Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 31953 del 11/12/2018

Cassazione civile sez. III, 11/12/2018, (ud. 17/07/2018, dep. 11/12/2018), n.31953

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. CIGNA Mario – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. GIANNITI Pasquale – rel. Consigliere –

Dott. POSITANO Garbiele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 27478-2016 proposto da:

VILLA DEL SOLE SRL, in persona del legale rappresentante p.t. dott.

C.E., elettivamente domiciliata in ROMA, C/0 STUDIO LABATE

VIALE MAZZINI 88, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE COSCO,

rappresentata e difesa dall’avvocato ALFREDO GUALTIERI giusta

procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

AZIENDA SANITARIA PROVINCIALE DI CATANZARO, in persona del suo

Direttore Generale p.t. dott. P.G., elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA GIOVAN BATTISTA MARTINI 2, presso lo studio

dell’avvocato FRANCESCO MARASCIO, rappresentata difesa dall’avvocato

FRANCESCO PULLANO giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1627/2016 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,

depositata il 17/10/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

17/07/2018 dal Consigliere Dott. PASQUALE GIANNITI.

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. La Corte di Appello di Catanzaro con sentenza n. 1672/2016 – in accoglimento dell’appello proposto dall’Azienda Sanitaria Provinciale di Catanzaro nei confronti della società Villa del Sole – ha riformato la sentenza nn. 2683/2010 del Tribunale di Catanzaro e, per l’effetto, ha rigettato la domanda proposta in primo grado dalla società Villa del Sole.

Nel gennaio 2007 la società Villa del Sole S.r.l. aveva convenuto in giudizio l’Azienda sanitaria locale n. (OMISSIS) di Catanzaro, chiedendone la condanna al pagamento della differenza (ammontante ad oltre 1.195.000 mila Euro) tra le tariffe nazionali e regionali e gli acconti versati, dovuta per le prestazioni medico ospedaliere da essa società rese nell’anno 1995.

Si era costituita in giudizio l’ASL (poi ASP) n. (OMISSIS), la quale aveva chiesto il rigetto della domanda attrice, posto che le tariffe regionali (adottate dalla Regione Calabria, in applicazione del D.M. Sanità 14 dicembre 1994, con Delib. 20 febbraio 1995, n. 691 e con Delib. 29 marzo 1995, n. 1685), pur essendo esecutive a far data dal 13 aprile 1995, dovevano intendersi retroattive e, dunque, applicabili sin dal 1 gennaio 1995; e, d’altra parte, nulla era da essa dovuto per le prestazioni mediche illegalmente svolte.

Il Giudice di primo grado aveva condannato l’ASP al pagamento in favore della Villa del Sole s.r.l. della somma di Euro 1.195.209,43.

La sentenza del giudice di primo grado era stata appellata dalla ASP, che aveva ribadito la retroattività delle suddette tariffe regionali ed il mancato pagamento delle prestazioni eseguite in maniera del tutto irregolare; ed è stata riformata dalla Corte territoriale.

2. Avverso la sentenza della Corte territoriale propone ricorso la società Villa del Sole s.r.l..

Resiste con controricorso l’Azienda Sanitaria Provinciale di Catanzaro.

Diritto

RITENUTO

CHE:

1. Il ricorso è affidato a due motivi.

1.1. Precisamente la Villa del Sole s.r.l., con il primo motivo di ricorso, denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione dell’art. 12 Preleggi, del D.M. Sanità 14 dicembre 1994, art. 1 nonchè dei principi di programmazione sanitaria, di legittimo affidamento e di certezza dei rapporti giuridici. Si lamenta che la Corte territoriale, incorrendo nelle violazioni denunciate e richiamando impropriamente il principio affermato dal Consiglio di Stato nella sentenza n. 5203/2001, ha erroneamente affermato la retroattività a far data dal 1 gennaio 1995 delle tariffe sanitarie adottate con Delib. giunta 29 marzo 1995, n. 1685 resa esecutiva il successivo 13 aprile. Osserva che il suo legittimo affidamento doveva trovare piena tutela anche in considerazione dei ritardi e delle omissioni che si erano verificati nell’applicazione della nuova normativa, imputabili esclusivamente all’inerzia ed alla indifferenza della ASL, impreparata a gestire il rapporto di spedalità, pubblica e privata, secondo le nuove regole. In particolare, segnala che l’ASL aveva continuato per tutto il 1995 a richiedere i resoconti mensili delle degenze e di aver trasmesso mese per mese detti resoconti (con gli elenchi nominativi degli assistiti, con le relative patologie e l’indicazione dei giorni di degenza), oltre agli estratti conto dei medesimi ricoveri (con l’indicazione dei corrispettivi determinati in base alle nuove tariffe).

