Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 31948 del 11/12/2018

Cassazione civile sez. III, 11/12/2018, (ud. 21/06/2018, dep. 11/12/2018), n.31948

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

Dott. CIGNA Mario – rel. Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 24637-2016 proposto da:

IPT COMMERCIALE SRL, in persona del suo legale rappresentante p.t.,

sig. S.R., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

FONTI DEL CLITUNNO 25, presso lo studio dell’avvocato FERNANDO

AMODIO, che la rappresenta e difende giusta procura in calce al

ricorso;

– ricorrente –

contro

ARREDAMENTI C. SRL, in persona del legale rappresentante sig.

C.C., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CHIANA 97, presso

lo studio dell’avvocato LUCA EDGARDO FLORIO, che la rappresenta e

difende giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

e contro

GENERALI ITALIA SPA, UNI ONE ASSICURAZIONI SPA, S.G.;

– intimati –

Nonchè da:

GENERALI ITALIA SPA, (OMISSIS), in persona di CO.PI.

e B.L., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA G. D’AREZZO

32, presso lo studio dell’avvocato MATTEO MUNGARI, che la

rappresenta e difende giusta procura in calce al controricorso e

ricorso incidentale;

– ricorrente incidentale –

contro

S.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA TIEPOLO 21,

presso lo studio dell’avvocato ALESSANDRO DE BELVIS, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato VITTORIA CUOCO giusta

procura in calce al controricorso;

– controricorrente all’incidentale –

e contro

UNI ONE ASSICURAZIONI SPA, ARREDAMENTI C. SRL, IPT COMMERCIALE

SRL;

– intimate –

Nonchè da:

SOCIETA’ CATTOLICA DI ASSICURAZIONE COOP A RL, in persona del

procuratore Dott. BE.AL., elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA G. D’AREZZO 32, presso lo studio dell’avvocato MATTEO

MUNGARI, che la rappresenta e difende giusta procura in calce al

controricorso e ricorso incidentale;

– ricorrente incidentale –

contro

S.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA TIEPOLO 21,

presso lo studio dell’avvocato ALESSANDRO DE BELVIS, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato VITTORIA CUOCO giusta

procura in calce al controricorso;

– controricorrente all’incidentale –

e contro

GENERALI ITALIA SPA, ARREDAMENTI C. SRL, IPT COMMERCIALE SRL;

– intimate –

avverso la sentenza n. 5236/2015 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 12/10/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

21/06/2018 dal Consigliere Dott. MARIO CIGNA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con ricorso ex art. 447 bis c.p.c., depositato il 25-5-2005, la Arredamenti C. srl, premesso: che la IPT Commerciale, in relazione a contratto di locazione di immobile commerciale ed affitto d’azienda del 2-1-2003, si era resa morosa nel pagamento dell’avviamento e di alcune mensilità del canone; che in data (OMISSIS) nei locali locati si era verificato un incendio che aveva provocato ingenti danni; che la IPT era assicurata con polizza incendio emessa da Assitalia Le Assicurazioni d’Italia Spa per l’80% e da Uniass spa per il 20% (ora, rispettivamente, Ina Assitalia Spa e Uni One Assicurazioni Spa); che in data 11-8-2003 la IPT, debitrice (per le ragioni di cui sopra) della Arredamenti C., aveva ceduto a quest’ultima il diritto all’indennizzo dovutole dall’Assitalia; tanto premesso, chiese al Tribunale di Roma di dichiarare risolto il detto contratto per inadempimento della IPT Commerciale, e condannare quest’ultima e Assitalia (debitrice ceduta) alla corresponsione di Euro 450.000,00 (giudizio n. R.G. 21727/05).

Instauratosi il contradditorio, Assitalia, in particolare, eccepì: la prescrizione ex art. 2952 c.c. del diritto all’indennizzo; la perdita ex art. 1898 c.c. del diritto all’indennizzo per aggravamento del rischio; la esagerazione dolosa del danno.

Con separato giudizio (citazione notificata il 21-3-2005) Assitalia chiese riconoscersi detto aggravamento del rischio assicurato e/o detta esagerazione dolosa, con conseguente decadenza dal diritto all’indennizzo (giudizio n. R.G. 22394/05).

