Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 31944 del 06/12/2019

Cassazione civile sez. lav., 06/12/2019, (ud. 12/09/2019, dep. 06/12/2019), n.31944

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NOBILE Vittorio – Presidente –

Dott. RAIMONDI Guido – Consigliere –

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – rel. Consigliere –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 29874/2015 proposto da:

ALTO CALORE SERVIZI S.P.A., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ENNIO QUIRINO

VISCONTI 20, presso lo Studio PIACCI DE VIVO PETRACCA rappresentata

e difesa dagli avvocati NICOLA DOMENICO PETRACCA e BRUNO PIACCI;

– ricorrente –

contro

S.E., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA DEL

POPOLO 18, presso lo studio dell’avvocato ANGELO MAIETTA, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato MARINO IANNACCHERO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 8865/2014 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 11/12/2014 r.g.n. 4790/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

12/09/2019 dal Consigliere Dott. PAOLO NEGRI DELLA TORRE;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CELESTE Alberto, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso;

udito l’Avvocato ANTONELLA PELOSI per delega Avvocato BRUNO PIACCI;

udito l’Avvocato MARINO IANNACCHERO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza n. 8865/2014, depositata l’11 dicembre 2014, la Corte di appello di Napoli ha confermato la sentenza, con la quale il Tribunale di Avellino aveva condannato la società Alto Calore Servizi S.p.A. a pagare ad S.E. l’indennità di cui all’art. 19, comma 2, del c.c.n.l. per i dirigenti delle imprese aderenti alle associazioni della Confederazione Nazionale dei Servizi.

2. La Corte di appello ha osservato a sostegno della propria decisione come il S., già Direttore Generale del Consorzio Interprovinciale Alto Calore, pur conservando, dopo la trasformazione dell’ente in società per azioni, la qualifica dirigenziale, avesse perduto la posizione di supremazia gerarchica in precedenza ricoperta, atteso che il Direttore Generale del Consorzio era uno degli organi dell’ente (unitamente all’Assemblea, al Consiglio di amministrazione, al Presidente del Consiglio di amministrazione e al Collegio dei revisori), titolare di estesi poteri e ampie responsabilità di gestione, mentre tali poteri e responsabilità erano attribuiti, dallo statuto della società per azioni, al Consiglio di amministrazione: ciò che aveva determinato un pregiudizio alla posizione funzionale della parte appellata, e fatto sorgere il diritto della stessa all’indennità, dovendosi riscontrare l’eventuale sussistenza del pregiudizio sulla base del raffronto tra le previsioni statutarie dei due soggetti giuridici, quello precedente e quello conseguente alla trasformazione, senza necessità di una verifica in fatto delle mansioni svolte, alla stregua delle previsioni della norma collettiva e della relativa dichiarazione a verbale.

3. Ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza la S.p.A. Alto Calore Servizi, con tre motivi, cui ha resistito il S. con controricorso, assistito da memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo viene dedotta la violazione e falsa applicazione dell’art. 2103 c.c., nonchè degli artt. 1362 c.c. e segg. e dell’art. 19 del c.c.n.l. per i dirigenti delle imprese aderenti alle associazioni della Confederazione Nazionale dei Servizi per avere la Corte di appello ritenuto la dequalificazione sulla base del solo confronto tra le previsioni statutarie (del consorzio e della società per azioni) e, pertanto, senza procedere ad una effettiva comparazione tra le funzioni precedentemente affidate al direttore generale e quelle assegnate in conseguenza dell’intervenuta trasformazione.

2. Con il secondo viene dedotta la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., per avere la Corte di appello trascurato di considerare che nel periodo intercorso fra la trasformazione dell’ente in società per azioni e la data di presentazione delle dimissioni (marzo – aprile 2003) il S. aveva di fatto esercitato i poteri di capo del personale e di organo preposto alla sorveglianza della gestione dei servizi e degli uffici, anche con rappresentanza esterna della società, secondo ciò che risultava dalla documentazione prodotta.

3. Con il terzo motivo è denunciata la nullità della sentenza ex art. 360, n. 4, in relazione all’art. 132 c.p.c., per avere la Corte reso una motivazione apparente, là dove, pur affermando la necessità di una verifica in concreto, aveva ritenuto presuntivamente dimostrata la dequalificazione sulla base di una mera comparazione documentale dei due statuti ed inoltre là dove, mediante la formulazione di semplici ipotesi, aveva ritenuto che l’attività svolta nel periodo successivo alla trasformazione dell’ente dovesse essere riferita ad una sorta di prorogatio dei poteri già esercitati come direttore generale del Consorzio e che il S. prima o poi, non potendo travalicarle, si sarebbe dovuto adeguare alle nuove previsioni statutarie.

4. Il primo motivo è infondato.

5. Si deve premettere che la questione posta alla cognizione del giudice di merito attiene al’interpretazione del c.c.n.l. applicato al rapporto e, in particolare, alla definizione del presupposto, al quale è subordinato dall’art. 19, comma 2, il riconoscimento al dirigente dell’indennità (sostitutiva del preavviso incrementata in misura di 1/3 dell’indennità supplementare massima) stabilita in caso di “trapasso di azienda” e cioè nel caso in cui si verifichi la cessione parziale o totale dell’azienda o la sua trasformazione (come nella specie, in cui il Consorzio Interprovinciale Alto Calore si è trasformato da ente pubblico in società per azioni).

