel processo penale (e in particolare dalla ctu cinematica in quella sede effettuata) era risultato che il ciclomotore si trovava a 3 secondi e ad oltre 60 metri dal punto d’urto nel momento in cui il conducente della Opel aveva deciso di effettuare la manovra a sinistra, e, a 2 secondi e ad oltre 40 metri nel momento in cui lo stesso conducente aveva iniziato l’invasione dell’opposta carreggiata; i testimoni avevano potuto notare l’avanzare del ciclomotore soltanto quando il V. aveva già iniziato la manovra di svolta, ma non prima, proprio perchè il ciclomotore distava 60 metri e procedeva sprovvisto dei necessari dispositivi di illuminazione; d’altronde i testi avevano verosimilmente percepito la presenza del motoveicolo prima del conducente della Opel, perchè quest’ultimo, dovendo svoltare a sinistra, aveva rivolto la sua attenzione dapprima ai veicoli provenienti dall’opposto senso di marcia e poi a quelli provenienti dalla strada laterale in cui doveva immettersi; il conducente della Opel, al momento in cui ha iniziato la manovra di svolta a sinistra, non era in grado di notare la presenza del ciclomotore, che precedeva di notte, ad alta velocità e senza dispositivi di illuminazione;

– in definitiva, secondo la Corte di merito, la condotta di guida tenuta dal V. non poteva essere considerata colposa, in quanto era risultato che il V., giunto all’intersezione con la strada laterale nella quale voleva immettersi, aveva dapprima rallentato, quindi inserito l’indicatore direzionale ed infine effettuato la manovra a velocità moderata (tanto che la stessa si era poi arrestata dopo 2 o 3 metri); quindi, per il V., non era stato possibile notare il sopraggiungere del ciclomotore all’inizio della manovra di svolta;

– al contrario colpevole era stata la condotta del conducente del ciclomotore, che, se avesse rispettato la segnaletica presente sul tratto stradale oggetto del sinistro (anche in considerazione della ridotta capacità del sistema frenante), sarebbe stato in condizioni di rallentare in modo da evitare l’impatto; e che, quando si era trovato davanti all’ostacolo costituito dalla Opel, non aveva cercato di aggirarlo (passando alla sua destra ovvero alla sua sinistra) e neppure aveva cercato di arrestare il mezzo (essendo ormai troppo vicino), così impattando con la Opel;

– pertanto, nel caso di specie, sussistevano plurimi elementi idonei ad accertare l’effettivo e concreto svolgimento del sinistro.

A fronte della motivazione che precede, immune da vizi logici e giuridici, occorre ricordare che la valutazione delle prove, il controllo della loro attendibilità e concludenza, la scelta delle risultanze istruttorie ritenute idonee ad acclarare i fatti (privilegiando alcune e disattendendone altre), è mancipio esclusivo del giudice di merito, sempre che questi dia contezza con motivazione adeguata e congrua del criterio adottato (come per l’appunto si è verificato nel caso di specie).

3. Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali, sostenute da entrambe le parti controricorrenti e liquidate come da dispositivo, nonchè al pagamento dell’ulteriore importo, dovuto per legge ed indicato in dispositivo.

PQM

La Corte:

– dichiara inammissibile il ricorso;

– condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, spese che liquida, per ciascuna parte controricorrente, in Euro 4800 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200 ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma del citato art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Terza Sezione Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 17 luglio 2018.

Depositato in Cancelleria il 11 dicembre 2018

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