Con autonoma citazione notificata il 2-2-2006, infine, S.G.P., quale proprietario dei locali in questione (di cui la Arredamenti C. aveva solo la disponibilità), convenne in giudizio Arredamenti C., IPT Commerciale, Assitalia ed Uni One Assicurazioni per sentirli condannare in solido al pagamento, in suo favore, della somma di Euro 67.970,70 a titolo di risarcimento per i danni subiti dal suo fabbricato a causa dell’incendio del (OMISSIS) (giudizio N. R.G. 9982/06).

Riuniti i giudizi, con sentenza 27-5-2008 l’adito Tribunale, dichiarata la risoluzione del contratto di locazione e di affitto d’azienda nonchè la validità della cessione di credito e l’efficacia del contratto di assicurazione, condannò Assitalia ed Uni One Assicurazioni al pagamento, per la quota parte di rispettiva competenza, dell’importo di Euro 94.624,95 in favore di Arredamenti C. e di Euro 80.397,82 in favore del Savi, nonchè al pagamento, sempre pro quota, degli “ulteriori danni” conseguenti alla mancata ripresa dell’attività produttiva di ITP ed Arredamenti C., liquidati in Euro 30.000,00 in favore di Arredamenti C. ed Euro 170.000,00 in favore di IPT (mancata ripresa addebitata al non avvenuto pagamento degli indennizzi, pur essendo stati gli stessi già riconosciuti in sede arbitrale).

Con sentenza depositata il 12-10-2015 la Corte d’Appello di Roma, in parziale accoglimento dell’appello principale proposto da Generali Italia SpA (già Ina Assitalia) ed Uni One Assicurazioni, ed in parziale riforma della sentenza di primo grado, ha rigettato la domanda di Arredamenti C. e di IPT relativamente al danno da mancato guadagno derivante dalla compromissione delle rispettive attività commerciali, regolamentando di conseguenza le spese di lite.

In particolare la Corte, per quanto ancora rileva:

– ha confermato il rigetto dell’eccezione di prescrizione annuale; al riguardo ha ribadito il principio secondo cui, nel caso in cui sia stabilita contrattualmente una procedura per la determinazione convenzionale del danno da liquidare all’assicurato, la prescrizione del diritto del danneggiato, fatto salvo il caso in cui l’assicuratore abbia negato in radice l’indennizzabilità del danno, decorre soltanto dal momento in cui tale procedura si sia conclusa, atteso che soltanto in quel momento il diritto, determinato sia nell'”an” sia nel “quantum”, può essere effettivamente esercitato (principio dell’unitarietà del diritto all’indennizzo); nel caso di specie, nel quale la Compagnia mai (prima degli odierni giudizi) aveva negato l’indennizzabilità del danno, era prevista, agli artt. 16-18 delle condizioni generali di polizza, una “procedura per la valutazione del danno” alla quale le parti erano vincolate; l’elaborato peritale era stato sottoscritto il 14-2-2005, sicchè, rispetto a tale data, non poteva ritenersi decorso il termine annuale di prescrizione (il ricorso di Arredamenti C. srl (nel quale la convenuta IPT si era associata alle domande formulate nei confronti della Compagnia) era stato, infatti, depositato il 25/5/2005 e la citazione del Salvi era stata notificata alla Compagnia il 2-2-2006;

– ha confermato il rigetto dell’eccezione (sollevata dalla Compagnia) di decadenza ex art. 1898 c.c. dal diritto all’indennizzo per aggravamento del rischio; al riguardo ha evidenziato che la predisposizione di un muro divisorio, ancorchè tale da raggiungere il soffitto, non poteva in alcun caso comportare una alterazione dei luoghi tale da determinare un aggravamento del rischio quale originariamente stimato dalla Compagnia, atteso che quest’ultima aveva considerato, agli effetti della polizza, il locale in questione come unico, sicchè la costruzione del muro poteva al limite solo costituire un fattore di diminuzione del rischio di diffusione delle fiamme;