6. Al riguardo la sentenza impugnata, muovendo dalla dichiarazione a verbale all’art. 19, secondo cui “la trasformazione dell’azienda pubblica in società persona giuridica privata non costituisce, di per se stessa, pregiudizio della posizione funzionale del dirigente che mantenga inalterata la posizione”, ha correttamente sottolineato la necessità di verificare in concreto se la trasformazione avesse recato un pregiudizio alla posizione del dirigente.

7. Ha inoltre esattamente ritenuto che tale accertamento in concreto, escluso qualsiasi apporto di natura presuntiva, dovesse essere condotto alla luce di un confronto “tra le previsioni statutarie dei due enti, quello precedente e quello conseguente alla trasformazione” (cfr. p. 7), per concludere – previo riscontro specifico della loro diversa struttura e organizzazione funzionale – nel senso di un evidente “ridimensionamento del ruolo del direttore generale”, in quanto ridotto, a seguito della trasformazione, “a mero esecutore delle decisioni del consiglio di amministrazione” (della s.p.a.) e, quindi, nel senso di una chiara dequalificazione del S..

8. In particolare, la sentenza ha posto in rilievo come il direttore generale, nel Consorzio, fosse uno degli organi dell’ente e disponesse di ampi poteri di gestione nell’ambito delle direttive generali fissate dal consiglio di amministrazione per il conseguimento di obiettivi di interesse collettivo; mentre lo statuto della società per azioni non comprendeva più il direttore generale tra gli organi sociali e attribuiva la responsabilità gestionale al consiglio di amministrazione, il quale, oltre a determinare gli indirizzi strategici generali relativi alla gestione, risultava preposto alla ordinaria e straordinaria amministrazione della società, da realizzarsi mediante il compimento di tutti gli atti che avesse ritenuto opportuni per il conseguimento dell’oggetto sociale e potendo anche nominare uno o più direttori generali cui affidare poteri direttivi e di controllo (cfr. pp. 8-9).

9. La soluzione così adottata dalla Corte territoriale, oltre che adeguatamente motivata, risulta aderente al chiaro dato letterale della norma collettiva.

10. E’, infatti, evidente che se il pregiudizio, che determina il diritto all’indennità ex art. 19, comma 2, è il pregiudizio della posizione funzionale del dirigente, l’indagine devoluta al giudice di merito non può che avere ad oggetto i diversi assetti dei soggetti giuridici coinvolti nell’operazione di cessione o di trasformazione e cioè un’analisi che ne rilevi gli organismi decisionali e le rispettive competenze, insieme con il complesso di relazioni che intercorrono tra di essi: ciò che la Corte di appello ha fatto, e correttamente, ponendo a necessario confronto i documenti relativi alla conformazione, sotto il profilo organico e funzionale, del Consorzio e della società per azioni.

11. D’altra parte, un obiettivo riscontro della correttezza di tale lettura della disposizione è fornito dal termine per deliberare assegnato al dirigente nel caso del verificarsi di una delle ipotesi considerate: uno spatium deliberandi che non deve essere superiore a 180 giorni dal suo passaggio alle dipendenze del soggetto subentrante e che – previsto nella stessa durata per il caso di rifiuto del passaggio (comma 3) a prescindere dall’eventuale pregiudizio della posizione già ricoperta presso il precedente datore di lavoro – depone nel senso di una mera ricognizione dell’evento circolatorio/modificativo di quest’ultimo per ciò che esso significa e immediatamente comporta sul piano degli ambiti funzionali nonchè della qualità e immagine della nuova controparte contrattuale.

12. Il secondo motivo è inammissibile.

13. Esso, infatti, si risolve in una diversa valutazione della documentazione prodotta con riguardo al periodo di attività tra la data della trasformazione e quella delle dimissioni del dirigente, senza peraltro neppure censurare specificamente la sentenza impugnata, là dove la Corte di appello – rilevata la brevità del lasso temporale in cui gli atti di gestione così documentati furono compiuti – ne ha sottolineato la carenza dimostrativa ai fini della prova della insussistenza di una sua dequalificazione, per la ineludibile necessità del dirigente di adeguarsi alle nuove previsioni statutarie (cfr. p. 7).

14. D’altra parte, è consolidato il principio, per il quale “la violazione del precetto di cui all’art. 2697 c.c., censurabile per cassazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, è configurabile soltanto nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne era onerata secondo le regole di scomposizione delle fattispecie basate sulla differenza tra fatti costitutivi ed eccezioni e non invece laddove oggetto di censura sia la valutazione che il giudice abbia svolto delle prove proposte dalle parti (sindacabile, quest’ultima, in sede di legittimità, entro i ristretti limiti del “nuovo” art. 360 c.p.c., n. 5).

15. Parimenti inammissibile è il terzo motivo di ricorso.

16. Ed invero, ferme i rilievi e le considerazioni già svolti a proposito del primo motivo, si deve precisare che può ritenersi “apparente” unicamente la motivazione che “benchè graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perchè recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture” (Sez. U n. 22232/2016): situazione, questa, del tutto insussistente nel caso in esame, avendo la Corte di appello bene e chiaramente espresso il proprio convincimento su tutti i punti e le questioni decisive della controversia, così da rendere sempre identificabile il percorso logico-argomentativo e valutativo seguito.

17. In conclusione, il ricorso deve essere respinto.

18. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

19. Di esse va disposta ex art. 93 c.p.c., la distrazione in favore degli avvocati Angelo Maietta e Marino Iannacchero, come da loro richiesta.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate in Euro 200,00 per esborsi e in Euro 5.000,00 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% e accessori di legge, somma di cui dispone la distrazione in favore dei procuratori del controricorrente.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 12 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 6 dicembre 2019

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