Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 31950 del 06/12/2019

Cassazione civile sez. lav., 06/12/2019, (ud. 17/10/2019, dep. 06/12/2019), n.31950

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NOBILE Vittorio – Presidente –

Dott. BLASUTTO Daniela – rel. Consigliere –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 19982/2018 proposto da:

M.E., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA PORTUENSE N.

257, presso lo studio dell’avvocato CATERINA CORTI, rappresentato e

difeso dall’avvocato ALESSIO NARDONI;

– ricorrente –

contro

EDILRESINE S.R.L. DI C.F.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 26/2018 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA,

depositata il 02/03/2018 R.G.N. 53/2017.

Fatto

RILEVATO

che:

1. La Corte di appello di Perugia, con sentenza n. 26/2018, confermava la sentenza del Giudice del lavoro del Tribunale di Perugia che, pronunciando sul ricorso proposto da M.E. nei confronti della Edilresine s.r.l. di C.F., aveva dichiarato la nullità della domanda avente ad oggetto il pagamento di differenze retributive e di varie altre indennità e aveva rigettato l’impugnativa del licenziamento intimato dalla resistente il 24 febbraio 2011.

2. Quanto al primo motivo di gravame, vertente sulla statuizione di nullità della domanda per carenza di allegazioni in ordine alle maggiorazioni stipendiali pretese, agli istituti invocati per l’indennità a titolo di lavori usuranti, all’orario di lavoro espletato oltre quello ordinario, alle giornate festive in cui il ricorrente avrebbe prestato opera non retribuita e ai periodi nei quali avrebbe lavorato senza usufruire di riposi di legge, la Corte di appello osservava che l’appellante si era limitato a ribadire di avere già esposto in maniera esaustiva nel ricorso introduttivo gli elementi qualificanti delle pretese senza nulla aggiungere, per cui non poteva che essere confermata la pronuncia del primo giudice circa la genericità e dunque la nullità della domanda e che del tutto irrilevanti erano i capitoli di prova riproposti con l’atto di gravame, stante la loro genericità rispetto ai titoli rivendicati.

3. Quanto al secondo motivo di appello, avente ad oggetto la pronuncia di rigetto dell’impugnativa del licenziamento, la Corte premetteva che il M. era stato licenziato per assenza ingiustificata per tre giorni consecutivi (18, 21 e 22 febbraio 2011) e per giusta causa ex art. 2119 c.c., in quanto le assenze erano state precedute da un incontro avvenuto 17 febbraio 2011 durante il quale il ricorrente e altri dipendenti, presente anche il geometra dell’impresa, avevano riferito all’amministrazione di non voler più lavorare come dipendenti e di voler costituire una società alla quale la stessa Edilresine avrebbe dovuto concedere in subappalto il lavoro della ATM e i futuri lavori appaltati affermando che, ove lo stesso amministratore si fosse rifiutato di aderire a tale richiesta, loro si sarebbero rifiutati di continuare a lavorare per lui, rendendosi di fatto inadempienti rispetto alle obbligazioni contrattuali assunte. La datrice di lavoro aveva contestato al lavoratore che tale condotta integrava un’ipotesi suscettibile di essere sanzionata con il licenziamento ex art. 100, comma 3, lett. a) e b) CCNL.

3.1. Tanto premesso, la Corte di appello osservava che i fatti ascritti non erano mai stati contestati dal lavoratore e quindi erano da ritenere pienamente provati. Essi erano altresì idonei, per la loro gravità, a giustificare il licenziamento per giusta causa.

3.2. Precisava, quanto all’assenza ingiustificata, che era ininfluente il certificato medico datato 23 febbraio 2011, il quale non attestava lo stato di malattia del giorno precedente, per cui erano rimaste ingiustificate le tre giornate lavorative consecutive del 18, del 21 e del 22 febbraio.

4. Per la cassazione di tale sentenza M.E. ha proposto ricorso affidato a due motivi. La società Edilresine s.r.l., alla quale il ricorso è stato regolarmente notificato, non ha svolto attività difensiva.

5. Risulta agli atti del fascicolo che l’Ordine degli Avvocati di Perugia ha deliberato in data 15 giugno 2018 l’ammissione del M., in via anticipata e provvisoria, al patrocinio a spese dello Stato.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Il primo motivo denuncia violazione e/o falsa applicazione dell’art. 414 c.p.c., nn. 3 e 4 (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) poichè la mancata specificazione nell’atto iniziale della lite degli elementi di fatto e di diritto posti a base della domanda ne comporta la nullità, da ritenersi però sanabile ex art. 164 c.p.c., comma 5, applicabile anche al rito del lavoro ai sensi dell’art. 156 c.p.c., comma 2.

2. Il secondo motivo denuncia violazione o falsa applicazione dell’art. 100, comma 3, lett. g) CCNL e dell’art. 98 CCNL imprese edili (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) per avere la Corte d’appello erroneamente ritenuto assenza ingiustificata anche la giornata del 18 febbraio 2011, quando il M. si recò regolarmente al lavoro, e per avere altresì ritenuto ingiustificate le assenze del 21, del 22 e del 23 febbraio 2011, pur in presenza di una certificazione medica giustificativa datata 23 febbraio 2011 e ricevuta dal datore di lavoro il 25 febbraio 2011.