– ha confermato il rigetto dell’eccezione (sollevata dalla Compagnia ex art. 15 condizioni generali di polizza) di decadenza dal diritto all’indennizzo per dolosa esagerazione dei danni; al riguardo, in accordo con il Tribunale, ha ritenuto non dovuta a dolo la discrasia tra richiesta di indennizzo e stima finale operata dai perito (in particolare: l’inventario era stato eseguito “sommariamente” e due macchine “Econos” erano state valutate dall’assicurato al prezzo di acquisto, mentre la valutazione era stata operata in sede peritale allo “stato d’uso”);

– ha escluso la risarcibilità dei “danni ulteriori”, ritenendo che l’interruzione dell’attività delle due società fosse dovuta all’incendio, e non già alla mancata liquidazione degli indennizzi; non vi era, invero, alcuna prova che, quand’anche le somme liquidate fossero state tempestivamente erogate, le due società avrebbero immediatamente ripristinato i locali e ripreso la loro attività (in particolare, non era stato nemmeno allegato il tentativo di recuperare altrove la liquidità necessaria a ripristinare le rispettive attività produttive).

Avverso detta sentenza IPT propone ricorso per Cassazione, affidato a tre motivi.

Resistono con separati controricorsi Arredamenti C. srl, in persona del L.r., e S.G.P..

Resistono anche Generali Italia SpA (già INA ASSITALIA SPA, già ASSITALIA LE ASSICURAZIONI D’ITALIA) e la società CATTOLICA di Assicurazione coop. a r.l. (già Uniass spa, già Uni One Assicurazioni, già Duomo Uni One Assicurazioni SpA) con separati controricorsi e ricorsi incidentali, affidati a quattro motivi ed illustrati anche da successiva memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso principale la ITP Commerciale denunzia omessa, insufficiente e contradditoria motivazione circa il mancato riconoscimento dei danni “ulteriori” da mancato guadagno così come quantificato dal CTU.

Con il secondo motivo denunzia “violazione o falsa applicazione dell’art. 2729 c.c. e art. 116 c.p.c. in merito alla presunzione del motivo circa la mancata riattivazione della produzione da parte della srl IPT Commerciale. Omessa, insufficiente o contradditoria motivazione circa il mancato riconoscimento del danno ulteriore”.

Con il terzo motivo denunzia “mancanza, manifesta illogicità o contradditorietà della motivazione della sentenza nella parte in cui non riconosce la indennizzabilità del danno ulteriore”.

Con i detti motivi, da esaminare congiuntamente in quanto tra loro strettamente connessi, la ricorrente lamenta che la Corte abbia ritenuto l’interruzione dell’attività dovuta all’incendio, e non alla mancata liquidazione degli indennizzi, con motivazione contradditoria ed infondata, non basata su dati certi ma su semplice presunzione fondata su indizi non gravi, precisi e concordanti, senza peraltro considerare che la possibilità di ricorso al credito bancario (su cui era fondato il ragionamento presuntivo della Corte) era in contrasto con la nota circostanza che le banche italiane non concedono credito alle imprese in difficoltà senza solide garanzie.

Siffatte censure sono inammissibili, in quanto non in linea con la nuova formulazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5, ratione temporis applicabile, che ha introdotto nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, (fatto da intendersi come un “preciso accadimento o una precisa circostanza in senso storico – naturalistico, non assimilabile in alcun modo a “questioni” o “argomentazioni”), la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia), fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sè, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie.; conf. Cass. S.U. 8053 e 8054 del 2014; v. anche Cass. 21152/2014 e Cass. 17761/2016, che ha precisato che per “fatto” deve intendersi non una “questione” o un “punto” della sentenza, ma un fatto vero e proprio e, quindi, un fatto principale, ex art. 2697 c.c., (cioè un fatto costitutivo, modificativo, impeditivo o estintivo) od anche un fatto secondario (cioè un fatto dedotto in funzione di prova di un fatto principale), purchè controverso e decisivo (conf. Cass. 29883/2017); nel caso di specie il ricorrente non ha indicato alcun “fatto storico” (nel senso su precisato) omesso, ma si è limitato (inammissibilmente, per quanto detto) a contestare, anche sub specie di violazione di legge (art. 2729 c.c. e art. 116 c.p.c.), la conclusione cui era giunta la Corte in ordine alla prova della sussistenza del “danno ulteriore”, contrapponendo alla detta valutazione il suo personale convincimento.

