Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 31941 del 06/12/2019

Cassazione civile sez. I, 06/12/2019, (ud. 30/10/2019, dep. 06/12/2019), n.31941

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto L. C. G. – rel. Consigliere –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 10918/2015 proposto da:

L.L., elettivamente domiciliato in Roma, Piazza Di Pietra

26, presso lo studio dell’avvocato Daniela Jouvenal Long, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato Oscar Podda in forza

di procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Banca Passadore & C. s.p.a., in persona del legale rappresentante

pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Viale Angelico 92,

presso lo studio dell’avvocato Andrea Pietrolucci, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato Piero Giuseppe

Vernetti in forza di procura speciale in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 108/2015 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 21/01/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

30/10/2019 dal Consigliere Dott. UMBERTO LUIGI CESARE GIUSEPPE

SCOTTI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Banca Passadore & c. s.p.a. ha proposto ricorso nei confronti di L.L. e R.A. ex art. 702 bis c.p.c., dinanzi al Tribunale di Alessandria – Sezione distaccata di Novi Ligure, previa richiesta e concessione di un sequestro conservativo nei confronti del primo, chiedendo la loro condanna in solido a corrisponderle la somma di Euro 115.887,83 oltre accessori, a titolo di risarcimento del danno; l’attrice ha agito in forza dell’impegno assunto dai convenuti con le lettere di patronage del 3/11/2005 e del 18/7/2008 con cui essi si erano obbligati a fare in modo che la società (OMISSIS) s.r.l., debitrice per la predetta cifra nei confronti della Banca in forza di contratto di conto corrente con apertura di credito e poi fallita in data 15/3/2010, adempisse le proprie obbligazioni verso la Banca.

Alla domanda ha resistito il solo L., mentre il R. è rimasto contumace.

Il Tribunale di Alessandria – Sezione distaccata di Novi Ligure, convertito il rito nelle forme ordinarie, con sentenza del 21/11/2012 ha respinto le domande dell’attrice nei confronti di entrambi i convenuti.

2. Avverso la predetta sentenza ha proposto appello la Banca Passadore, a cui ha resistito l’appellato L., mentre il R. è rimasto contumace.

La Corte di appello di Torino con sentenza del 21/3/2015, ha accolto parzialmente il gravame, condannando i due appellati, in solido, a pagare alla Banca Passadore la somma di Euro 115.887,83 oltre interessi e il 70% delle spese processuali dei due gradi del giudizio e della fase cautelare, per il resto compensate.

Per quanto qui rileva, la Corte torinese, ravvisati il carattere “forte” delle lettere di patronage in questione e la natura di risultato dell’obbligazione assunta dai due appellati, ha ritenuto che l’onere della prova liberatoria circa la non imputabilità del mancato conseguimento del risultato competesse al debitore e che il L. non l’avesse fornita.

3. Avverso la predetta sentenza del 21/3/2015 con atto notificato il 21/4/2015 ha proposto ricorso per cassazione L.L., svolgendo quattro motivi.

3.1. Con il primo motivo di ricorso, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 3, il ricorrente ha denunciato violazione o falsa applicazione di legge in relazione agli artt. 115 e 346 c.p.c. e ha sostenuto che il Tribunale aveva ritenuto non contestate e pacifiche le attività poste in essere da L.L. per tentare di sollevare le sorti della società e onorare il proprio impegno verso la Banca, sicchè le obiezioni sollevate dalla Banca con l’appello e accolte dalla Corte territoriale erano da ritenersi tardive e precluse.

3.2. Con il secondo motivo di ricorso, proposto ex art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, il ricorrente ha denunciato violazione o falsa applicazione di legge in relazione agli artt. 1381 e 1218 c.c., nonchè L. Fall., artt. 216,223 e 236 e omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione fra le parti.

Quanto alla non imputabilità del mancato conseguimento del risultato, quando la Banca revocò l’affidamento agli inizi di febbraio del 2009 la situazione della (OMISSIS) era ormai compromessa e tale da non lasciare alternative alle procedure concursuali, come confermava anche il bilancio al 31/12/2008 approvato il 17/7/2009.

Conseguentemente il L., mero socio, non avrebbe potuto indurre l’amministratore della società a pagare i debiti chirografari verso la Banca in pregiudizio dei creditori privilegiati, senza commettere il reato di bancarotta preferenziale; poco dopo il rilascio della lettera di patronage l’integrale soddisfazione della Banca era preclusa per legge con il conseguente limite giuridico all’esigibilità dell’obbligazione.

Per altro verso, la Banca reclama dal patronnant un asserito saldo creditore verso (OMISSIS) alla data del 10/11/2009, successivo alla data di domanda di concordato del 15/7/2009 che precludeva il pagamento dei debiti anteriori.

3.3. Con il terzo motivo di ricorso, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 3, il ricorrente ha denunciato violazione o falsa applicazione di legge in relazione agli artt. 2697 e 1223 c.c., perchè l’onere di provare il danno gravava sul creditore, specie in ordine al quantum: era quindi errata la conclusione della Corte che aveva ritenuto ininfluente la minor somma (Euro 95.656,68) indicata dal commissario giudiziale nella proposta di concordato, sia perchè il fallimento era ancora aperto e nulla escludeva la possibilità di un riparto, sia perchè nella fattispecie non si verteva in tema di obbligazione solidale per lo stesso titolo, ma di titoli distinti (uno solutorio della (OMISSIS) e uno risarcitorio ex art. 1381 c.c., del patronnant).

3.4. Con il quarto motivo di ricorso, proposto ex art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4, il ricorrente ha denunciato violazione o falsa applicazione di legge in relazione agli artt. 2697 e 1223 c.c., quanto all’onere della prova del nesso causale tra condotta e danno, gravante sul creditore, nonchè omessa motivazione al proposito ex art. 111 Cost., comma 6; almeno per la concorrente linea di credito per anticipo fatture, al cui proposito era la banca a valutare il merito creditizio delle fatture da scontare, il ruolo del patronnant appariva intrinsecamente diverso, l’inadempimento gravava sul cliente terzo e la Corte non poteva sostenere, come aveva fatto, la mancanza di elementi per l’individuazione di concause.

Con atto notificato il 27/5/2015 ha proposto controricorso la Banca Passadore, chiedendo la dichiarazione di inammissibilità o il rigetto dell’avversaria impugnazione.

Il 26/9/2019 le parti hanno depositato contestuale atto di rinuncia al ricorso e al controricorso, sottoscritto dai rispettivi difensori, tutti congruamente muniti del potere di rinunciare e agli atti e di accettare la rinuncia, assumendo di aver definito ogni questione pendente e di non nutrire più interesse al procedimento.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

In conseguenza della predetta rinuncia al ricorso e della contestuale rinuncia al controricorso, implicante accettazione, corredate dalla congiunta dichiarazione di avvenuta definizione della lite e di carenza di interesse, il giudizio deve essere dichiarato estinto a norma dell’art. 391 c.p.c., a spese compensate tra le parti.

P.Q.M.

La Corte:

dichiara estinto il giudizio, a spese compensate.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 30 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 6 dicembre 2019

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