3. Il primo motivo è inammissibile.

3.1. In applicazione dell’art. 164 c.p.c., comma 5, estensibile anche al rito del lavoro, se il giudice di primo grado, stante la costituzione del convenuto, omette di fissare un termine per l’integrazione dell’atto introduttivo del giudizio, nullo per mancata o insufficiente determinazione dell’oggetto della domanda o per analogo vizio concernente l’esposizione dei fatti e degli elementi di diritto sui quali la pretesa si fonda, nonostante l’eccezione in tal senso sollevata dal convenuto, diventa onere del ricorrente invocare dal giudice la fissazione del termine per sanare la nullità. Ove ciò non faccia, e la nullità venga dedotta come motivo d’appello, il giudice del gravame non dovrà fissare alcun termine per la rinnovazione dell’atto nullo, ma dovrà definire il processo con una pronuncia in rito che accerti il vizio del ricorso introduttivo (Cass. n. 896 del 2014, confermativa di Cass. n. 17408 del 2012).

3.2. Nel caso in esame, nulla riferisce l’odierno ricorrente circa le eccezioni sollevate da parte convenuta in primo grado, nè comunque, per l’ipotesi di una tempestiva eccezione avversaria, in ordine alla sua richiesta di fissazione di un termine per la rinnovazione dell’atto nullo. Non risulta così adempiuto l’onere di cui all’art. 366 c.p.c., n. 6, che è da intendere come un corollario del requisito di specificità dei motivi di impugnazione, in quanto l’esame diretto degli atti e dei documenti è circoscritto a quelli che la parte abbia specificamente indicato ed allegato.

4. La stessa sentenza di appello ha dato atto che il motivo di impugnazione svolto in quella sede era del tutto generico, in quanto limitato ad affermare che il ricorso introduttivo era completo delle allegazioni atte a sostenere le pretese azionate e dunque nulla era stato dedotto neppure in secondo grado in ordine ai presupposti della qui invocata sanatoria ai sensi dell’art. 164 c.p.c., comma 5. Dunque, nessun vizio processuale era stato denunciato con l’atto di gravame, nè era ipotizzabile una integrazione della domanda in grado d’appello, parimenti non prevista (cfr. Cass. n. 896 del 2014).

4.1.. In conclusione, dovendo escludersi l’esistenza di una tempestiva richiesta di integrazione della domanda, la sentenza di appello non poteva che considerare come insanabile la rilevata nullità dell’atto introduttivo del giudizio.

5. Anche il secondo motivo è inammissibile.

5.1. Innanzitutto, esso si pone in dissenso rispetto alla ricostruzione di fatto fornita dal giudice di appello, che ha ritenuto assenza ingiustificata anche quella del 18 febbraio e ha ritenuto che la certificazione del 23 febbraio giustificasse solo l’assenza del giorno stesso del rilascio. Il motivo tende, sub specie violazione di legge, a sollecitare un riesame del merito delle risultanze istruttorie, inammissibile in questa sede.

5.2. Il vizio di falsa applicazione di legge consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e quindi implica necessariamente un problema interpretativo della stessa; viceversa, l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è esterna all’esatta interpretazione della norma di legge e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura è possibile, in sede di legittimità, sotto l’aspetto del vizio di motivazione (Cass. n. 7394 del 2010, n. 8315 del 2013, n. 26110 del 2015, n. 195 del 2016). E’ dunque inammissibile una doglianza che fondi il presunto errore di sussunzione – e dunque un errore interpretativo di diritto – su una ricostruzione fattuale diversa da quella posta a fondamento della decisione, alla stregua di una alternativa interpretazione delle risultanze di causa.

6. Occorre poi rilevare che la seconda ratio decidendi non è stata investita dall’impugnazione. Precisamente la sentenza impugnata ha ritenuto sussistente la giusta causa ex art. 2119 c.c., per avere l’odierno ricorrente tenuto, il giorno 17 febbraio, prima di assentarsi ingiustificatamente dal lavoro, una condotta idonea a ledere in modo irreparabile il vincolo fiduciario e finanche atta ad integrare un illecito suscettibile anche di assumere una rilevanza penale.

6.1. Qualora la sentenza di merito impugnata si fondi su più ragioni autonome, ciascuna delle quali logicamente e giuridicamente idonea a sorreggere la decisione secondo l’iter logico-giuridico seguito sul punto in questione nella sentenza impugnata, l’omessa impugnazione, con ricorso per cassazione, di taluna (o anche di una soltanto) di tali ragioni determina l’inammissibilità, per difetto di interesse, anche del gravame proposto avverso le altre, in quanto l’eventuale accoglimento del ricorso non inciderebbe sulle rationes decidendi non censurate (o sulla ratio decidendi non censurata), con la conseguenza che la sentenza impugnata resterebbe pur sempre fondata su di esse (Cass. n. 2273 del 2005, 13325 del 2005, 18090 del 2005, 1526 del 2006, 2127 del 2006).

7. Il ricorso va dunque dichiarato inammissibile. Nulla va disposto per le spese del presente giudizio di legittimità, non avendo parte intimata svolto attività difensiva.

8. Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali (nella specie, inammissibilità del ricorso) per il versamento, da parte del ricorrente, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso; nulla per le spese del presente giudizio.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 17 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 6 dicembre 2019

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