1.2. Con il secondo motivo, la società ricorrente denuncia poi, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, omesso esame circa un fatto decisivo e controverso, ossia: l’intervenuto annullamento, per effetto della sentenza n. 149/2002 del T.A.R. Calabria, delle Delib. Giunta regionale n. 691 del 1996 e Delib. n. 1685 del 1995. Al riguardo rileva che dette deliberazioni erano state annullate in quanto la Giunta regionale non aveva adeguatamente motivato la significativa riduzione delle tariffe sanitarie regionali rispetto a quella nazionale; e che l’appello avverso la menzionata sentenza del TAR Calabria era stato dichiarato perento dal Consiglio di Stato con decreto n. 3822/2006. Deduce che tali circostanze, se esaminate dal giudice di appello, avrebbero condotto ad una decisione diversa da quella impugnata (e precisamente al riconoscimento per i primi mesi del 1995 dei pagamenti delle prestazioni ospedaliere in base alle nuove tariffe).

2. Il ricorso va rigettato.

2.1. Infondato è il primo motivo.

A) La Corte di appello nella impugnata sentenza – dopo aver premesso che con D.M. Sanità 14 dicembre 1994 era stato stabilito il passaggio dal criterio della remunerazione sulla base delle degenze al criterio della remunerazione sulla base delle patologie, da cui risultano affetti i pazienti ricoverati, oggetto delle prestazioni rese – ha esaminato le due delibere con le quali la Regione Calabria aveva provveduto ad approvare le tariffe regionali: la Delib. 20 febbraio 1995, n. 691 e la Delib 29 marzo 1995, n. 1685 (entrambe rese esecutive il 13 aprile 1995).

La Corte ha quindi rilevato la non retroattività delle tariffe regionali approvate con Delib. 20 febbraio 1995, n. 691 (in difetto di una specifica previsione), ma è pervenuta a conclusione opposta quanto alle tariffe regionali approvate con Delib. 29 marzo 1995, n. 1685 essendo stato in essa espressamente prevista l’efficacia delle tariffe regionali “a far data dallo 1/1/1995” in considerazione della necessità di evitare “notevoli guasti nei bilanci delle Usl della Calabria che non presentano la necessaria copertura finanziaria” per poter sostenere la misura prevista dalle tariffe del D.M. 14 dicembre 1994.

Manifestamente infondata è dunque la censura nella parte in cui denuncia che la Corte di appello avrebbe arbitrariamente ritenuto, in assenza di specifiche previsioni sul punto, la retroattività delle tariffe regionali approvate con la delibera in esame.

B) La Corte di merito ha anche rilevato che: a) la Regione Calabria, adottando le due delibere rispettivamente nei mesi di febbraio e marzo 1995, aveva completato l’iter di adozione delle tariffe regionali in meno di 4 mesi di distanza dalla pubblicazione del D.M. Sanità 14 dicembre 1994 (pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 24 dicembre 1994 n. 300); b) tale lasso temporale, in sè certamente breve tenuto conto degli interessi coinvolti, non era data da poter ragionevolmente ingenerare aspettative nel singolo operatore.

Manifestamente infondata è dunque la censura del ricorrente anche nella parte in cui denuncia che la Corte di appello, incorrendo nel vizio denunciato, avrebbe falsamente applicato il principio giurisprudenziale, per cui va esclusa la retroattività della tariffa ogni qual volta sia stato leso il legittimo affidamento degli operatori.

2.2.Inammissibile è il secondo motivo.

La Corte territoriale ha rigettato la domanda della Villa del Sole anche sulla base della considerazione che le delibere in esame, quand’anche fossero state illegittime, non avrebbero potuto essere dichiarate tali dall’AGO, essendo il relativo sindacato rimesso al giudice amministrativo, e non avrebbero potuto neppure essere disapplicate, implicando tale disapplicazione nella specie un sindacato in via principale (e non in via incidentale), non consentito al giudice ordinario.

Il ricorrente lamenta che la Corte di merito ha omesso di considerare che il TAR Calabria aveva annullato, con sentenza n. 149/2002, le delibere regionali, con le quali erano state approvate le tariffe regionali.

La censura è inammissibile, in quanto diretta ad introdurre un argomento che non risulta essere stato oggetto di controversia nè in sede di giudizio di primo grado e neppure in sede di giudizio di appello: invero, le delibere regionali, che avevano introdotte tariffe regionali (diverse da quelle nazionali), sono state si annullate in sede amministrativa, ma l’annullamento non risulta aver formato oggetto del contraddittorio tra le parti in entrambi i giudizi di merito e la sentenza 149/2002 del TAR Calabria risulta essere stata prodotta soltanto nel presente giudizio di legittimità.

3. Al rigetto del ricorso consegue la condanna della società ricorrente al pagamento delle spese processuali, liquidate come da dispositivo, nonchè al pagamento dell’ulteriore importo, dovuto per legge ed indicato in dispositivo.

PQM

La Corte:

– rigetta il ricorso;

– condanna la società ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, spese che liquida in Euro 7200 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200 ed agli accessori di legge;

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della società ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma del citato art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 17 luglio 2018.

Depositato in Cancelleria il 11 dicembre 2018

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