Nè la motivazione può ritenersi solo apparente ed in violazione del “minimo costituzionale” di esternazione dei motivi.

Costituisce consolidato principio di questa Corte che la mancanza di motivazione, quale causa di nullità per mancanza di un requisito indispensabile della sentenza, si configura “nei casi di radicale carenza di essa, ovvero del suo estrinsecarsi in argomentazioni non idonee a rivelare la “ratio decidendi” (cosiddetta motivazione apparente), o fra di loro logicamente inconciliabili, o comunque perplesse od obiettivamente incomprensibili (Cass. sez unite 8053 e 8054/2014); nella specie la Corte di appello, come agevolmente desumibile dalla su esposta sintesi dell’impugnata sentenza, ha espresso le ragioni della adottata decisione, con argomentazioni logicamente conciliabili, non perplesse ed obiettivamente comprensibili, evidenziando, tra l’altro, che la circostanza del ricorso al credito bancario non era stata neanche allegata dalla ricorrente.

Con il primo motivo dei due separati ricorsi incidentali (di identico contenuto) la Società Cattolica di Assicurazione e la Generali Italia SpA, denunziando – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2934,2935 c.c. e art. 2952 c.c., comma 2, lamentano che la Corte territoriale abbia fatto decorrere il termine annuale di prescrizione dal momento della conclusione della procedura arbitrale; al riguardo rilevano che la previsione contrattuale di un arbitrato irrituale impedisce temporaneamente l’esperibilità dell’azione giudiziaria ma non incide sulla facoltà di interrompere la prescrizione con un atto stragiudiziale.

Il motivo è infondato.

Come già ripetutamente da tempo precisato da questa S.C., invero, in tema di assicurazione contro i danni, salvo che l’assicuratore abbia contestato l’operatività della garanzia (il che non è avvenuto nel caso di specie prima della sottoscrizione del verbale peritale e prima della introduzione dei vari giudizi riuniti, come in fatto affermato dalla Corte territoriale, senza specifica contestazione sul punto), la prescrizione annuale – ex art. 2952 c.c., comma 2 – del diritto dell’assicurato all’indennizzo decorre dalla data in cui il diritto medesimo può essere esercitato, e cioè dal momento del verificarsi del fatto cui esso si ricollega, occorrendo al riguardo, ai fini della idonea interruzione del termine, che venga formulata una richiesta del danneggiato all’assicuratore con un contenuto unitario, e cioè sia nell'”an” sia nel “quantum”, non garantendo infatti la scissione dell'”an” dal “quantum” una effettiva tutela dei diritti dello stesso assicurato (conf. Cass. 24733/2007); in particolare, quando le parti abbiano previsto lo svolgimento di una perizia contrattuale per la quantificazione del danno, la prescrizione decorre dal momento della conclusione di tale procedura, atteso che, in caso di affidamento ai periti della quantificazione del danno, la prestazione, non ancora determinata nel “quantum”, non è esigibile sino a quando non si compia il previsto iter delle operazioni peritali, all’esito delle quali soltanto si realizza il requisito dell’esigibilità della prestazione ormai determinata anche nella sua precisa entità (conf. Cass. 14487/2004; 6479/2010; 17022/2015).

Con il secondo motivo le ricorrenti, denunziando – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1321,1322,1362 e 1363 c.c., lamentano che la Corte non abbia considerato che, come desumibile dal contratto di assicurazione (artt. 16, 17, 22) e dal successivo atto di conferimento dell’incarico ai periti, le parti, nell’esercizio della propria autonomia contrattuale, avevano derogato al principio dell’unitarietà del diritto all’indennizzo, prevedendo una netta distinzione tra accertamento del'”an” ed accertamento del “quantum debeatur”; le espressioni letterali utilizzate dalle parti erano chiare ed univoche, e non ammettevano, pertanto, il ricorso ai criteri ermeneutici integrativi di cui agli artt. 1366-1371 c.c..

