Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 31952 del 06/12/2019

Cassazione civile sez. lav., 06/12/2019, (ud. 23/10/2019, dep. 06/12/2019), n.31952

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – rel. Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 15150/2014 proposto da:

C.S., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA SAN TOMMASO

D’AQUINO 119, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCA CARPENTIERI,

rappresentato e difeso dall’avvocato GAETANO D’ARMA;

– ricorrente –

contro

INAIL – ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE CONTRO GLI INFORTUNI

SUL LAVORO, C.F. (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA IV NOVEMBRE 144,

presso la sede legale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli

avvocati EMILIA FAVATA e LUCIANA ROMEO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 19/2014 della CORTE D’APPELLO di

CALTANISSETTA, depositata il 23/01/2014, R.G.N. 822/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

23/10/2019 dal Consigliere Dott. ROSSANA MANCINO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MASTROBERARDINO Paola, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato EMILIA FAVATA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Corte d’appello di Caltanissetta, con sentenza del 23 gennaio 2014, ha accolto l’appello proposto dall’INAIL nei confronti di C.S. avverso la sentenza di primo grado che aveva riconosciuto la rendita per malattia professionale per le malattie contratte dal lavoratore, nel corso dell’attività lavorativa di autista di mezzi pesanti per il trasporto di rifiuti solidi urbani, nel periodo dal 2001 al 2007.

2. Per la Corte di merito, in adesione alle conclusioni rassegnate dall’ausiliare officiato in giudizio, la malattia spondiloartrosica non poteva considerarsi di origine professionale e, alla stregua delle tabelle applicabili ratione temporis (D.M. n. 336 del 1994), l’attività lavorativa – fino al 2001 di operatore ecologico addetto alla pulizia delle strade e al versamento dei contenitori di spazzatura sugli autocompattatori e, dal 2001, di autista di automezzi per il trasporto di rifiuti solidi urbani – non rientrava tra quelle previste nelle tabelle e non era rinvenibile alcun nesso causale tra l’attività di netturbino e la comparsa di ernia del disco; inoltre, la patologia erniaria costituiva malattia comune, non avendo alcuna possibilità scientifica di essere correlata all’attività di netturbino, e l’esposizione alle vibrazioni nello svolgimento delle mansioni di conduttore di automezzi, per essere intervenuta in epoca successiva all’intervento di asportazione dell’ernia discale, non poteva dipendere da quel tipo di attività.

3. Avverso tale sentenza ricorre C.S., con ricorso affidato a tre

motivi cui resiste, con controricorso, l’INAIL.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

4. Con il primo motivo di ricorso si deduce violazione dell’art. 195 c.p.c., nullità dell’ordinanza, con la quale i giudici del gravame hanno disposto il rinnovo della consulenza tecnica, e della sentenza impugnata conseguente all’inammissibilità del gravame, non dichiarata dalla Corte di merito, per avere l’istituto appellante censurato le conclusioni rassegnate dall’ausiliare officiato nel giudizio di primo grado solo con il gravame e non nel termine assegnato dal giudice.

5. Il motivo è da rigettare per il preliminare ed assorbente rilievo che la censura è fondata su disposizione del codice di rito inapplicabile, ratione temporis, trattandosi di giudizio di primo grado instaurato prima del 4 luglio 2009, disposizione che – peraltro – non introduce un nuovo termine di decadenza.

6. Il secondo motivo, con il quale la parte ricorrente inscrive, nel paradigma dell’omesso esame di un fatto decisivo, l’omessa rinnovazione della consulenza tecnica, è inammissibile giacchè il mezzo d’impugnazione attiene a fatti storici primari.

7. Il novellato n. 5 dell’art. 360 c.p.c., che rende censurabile per cassazione il solo omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia: cfr. Cass., Sez. U. n. 8053 del 2014).

8 Il fatto storico incluso nel thema decidendum o nel thema probandum, non va confuso con i singoli aspetti della complessiva ricostruzione fattuale, idonei a inclinare in un senso piuttosto che in un altro la valutazione del medesimo fatto controverso, ma ritenuti dal giudice recessivi rispetto ad altre emergenze, nel qual caso non si configura un omesso esame del tema storico, ma solo un apprezzamento di merito non conforme alle aspettative della parte ricorrente, apprezzamento che, del resto, era insindacabile anche a tenore del vecchio testo dell’art. 360 c.p.c., n. 5.

9. Va aggiunto che, con potere ampiamente discrezionale, il giudice può disporre l’eventuale rinnovazione delle indagini, la sostituzione del consulente o richiedere al consulente chiarimenti sulla relazione già depositata, disporre un supplemento ovvero un’integrazione delle indagini; rinnovare totalmente o solo in parte le attività peritali (v., ex multis, Cass. n. 6479 del 2002; Cass. n. 4660 del 2006).

10. Per tale ampia discrezionalità che connota, in particolare, per quanto qui rileva, l’esercizio del potere del giudice di rinnovare la consulenza tecnica, non è al riguardo esercitabile alcun sindacato in sede di legittimità (cfr., fra le tante, Cass. n. 2151 del 2004; Cass. n. 20227 del 2010; Cass. n. 17693 del 2013).

11. Con il terzo motivo si deduce violazione dell’art. 112 c.p.c., per avere la Corte di merito, con la decisione di rigetto della domanda, pronunciato oltre il motivo di gravame dell’INAIL volto a censurare la decisione di primo grado, in adesione alle conclusioni rassegnate dall’ausiliare, esclusivamente nel profilo della quantificazione del beneficio richiesto senza mettere in discussione l’origine professionale della patologia.

12. Il motivo è inammissibile perchè il ricorrente avrebbe dovuto riportare il tenore della decisione di primo grado, il gravame svolto dall’Istituto, il contenuto della relazione peritale e indicare la sede processuale per reperire, nelle pregresse fasi di merito, i predetti atti.

13. Secondo la condivisa giurisprudenza di questa Corte, ove si deduca la violazione del citato art. 112 c.p.c., riconducibile alla prospettazione di un error in procedendo per il quale la Corte di cassazione è giudice anche del fatto processuale, detto vizio, non essendo rilevabile d’ufficio, comporta che il potere-dovere del giudice di legittimità di esaminare direttamente gli atti processuali sia condizionato, a pena di inammissibilità, all’adempimento da parte del ricorrente dell’onere di indicarli compiutamente, non potendo la Corte di legittimità procedere ad un’autonoma ricerca, ma solo ad una verifica degli stessi, pur sempre condizionata ad un preliminare apprezzamento della decisività della questione controversa (cfr., fra le tante, Cass. n. 15367 del 2014; Cass. n. 21226 del 2010, Cass. n. 14133 del 2007).

14. In conclusione, il ricorso è da rigettare.

15. Non si provvede alla liquidazione delle spese di lite, sussistendo le condizioni previste dall’art. 152 disp. att. c.p.c., nel testo applicabile ratione temporis, per l’esonero dal pagamento.

16. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13,comma 1-quater, sussistono i presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso ex art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, sussistono i presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso ex art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 23 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 6 dicembre 2019

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