Il motivo è inammissibile sotto un duplice ordine di profili.

Lo stesso, infatti, in primo luogo, verte su questione nuova (espressa deroga pattizia all’unitarietà del diritto all’indennizzo), che non risulta posta nei gradi di merito (e, comunque, le ricorrenti non indicano dove siffatta questione sarebbe stata sottoposta, in secondo luogo, si limita a richiamare le regole di cui agli artt. 1362 c.c. e ss., senza specificare i canoni che in concreto assume violati, ed in particolare il punto ed il modo in cui il giudice del merito si sia dagli stessi discostato (v., da ultimo, Cass. 28319/2017).

Con il terzo motivo le ricorrenti, denunziando – ex art. 360 c.p.c., n. 4 – violazione e/o falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c., comma 1, n. 4, lamentano che la Corte territoriale abbia negato l’avvenuto “aggravamento del rischio”, e quindi rigettato la sollevata eccezione di decadenza – ex art. 1898 c.c. – dal diritto all’indennizzo, con motivazione apparente, costituita da mere affermazione prive di congrua motivazione.

Il motivo è infondato.

Con motivazione tutt’altro che apparente, in linea con il minimo costituzionale richiesto (v. le su cit. Cass. S.U. 8053 e 8054/2014), la Corte, in ordine al dedotto aggravamento del rischio, ha correttamente evidenziato che la Compagnia aveva considerato, agli effetti della polizza, il locale in questione come unico, sicchè la costruzione del muro divisorio poteva al limite solo costituire un fattore di diminuzione del rischio di diffusione delle fiamme, ma giammai un aggravamento del rischio quale originariamente stimato.

Il quarto motivo, con il quale si denunzia – ex art. 360 c.p.c., n. 3 – la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 157 c.p.c.per avere la Corte rigettato l’eccezione di nullità (per violazione del principio del contradditorio) della CTU che aveva determinato il “danno ulteriore”, è assorbito dal rigetto del ricorso principale, concernente appunto la statuizione della Corte di rigetto di detto danno.

In conclusione, pertanto, sia il ricorso principale sia entrambi i ricorsi incidentali, vanno rigettati.

In considerazione del rigetto di entrambi i ricorsi (quello principale e quelli incidentali), si ritiene sussistano giusti motivi per dichiarare compensate tra ITP Commerciale, da una parte, e Generali Assicurazioni SpA e Società Cattolica di Assicurazioni soc. a r.l., dall’altra, le spese del presente giudizio di legittimità.

In applicazione del criterio della soccombenza, e in particolare del rigetto del ricorso incidentale concernente l’eccezione di prescrizione sollevata dalle Compagnie assicuratrici, le spese del presente giudizio di legittimità sostenute da Arredamenti C. srl, in persona del L.r., e da S.G.P., liquidate come in dispositivo, vanno poste, in solido, a carico di Generali Assicurazioni SpA e Società Cattolica di Assicurazioni soc. a r.l.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, poichè i ricorsi (principale ed incidentali) sono stati presentati successivamente al 30-1-2013 e sono stati rigettati, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti (principale ed incidentale), dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale per quelli incidentali, a norma dell’art. 13, comma 1 bis cit..

P.Q.M.

La Corte rigetta sia il ricorso principale sia quello incidentale; dichiara compensate tra ITP Commerciale, da una parte, e Generali Assicurazioni SpA e Società Cattolica di Assicurazioni soc. a r.l., dall’altra, le spese del presente giudizio di legittimità; condanna Generali Assicurazioni SpA e Società Cattolica di Assicurazioni soc. a r.l., in solido, al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità sostenute da Arredamenti C. sri, in persona del I.r., e da S.G.P., che si liquidano, in favore di ciascuno di essi, in Euro 7.000,00, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge; dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti (principale ed incidentale), dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale e per quelli incidentali, a norma del cit. art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 21 giugno 2018.

Depositato in Cancelleria il 11 dicembre 2018

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